Storia e leggenda delle zeppole di San Giuseppe
“Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta … Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste sui focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio bollente, un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo, le ciambelle che man mano erano cotte e, con un altro spiedo, le passava a un quarto garzone che le offriva ai passanti …” Così scriveva Goethe verso la fine del XVIII secolo in visita a Napoli, raccontando la tradizione delle zeppole di San Giuseppe e dell’antico mestiere degli zeppolari di strada. Tradizione che affonda le proprie radici nella leggenda secondo cui San Giuseppe, per mantenere Maria e Gesù, dovette affiancare al mestiere di falegname quello di friggitore e venditore ambulante di frittelle. Leggenda o realtà storica che sia, sino ad oggi queste zeppole sono diventate davvero un must della gastronomia campana. Esse sono realizzate con farina, zucchero, uova e burro e guarnite con crema pasticciera, zucchero a velo e amarene sciroppate. Ovviamente le zeppole “originali” sono fritte, ma per gli amanti della versione nouveau possono essere cotte al forno. Una curiosità per chi è appassionato di storia antica: durante la celebrazione delle Liberalia (17 marzo), per omaggiare Bacco e Sileno si bevevano litri di vino e ambrosia accompagnati da frittelle di frumento, cotte nello strutto bollente. Siccome il periodo è sempre quello con la differenza di giusto due giorni, potrebbe darsi che le vere origini delle zeppole fritte siano ancora più antiche.
Gennaro Cuccaro