VICO EQUENSE: CAMORRA – INDAGATO CHIEDE LA LIBERTÀ – IL TRIBUNALE: RIMANE IN CARCERE

27 marzo 2019 | 10:16
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VICO EQUENSE: CAMORRA – INDAGATO CHIEDE LA LIBERTÀ – IL TRIBUNALE: RIMANE IN CARCERE

A nulla è servito chiedere ricorso per Giovanni Celentano, il venticinquenne coinvolto nel blitz “Terra delle Sirene”. La grande inchiesta di 850 pagine che racconta la storia della criminalità organizzata che si addentrava in tutta la penisola.  Il Tribunale del Riesame blinda l’inchiesta sullo spaccio di stupefacenti in penisola sorrentina. Per Celentano è stato confermato il carcere. Il ragazzo sarebbe uno dei pusher indagati dalla Procura di Torre Annunziata, e sarebbe coinvolto nel blitz messo a segno tre settimane fa dai carabinieri. I giudici della libertà hanno respinto il ricorso, Celentano non sarà a piede libero – per il momento –  l’unico pavimento che calpesterà sarà quello della cella. L’unica speranza per il giovane è la Cassazione. L’esito del Riesame dimostra che la Procura di Torre Annunziata, dopo aver lavorato per mesi sul giro di stupefacenti in penisola sorrentina, abbia messo il fiocco all’inchiesta ottenendo l’emissione della maxi ordinanza di custodia cautelare, emessa dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Torre Annunziata Antonello Anzalone. I numeri sono questi: 29 indagati, di cui 14 al momento sono in carcere, tre agli arresti domiciliari, e altri tre indagati sono sottoposti al divieto di dimora nella provincia di Napoli e gli altri sono a piede libero. L’inchiesta “Terra delle Sirene” sembra il copione della serie Gomorra, purtroppo non lo è. Verità nuda e cruda intercettata dalle forze dell’ordine, laddove si sentono i pusher discutere chiaramente del monopolio che il clan Di Martino avrebbe voluto imporre nella zona Sorrentina, e ancora si percepisce chiaramente dei raid intimidatori contro chi “osava” rifornirsi altrove: colpi di pisola sul portone, sparati da minorenni che avevano il compito di svolgere i raid più pericolosi, quelli in cui “i grandi” non volevano e non potevano esporsi. Non solo, i piccoli soldati si occupavano anche di incendiare le auto altrui, e talvolta i piccoli tossicodipendenti  – che infatti si facevano pagare con la droga – rimanevano lesionati e feriti, come quella volta in cui uno di essi rimase coinvolto nell’esplosione di un’auto, che lui stesso aveva alimentato con della benzina. Il ragazzino fu condotto al pronto soccorso con urgenza. Per non parlare delle due migliaia di piante di cannabis sequestrate su Faito.