SCAVI ARCHEOLOGICI AL BELVEDERE DI VIA CALIFANO
Lo storico albergo Loreley è in restauro, la cosa ci compiace, in quanto nelle sue stanze, nei suoi saloni, sulle sue terrazze sul golfo sono passati personaggi importanti, come Matilde Serao, Salvatore di Giacomo, Luca Postiglione ed altri.
Dall’affaccio belvedere di via Califano in corrispondenza dell’albergo, si vedono saggi di scavo archeologico a cura della soprintendenza. Sono state messe in luce strutture murarie grosse. Ricordiamo che l’area in passato ha restituito, subito accanto, la grande statua della Peplophora, ora al Museo Vallet e un pò più in la, sotto l’hotel Royal, nel 1889, l’atleta di Koblanos, adesso in esposizione all’Hermitage di San Pietroburgo, nell’ambito della mostra “Miti ed eroi”.
Vuoi vedere che i saggi ci portano al basamento del grande tempio con triginta colonne indicato da Partenio?
Ci piace anche riportare, tratte dal libro di Mario Russo , Archeologia tra Capo Circe e Hotel Vittoria, la parte in cui il gesuita Giannattesio Partenio, la cui chiesa al Cocumella, in visita presso la villa Garzilli Mastrogiudice racconta:
Nell’area di questa villa Garzilli (<villa Sanseverina) e della pensione Loreley (<La Piccola Sirena), probabilmente allargata ad ovest verso villa Fonzoni e, ad est, verso il belvedere del Museo, doveva con molta probabilità trovarsi la villa che era “non longe a pomoerio, . . . qui focus ad Circen dicitur” nella quale il Giannettasio era stato invitato dal suo nobile amico “ut monwnenta Circaei Pani, quod eo loci ./ilisse, men1oriae datwn, inspicerem” (Giannettasio 1722, p. 12).
Cfr. Merlo 1857, p. 38. “Alla fine poi di questo giardino vi è la calata di 55 gradini in mare … ed è sorprendente che scesi in riva al mare, vi si trova un giardino alla parte interna della spiaggia così grande, come quello di sopra” (ibidem). La discesa, probabilmente antica, esiste ancora nel Loreley e l’ampio giardino è quello che si trova ai piedi della terrazza tufacea.
È comunque dai primi decenni del Settecento che cominciano
ad apparire notizie più precise sul sito del quale
ci vogliamo occupare. Sta di fatto che spesso gli scrittori di
quel secolo invocano l’autorità del Capaccio per avvalorare
affermazioni e deduzioni personali non sempre attendibili,
attribuendogliene la paternità.
Il Giannettasio, in occasione di una visita ad un amico
che possiede una villa non lontano dalla città nel luogo chiamato
Circe (“villani, quae non longe a ponioerio est, qui
locus ad Circen dicitur”B), osserva, presso la sporgenza del
colle, le sostruzioni di un tempio, che, quasi integro all’epoca
del trisavolo del suo ospite, era poi stato lasciato andare
in rovina. Da questo tempio sarebbero state asportate circa
trenta colonne di porfido e di basalto e un’ara di manna
pa1io, che si osservava ancora ai suoi tempi collocata presso
l’antico edificio sacro (“plusqua1n triginta coluninas
distractas: quarum quedanz erant ex porphirite, queda1n
vero ex bisalte, ara e Pario marn1ore, quae adhuc Surrenti
visitur in via exposita, juxta sacran1 quandani aeden1″9).
Egli vede, inoltre, pavimenti a mosaico e ampi archi o volte
(”aniplique fornices partùn ex lateribus, partini ex quadro
saxo conipactis miro ordine” IO). Tali ruderi si troverebbero
a ‘Punta di Circe’ (attuale terrazza-belvedere del Museo