LA FORZA DELLE DONNE IMPEGNATE IN POLITICA IN NOME DI IPAZIA. LA LEGGE DELLE PARI OPPORTUNITA’

12 maggio 2019 | 08:25
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LA FORZA DELLE DONNE IMPEGNATE IN POLITICA IN NOME DI IPAZIA. LA LEGGE DELLE PARI OPPORTUNITA’

Come tutti sanno, oggi domenica 12 maggio ricorre la festa della mamma. Quest’anno è anche caratterizzata da una campagna elettorale per eleggere il parlamento europeo e nei miei territori dell’anima Cilento e Costa D’Amalfi ci sono le elezioni in diverse comunità per rinnovare le amministrazioni comunali e nelle liste di ogni colore politico sono candidate molte donne. Noi, approfittando della festa della mamma trasformiamo questa data in una festa delle donne impegnate in politica e candidate ad essere elette nelle proprie comunità.

La mia riflessione di oggi è dedicata alle donne impegnate in politica. Sfogliando le liste dei candidati/e  ho notato che le donne candidate a sindaco e/o a consiglieri comunali nelle elezioni prossime del 26 maggio prossimo sono tante  nei miei territori dell’anima delle due coste: la cilentana e   l’amalfitana. Questo impegno politico al femminile lascia ben sperare per il futuro, perché le donne sono più determinate ed affidabili per la tutela e la salvaguardia della democrazia. E la mia riflessione in proposito parte da lontano, Trae origine dalla Festa della donna.

Forse la stragrande maggioranza lo sa ma, comunque, è utile ripetere, per la piccolissima minoranza che lo ignorasse, che la data dell’8 marzo ufficializzata a livello internazionale come Festa della Donna richiama alla mente la tragedia avvenuta, proprio in questo giorno, nel 1908, quando, per un incendio, ritenuto doloso, nei capannoni dell’industria tessile Cotton, a New York, 129 operaie persero la vita arse vive. Il proprietario dello stabilimento chiuse le porte impedendo che le operaie in sciopero potessero uscire. Di qui la tragedia che consacrò le vittime a martiri del lavoro, simbolo della lotta per l’emancipazione femminile in tutti i campi. Sarebbe opportuno che non dimenticassimo mai le motivazioni serie della Festa, ad evitare che l’evento fosse solo pretesto per la esaltazione e la celebrazione frivola del consumismo. E’ opportuno e necessario, perchè le motivazioni serie per sottolineare con forza i tanti diritti al femminile non mancano neppure oggi; purtroppo. Io, che da buon magno greco di Poseidonia/Paestum mi sono formato agli studi classici e vanto con legittimo orgoglio una visione laica e sanamente pagana della vita, sottopongo alla riflessione delle amiche lettrici, innanzitutto, ma, ovviamente, non solo a loro, alcune schegge di quel mondo. Nella pianura pestana, che fu approdo degli Achei con il pietoso carico del pantheon di lari e dei, Era Argiva, che fu, poi, Cerere e Cibele, testimonia con templi maestosi, metope votive e pitture vascolari la mitizzazione della donna/dea pronuba di fecondità. Sulla collina del Calpazio, dalla cattedrale/santuario, la mano di una Madonna espone, dalla prigionia di una nicchia, un “granato” esploso nel riso della maturazione. E i chicchi (rosso, rosa, viola con striature di bianchiccio) reiterano il miracolo perenne della vita. E quei colori adombrano la ciclica ferita del mestruo, che fu demonizzato a stigma di lordura e di peccato e dose di intrugli di megere/fattucchiere nel medioevo dell’ignoranza e della superstizione, e si nobilitano e si esaltano nel rito della fecondità, che vede la donna, oggi come ieri, dea e madonna della procreazione e della perennità della specie. E dalle pagine di storia dei nostri Padri emergono e brillano di luce eterna Saffo “la dolce”, libera nel libero amore nella complice familiarità del “tiaso” a slancio di volo alto della grande poesia, Teano la pitagorica, che esercitò rigore di ricerca, Gorgo la spartana, vestale dell’eunomia e del buon governo, Aspasia che  rese grande l’Atene di Pericle, Lisimaca la sacerdotessa, che esercitò con equilibrio e lungimiranza il suo magistero/ministero a vita, una sorta di papa al femminile, Neera la cortigiana, colta e raffinata nell’arte del sedurre quanto nell’abilità di conversare, padrona di tutte le arti. E, restando ancorati al mondo classico, possiamo fare riferimento all’Odissea, il più grande ed insuperato poema/romanzo di tutti i tempi, nel quale la donna è coprotagonista/simbolo delle stagioni della vita e dell’amore: Nausica, stupita e trepida ai primi fremiti del cuore, Calipso che si macera nelle sospirose sdolcinature del sentimento possessivo, le sirene maestre nell’arte del sedurre con la sinuosa ambiguità del corpo e la malia del canto, Circe vorace nella carnalità della passione, Penelope prigioniera della incrollabile ed inespugnabile fedeltà coniugale. E quando gli antichi immaginarono di trasferire nel pantheon dell’eternità  la potenza serenatrice delle arti, della poesia, della danza, della musica, ecc. non trovarono di meglio che materializzarla nelle figure delle Muse, le donne/dee, simbolo di eleganza, armonia, buon gusto e bellezza. Ma vorrei indicare come modello soprattutto Ipazia, matematica, astronoma e filosofa del periodo ellenistico. Fu donna apprezzata e rispettata e per la sua vasta cultura occupò posti rilevanti di insegnamento e, conseguentemente, di organizzatrice culturale e di formazione delle coscienze nella notissima Scuola di Alessandria, dove divenne l’ultima rappresentante del platonismo con connotazioni anche religiose del paganesimo declinante. Entrò in conflitto con Cirillo, vescovo della città, e fu osteggiata e perseguitata. Lei resistette con coraggio. Ma anche, e forse soprattutto, per essere donna e, per giunta, bella cadde in un agguato di fanatici, che la trascinarono in una chiesa, la denudarono e fecero scempio del suo corpo con cocci taglienti fino alla morte. La consacrarono, così, alla posterità come martire laica del libero pensiero. E, per questo, è stata protagonista di romanzi, poemi, pièces teatrali, sceneggiature cinematografiche, fonte di  ispirazione di pittori e musicisti in ogni epoca e in tutti i continenti. Il suo martirio si ripete, con nomi diversi, ogni giorno e in luoghi diversi dove ancora si perpetuano i delitti contro la dignità e i diritti delle donne. L’augurio è che sia questo il senso vero di una ricorrenza, che assume i contorni di festa. Ma c’è anche una forma più sottile di violenza che assume forme plateali nella sfacciata violazione della legge per le Pari Opportunità nel mondo del lavoro, a tutti i livelli e, soprattutto, nel mondo politico, dove persistono le incrostazioni secolari del maschilismo, che ignorano le “quote rosa”, pervicacemente impudenti nel farlo. Se ne ricordino i miei territori del cuore delle due coste, Cilentana e Amalfitana, dove il 26 maggio sono chiamate , oltre che alle elezioni del Parlamento Europeo, sono chianate a votare in tante per eleggere le  sindaci e consiglieri comunali (è eil caso della mia città di origine, Capaccio Paestum  e la sua vasta kora, Se ne ricordino innanzitutto le donne elettrici, ma non solo, e si impegnino ad eleggere amministratori al femminile nella consapevolezza che le donne sono più determinate e coraggiose per fare battaglie in difesa della democrazia. Sono sicuro che lo faranno. Buon lavoro nella speranza che all’indomani delle elezioni e ad urne aperte  possiamo salutare nelle comunità dove si vota una nuova e pù grande festa della donna nel segno di una democrazia più avanzata  E mi auguro che tutti gli autentici avranno un motivo in più per agitare ancora la mimosa come bandiera/simbolo di lotta, come scrivevo molti anni fa in una mia breve ma intensa poesia  poesia. “E la mimosa tenera / si carica di lotta / nelle tue mani giovani / Il ciuffo giallo-tenue si rifrange / alla vampa del volto / ed è bandiera / al coro del corteo / è distintivo altero / al seno ancora acerbo che trionfa / su secoli di streghe e

Giuseppe Liuccio