L’idea è stata quella di raccogliere intorno ad un fuoco, artisti, artigiani e la gente, per raccontarsi, come si faceva una volta, le personali vicende sicuri di essere ascoltati; si è trattato di storie di fatica ed impegno, di sangue e sudore, ma anche di soddisfazioni e amore per il proprio lavoro, in quest’epoca sovrastata dallo “sterco del Demonio”, il dio denaro, che ha spazzato via nel giro di pochi decenni, un millenario modo di essere e di vivere.
Nel nostro territorio, come in tanti altri, una delle principali fonte di reddito, l’agricoltura è stata vittima sacrificale di una feroce speculazione edilizia e di leggi assurde che nel corso di questi anni ne hanno decretato la scomparsa, anche le macchine e il progresso tecnologico hanno fatto la loro parte, oggi dalle nostre parti, a parte le eccellenze, non si vive più di agricoltura e del suo indotto, ma l’aspetto fondamentale è stato che tutto questo ha mutato profondamente il nostro modo di vivere, le nostre usanze, i nostri comportamenti.
Nei racconti attorno al fuoco di ieri sera a villa Fiorentino, sono emersi passione e amore per il proprio lavoro, conditi da duro lavoro e modesti riconoscimenti economici con tutto quello che ne consegue in termini di reddito e di vita quotidiana; il racconto dei Pane, mamma e figlio, che vivono e lavorano con la loro famiglia, nel podere di Schito (Castellammare di Stabia) dove coltivano i famosi e buonissimi carciofi violetti, conosciuti in forma selvatica sin dal tempo degli Egizi, nelle loro parole, la testimonianza della loro passione, ma anche le mille difficoltà sopra accennate, nello svolgere la propria attività.
Un’altra forma di artigianato locale, l’intarsio, indotto del turismo, attraverso la testimonianza dei pochi superstiti ha sottolineato un altro grande tema, la mancanza di un futuro del settore, molte le botteghe chiuse, nelle parole del Maestro Corcione, oramai pensionato, si è colto il rammarico di non aver potuto trasmettere ai giovani la propria arte.
Notevole lo sforzo che gli organizzatori hanno profuso per organizzare la serata, sotto l’abile regia di Maria Grazia Cocurullo, nella duplice veste di espositrice e di cuoca, non hanno mancato di far assaggiare ai convenuti, i celebri carciofi di Schito, cucinati in mille modi e molto altro ancora.
Il filo che ha legato nei secoli il nostro territorio, la gente ed i propri artigiani e artisti, si è riannodato per una sera, davanti al fuoco di villa Fiorentino, la nostra economia millenaria e la laboriosità dei nostri antenati ha portato avanti questo stretto legame tra i contadini, spesso anche allevatori, che nelle rigide e piovose giornate autunnali e invernali diventavano artigiani, c’era chi intrecciava vimini, chi costruiva calzari o trappole, a sostegno dell’economia familiare, artigianato era anche la lavorazione dei formaggi o la preparazione del pane o degli insaccati e la conservazione della frutta e delle verdure per l’inverno; ma come sempre e con rammarico, all’evento sono mancati i giovani, vittime e carnefici di un sistema che li ha emarginati, troppo forte per loro la concorrenza dei Media, dei tanti modi di trascorrere il tempo, che hanno prevalso sulla scelta di partecipare a questa serata, nelle intenzioni rivolta soprattutto a loro.
Dobbiamo chiederci noi di una certa età, gli organizzatori di tali eventi, perché i giovani sono cambiati, spesso sopraffatti dal sistema che li esclude e che gli propone falsi modelli di successo che prescindono da valori collettivi e individuali come stima, rispetto ed autostima; i nostri giovani sono cambiati anche nel modo di mangiare, credo che pochi avrebbero apprezzato i carciofi della famiglia Pane, amorevolmente cucinati e proposti ieri sera.
I nostri giovani, come coinvolgerli? iniziando noi stessi a contrastare apertamente questo modello di Società, individuandone e combattendo i fautori, effettuando opportune scelte politiche che vanno dai comportamenti, dalla spesa quotidiana, fin dentro alle urne, ne va del loro futuro.
Luigi Russo