Ventesimo episodio: Puntata precedente del 1 maggio
Epilogo: Brian faceva costantemente la spola fra i due docenti che erano diventati protagonisti del convegno, allo stesso modo del giornalista e del parroco.
Toccava nuovamente al professor Richardson, il quale aveva alzato la mano e aveva definitivamente intenzione di smontare tutte le tesi del giornalista.
«Cari amici del pubblico, ma non lo vedete che il signor Reds si sta arrampicando sugli specchi?».
«Io non avevo finito di parlare. Ripeto il ragionamento, formulato da Padre Robert. L’Abate scoprì i versi danteschi contenuti nell’occhio di Dio, ma non riuscì a scorgere quelle poche parole connesse dell’ultima pagina. Questo dovrebbe già farla riflettere, caro professor Richardson, su come faccia a saperlo. Due più due fa quattro».
«Lei non è molto chiaro, signor Reds».
«Come dicevo, sull’anziano so poco o nulla. Mi basta solo sapere che neanche lui, come l’Abate Jacques, è riuscito a decifrare quelle parole esterne all’oculum».
«Co … come fa a saperlo?» balbettò il professor Richardson.
Thomas, sicuro di sé, giudicò la sua esperienza: «Non è stato difficile trovare quel monastero vicino alla città di Genova, è stato, invece, complicato capire dove la spia avesse nascosto ciò che un monaco penitente non avrebbe mai osato prendere dalla cella di un traditore. Viginta solida tres decim lapides ab ferro “Venti soldi che si trovano a tredici pietre dalle sbarre di ferro della cella della spia”». Il docente impallidì improvvisamente. Aveva capito quale fosse la seconda prova.
Il giornalista si alzò dalla sua sedia e si diresse verso le prime file della navata centrale. Si avvicinò al professor Richardson, prese dalla tasca della giacca un sacchetto pieno di monete e glielo rovesciò sul palmo della mano destra. Alcune, cadendo, provocarono un tintinnio, che tutti i presenti udirono. Erano i venti tarì amalfitani d’argento della storia. Il docente guardò sbalordito quei tarì, come uno studioso di numismatica, che rinviene delle monete greche. L’eccitazione era così tanta, che raccolse tutte le altre monete che erano cadute a terra, le studiò con calma una ad una sotto lo sguardo vigile dei presenti, che si erano avvicendati a guardare. Poi il professore si fece spazio in mezzo a quel gruppo di persone e poggiò i tarì sul tavolo posto sull’abside, affinché potessero essere ammirati in tutto il loro splendore. Erano tarì originali. Il professor Richardson strinse la mano del giornalista, il quale sorrise dinanzi allo stupore che si leggeva nei suoi occhi. Un applauso concitato, iniziato da Padre Robert e dal direttore, coinvolse i presenti, che applaudirono in segno di stima e man mano si avvicinavano per osservare le monete. Il professor Richardson aspettò che si apprestasse il professor Radcliff. Prese dei tarì e glieli mostrò più da vicino, dicendo: «Caro collega, al di là dei manoscritti, dei quadri e dei simboli, questa storia ha insegnato a tutti noi che non è stato il tempo tiranno a creare il mistero delle pergamene della Divina Commedia. Sono stati gli uomini del Medioevo e successivamente dell’età moderna a occultare un bene che doveva essere evidente. Fortuna che un uomo della nostra epoca è riuscito a svelare l’arcano. Ero scettico e questo non lo nego, è la mia indole, ma quando ho visto questi tarì, mi sono dovuto ricredere. Guardi quanto brillano. La loro luce ha fatto scomparire definitivamente l’eclissi dalla storia».