«Scoperto per caso…» Da martedì cure a Bologna
BOLOGNA – «Vincendo questa battaglia tornerà fisicamente e soprattutto mentalmente più forte di prima: sarà una macchina da guerra». Il dottor Gianni Nanni ha voluto infondere forza e coraggio a Mihajlovic che da martedì comincerà a combattere la sua battaglia contro la leucemia «acuta ma attaccabile». «Oggi – ha spiegato il medico rossoblù – grazie a quello che si sa e a quello che c’è a disposizione per guarire completamente si può parlare di un futuro anche roseo; di un allenatore che può incidere sulla formazione della squadra e su quello che succede in campo e nello spogliatoio. Ci saranno momenti in cui sarà lontano per curarsi, ma quelle a cui si sottoporrà sono cure assolutamente efficaci. Questa malattia si può combattere, vincere e vincere anche in tempi brevi». Quanto tempo dureranno le cure ancora non si sa «perché – ha spiegato – sono in corso ancora degli esami: dobbiamo capire il tipo preciso di leucemia. Ora sappiamo che dobbiamo fare questo percorso. Speriamo sia corto e sicuramente ci arriveremo in fondo. Martedì inizieranno le terapie e siamo in ottime mani. Lui può e deve continuare la sua attività. Un vantaggio che abbiamo è che la malattia è insorta da poco tempo. Non ha nessun sintomo». «Sono incazzato», lo interrompe Sinisa. «Questo è ottimo modo per cominciare ad eliminare le cellule che vogliamo eliminare» riprende Nanni che ha poi spiegato anche come hanno fatto a scoprire la malattia. «È stato un caso. Si è presentato con un problema tipico di uno sportivo come lui e quindi abbiamo cercato questo tipo di problemi. Purtroppo dalla risonanza magnetica è emerso che c’era un segnale a livello osseo da indagare: in 5 giorni grazie alla competenza e alla disponibilità dell’Istituto Seragnoli abbiamo avuto la diagnosi. Lo abbiamo scoperto il giorno della partenza per il ritiro. Quella della febbre era una bugia». «Ma sarebbe stato meglio avere la febbre», ha concluso Miha.
A Casteldebole l’annuncio shock di Mihajlovic
Un intenso primo piano di Sinisa Mihajlovic (50 anni)durante l’incontro che si è svolto ieri pomeriggio a Casteldebole Il tecnico del Bologna combattivo e determinato continuerà a seguire la squadra lapresse
Costretto a fermarsi per «una leucemia acuta ma attaccabile», il tecnico del Bologna va oltre le lacrime
«Non vedo l’ora di cominciare a combatterla»
«Ho la leucemia, e quando l’ho appreso in un minuto è cambiata la mia vita, perché uno si sente indistruttibile e pensa sempre che a lui non possa mai capitare. L’unica certezza è che la vincerò, sì, perché ancora una volta vincerò io». Sinisa Mihajlovic guarda in faccia dritto chi gli sta davanti quando racconta una realtà tremendamente amara che mai avrebbe pensato di dover affrontare e soprattutto guarda in faccia e parla a muso anche alla malattia che lo ha colpito, come se volesse farle capire da subito che lei non avrà scampo, che sarà battuta, che perderà del tempo se vorrà essere anche aggressiva, perché lui è Sinisa, che nella sua vita non ha mai avuto paura di niente e di nessuno pur avendo alle spalle due guerre e che sul piano dell’aggressività è il numero uno per distacco. Nella sala stampa di Casteldebole c’è un silenzio assordante, Sinisa accenna un sorriso, «Cos’è questa tristezza, anche ai miei giocatori ho detto che voglio vederli forti, decisi e convinti, sono incazzato, certo, ma il fatto di sapere già come finirà, mi conforta». Inevitabilmente nel corso del suo racconto Miha attraversa anche un paio di momenti gonfi di umanità che lo portano al pianto, ma è questione di attimi, anche se non è vero che piangere è da uomini deboli, tutt’altro. «Le mie lacrime non sono di paura, figuratevi, non vedo l’ora di entrare martedì in ospedale per poterla combattere, perché prima inizio e prima finisco. Alla malattia farò capire da subito con chi ha a che fare».
DUE GIORNI CHIUSO IN CAMERA. Si volta verso Sabatini seduto alla sua sinistra, regalandogli uno sguardo tenero. «Quando è arrivato Walter mi sono ingelosito perché tutte le attenzioni erano per lui. E allora ho pensato che dovevo fare qualcosa per rubargli di nuovo la scena e riportarle su di me. Ed eccomi qui. Pensate che quattro mesi fa avevo fatto tutte le analisi ed erano a posto. Vi devo fare una confessione: la storia della febbre era soprattutto per mia moglie, affinché non si preoccupasse, ma immaginavo che non ci avrebbe mai creduto. Primo perché io sono uno che non ha la febbre da vent’anni, secondo perché io lavoro anche quando ho la febbre a quaranta. Infatti mia moglie (Arianna era presente in sala e con lei anche la figlia Virginia, ndr) non ha creduto a quello che avevamo detto». Poi Sinisa si scioglie, la sua voce diventa tremante. «Dopo che sono stato avvertito sull’esito degli esami clinici, mi sono rinchiuso nella mia camera per due giorni di fila a riflettere su quello che era, a piangere, e in pochi attimi ho rivissuto tutta quella che era stata la mia vita prima di questa atroce verità. Ma ve l’ho detto, le mie non erano e non sono lacrime di paura, questo è un termine che non conosco. Io questa malattia la rispetterò, le darò l’importanza e le attenzioni che merita, ma so già che la vincerò. E vi dico di più: la guarderò fissa negli occhi con il petto in fuori, affinché non si illuda e pensi di potermi battere, perché non ci riuscirà mai. Da martedì, quando entrerò in ospedale, comincerà la partita tra me e lei, e subito dovrà accorgersi come sono fatto e chi è Sinisa». Almeno a oggi è previsto che in ospedale rimanga tre settimane.
LA TATTICA DI SINISA. Mihajlovic è un condottiero che si fa seguire dal suo gruppo e dal suo popolo per come gli parla, per la chiarezza e la fermezza con la quale si pone. Leggete qua e capirete ancora più a fondo perché Sinisa alla fine questa battaglia la vincerà. «Volete sapere cosa ho detto prima ai miei giocatori in call conferenze? Che bisogna sempre giocare per vincere ed essere propositivi, perché solo così si può fare gol. Al contrario se giochi in difesa, consentendo agli altri di fare ciò che dovremmo fare noi, stai tranquillo che prima o poi il gol ce lo fanno». Ecco dove vuole arrivare Sinisa. «Io devo essere bravo tatticamente anche di fronte alla malattia, che devo vincerla per me, per mia moglie, per i figli, per tutti quelli che mi sono vicini e mi vogliono bene. Ho il telefono pieno di messaggi e di attestati di affetto, chiedo scusa a tutti quelli ai quali non ho risposto, non sentendomela, volendo isolarmi, volendo riflettere bene su quello che mi è capitato, volendo trovare la concentrazione per partire forte nel ricovero di martedì. Mi serviranno coraggio, forza, determinazione, intensità e aggressività, tutti i connotati che ho chiesto ai miei giocatori da fine gennaio in poi e che ci hanno consentito di costruire questa grande, meravigliosa impresa, passando dal fatto di avere un piede e trequarti in serie B al decimo posto in classifica. Sì, io dovrà fare ora quello che la mia squadra ha fatto già sul campo».
FATE PREVENZIONE. Sinisa è unico, non può capire cosa si perde uno che non lo conosce e non ha la fortuna di potersi confrontare con lui, anche fuori dal campo. «Voglio ringraziare tutto il Bologna che mi fa sentire uno di famiglia, ringrazio i miei giocatori, ai quali ho detto che questa sfida la devo vincere con loro. Certo, tutti quelli ai quali sono legato devono aiutarmi a combatterla, non voglio vedere gente che piange per me, non voglio far pena a nessuno, perché io non mi faccio pena. Forse qualcuno pensava che potessi essere l’ultimo uomo ad ammalarmi e fino a fine maggio tutti i valori erano normali, stavo bene. Siccome mio papà è morto di cancro faccio spesso esami specifici e grazie a questi ho scoperto di essere malato. Se non li avessi fatti, la malattia sarebbe esplosa più avanti e certamente sarebbe stato un disastro». E qua Sinisa lancia un messaggio al prossimo per far capire a tutti quanto sia importante fare prevenzione. «Nessuno di noi deve pensare di essere indistruttibile, bisogna anticiparle le malattie e affinché ciò avvenga è indispensabile fare cicli di esami anche quando stai bene, quando ti sembra di stare bene. Come stavo bene io, maledizione. Stare attenti alla salute è la cosa più importante del mondo, perché quando scopri di essere malato per qualche attimo vedi il buio davanti a te, entri in un tunnel dove non riesci a intravedere una luce. Ma per qualche attimo, perché poi devi reagire per forza, altrimenti la battaglia che devi giocare non la vinci. Io ho reagito subito nonostante quei due giorni che ho vissuto chiuso in camera, anche a piangere, e lo dico di nuovo sia a voi che alla malattia che la batterò. E dopo che avrò vinto questa battaglia, la mia speranza è di poter diventare un uomo ancora più forte». Sarà questa la vera impresa, perché è duro, se non addirittura impossibile, trovare un uomo forte come è già Sinisa. Che, lasciando la sala stampa tra gli applausi, ti guarda con la faccia di chi sa che la leucemia che lo ha attaccato in maniera subdola, senza dargli sintomi, non l’avrà vinta.
fonte.corrieredellosport