Agropoli, gatto preso a fucilate: altro caso dopo quello della settimana scorsa

30 settembre 2019 | 14:44
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Agropoli, gatto preso a fucilate: altro caso dopo quello della settimana scorsa

Ancora un episodio di violenza nei confronti degli animali ad Agropoli. Dopo il gatto “Ciccio” sparato la settimana scorsa, un altro gatto è stato preso a fucilate. A segnalare il tutto è Ilaria Procida: “Questa mattina ho ricevuto la segnalazione di Guido Natella che in prossimità della Baia di Trentova, durante l’estate appena passata ha accudito un gatto che poi ha dato in adozione in Toscana.

I proprietari del gatto, come prassi, lo hanno portato dal loro veterinario e dai controlli il veterinario ha appurato che il gatto aveva un proiettile (SPARATO TRA L’ORECCHIO E LA GUANCIA) conficcatosi nella mandibola.
Il gatto è stato operato ed hanno estratto il proiettile che è lo stesso calibro di quello usato per Ciccio!
Anche per questo caso seguirà denuncia presso i Carabinieri di Agropoli. È evidente a questo punto, che per Agropoli gira qualche soggetto che SPARA AGLI ANIMALI, pertanto sarebbe opportuno che chi di competenza indaghi! Invitiamo chiunque sia al corrente di notizie utili riguardanti questi episodi a scriverci in privato.
Garantiamo il vostro anonimato”.

Ricordiamo che il maltrattamento di animali, in diritto penale, è il reato previsto dall’art. 544-ter del codice penale ai sensi del quale: “1. Chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da 3 mesi a 18 mesi o con la multa da 5 000 euro a 30 000 euro. 2. La stessa pena si applica a chiunque somministra agli animali sostanze stupefacenti o vietate ovvero li sottopone a trattamenti che procurano un danno alla salute degli stessi. 3. La pena è aumentata della metà se dai fatti cui al primo comma deriva la morte dell’animale. L’utilizzo di espressioni come “lesione” e “sevizie” portano a ritenere che la fattispecie del maltrattamento sussista solo se dal comportamento dell’uomo deriva all’animale una lesione fisica. Resterebbero, in questo senso, impunibili le percosse cui non conseguono danni fisici, né le condizioni di paura e di patimento. Solo la pratica processuale potrà confermare se questa interpretazione della norma sarà sposata dal giudice.