Cinghiali. E’ emergenza nel Cilento e negli Alburni

18 settembre 2019 | 11:39
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Cinghiali. E’ emergenza nel Cilento e negli Alburni

Salerno . Cinghiali. E’ emergenza nel Cilento e negli Alburni Gli agricoltori sono disperati, in una notte vedono sparire i frutti del lavoro di un anno. Basta visitare le campagne per rendersi conto di quanto sia grave la situazione: le scene sono desolanti, i contadini in ginocchio. Antonello Cascio , che coltiva le famose patate di montagna di Castelcivita;

Vito Costantino , che in località Sartorio di Castelcivita ha dei vigneti; i fratelli Marco e Luca Serra che in località Mainardi di Aquara producono vini biologici; Enrico Verlotta , che in località Properzio di Castelcita coltiva ceci; Emiliano Mazzarella , che, da impiegato di Poste Italiane a Milano, ha chiesto di lavorare part-time per tornare nella sua Controne per piantare i fagioli bianchi. Sono solo alcuni degli agricoltori colpiti.

E lanciano un appello affinché gli enti preposti si facciano carico della questione. Nei giorni scorsi la Coldiretti ha denunciato che nel Vallo di Diano gli ungulati hanno azzerato la produzione di mais. Negli Alburni la situazione è drammatica: «Chi ha proprietà nelle zone del Parco può segnalare la situazione al Corpo Forestale che avvia i controlli, più di uno durante l’anno, dopodiché il referto viene analizzato da esperti e, solo successivamente, la parte lesa può avere la speranza di un risarcimento, spesso irrisorio», dice Cascio. «L’anno scorso – continua – ho perso buona parte del raccolto; quest’anno, invece, ho perso tutto e non ho fatto segnalazioni perché sono demoralizzato. Ho piantato le patate a maggio, le avrei dovute raccogliere a fine settembre, ma non potrò farlo perché il campo è devastato », lamenta. Parole simili a quelle di Costantino: «Per chi ha i terreni agricoli fuori dalle aree del Parco la situazione è simile; l’iter da seguire è lungo e le misure di tutela sono di meno », denuncia. Un problema che ha tante sfaccettature: «Il rischio di perdere il raccolto è alto sempre poiché, nel nostro caso, per realizzare vini biologici, non possiamo nemmeno usare i repellenti consentiti dalla legge», afferma Luca Serra. «Da quando le associazioni di cacciatori hanno ripopolato le montagne di cinghiali, questi sono aumentati. È una specie che si riproduce già dai sei mesi. Gli antagonisti, i lupi, non sono così numerosi da arginare il problema. Sono così tanti i cinghiali da non poter trovare più, solo sulle alture, cibo per alimentarsi, e scendono a valle devastando anche i campi delle colline», spiega il fratello Marco.

«Se gli enti non regolamentano la caccia, magari creando una filiera delle carni e risarcimenti più rapidi e adeguati, saremo costretti a chiudere le proprietà con dei muri che, non solo sono costosissimi, ma renderebbero le nostre colline come delle carceri, a discapito della bellezza di queste aree», continuano i fratelli Serra che, oltre ai danni ai vigneti hanno visto sparire interi raccolti di pomodori e zucche. «Dal 2012 aspetto il risarcimento. Come fa un agricoltore a rimediare quando il 90 per cento della produzione viene azzerato? A volte penso di abbandonare tutto. Ogni giorno nelle campagne trovo tubi idrici rotti, pali per piante rampicanti distrutti», dice Mazzarella. Dello stesso parere Verlotta: «Ho proprietà agricole in diverse zone di Castelcivita e ovunque i cinghiali hanno persino sfondato le recinzioni. Da anni pianto i ceci senza raccoglierne. Ho i risarcimenti, ma ancora attendo che vengano a fare le perizie” ha aggiunto».

Alessandra Pazzanese