Kalidou Koulibaly,colosso della difesa del Napoli.Ho vinto due volte
Kalidou Koulibaly, 28 anni compiuti lo scorso 20 giugno, è arrivato a Napoli nell’estate 2014 e ha dimostrato in fretta di essere uno dei migliori difensori centrali al mondo. Protagonista in campo, riferimento fuori: ormai autentico figlio di Napoli, per lui De Laurentiis ha detto no a proposte faraoniche
Kalidou Koulibaly,difensore del Napoli si racconta ai microfoni del Corriere dello Sport
6 Le sue stagioni a Napoli Kalidou Koulibaly ha appena cominciato la sua sesta stagione in azzurro: preso dal Genk nel 2014, ha messo insieme finora 213 presenze e 10 gol con il Napoli
150 Milioni di clausola Il presidente De Laurentiis ha detto, nell’intervista rilasciataci due giorni fa, di aver rifiutato 100 milioni per Koulibaly. È già attiva una clausola da 150 milioni per l’estero.
Oltre mezzo secolo fa, Martin Luther King scrisse: «Perché non possiamo più aspettare».
«E purtroppo quella esortazione è ancora terribilmente attuale, anche nel calcio, in quello italiano. Io sono cresciuto leggendo Martin Luther King e Malcolm X, prendendoli come modelli, istruttori ed educatori, simboli di una sfida che va vissuta insieme e, nel nostro caso, soprattutto attraverso le leggi. Il razzismo negli stadi va sconfitto ma per riuscirci, ancor prima che leggi dello Sport, serviranno quelle dello Stato, deterrenti che aiutino a frenare queste insane abitudini: si faccia come in Inghilterra, si proceda con le espulsioni, anche a vita se necessario, altrimenti rischieremo di essere prigionieri di minoranze che potrebbero moltiplicarsi».
A Roma e a Milano le è successo d’essere vittima di cori offensivi…
«E se la ferita dell’Olimpico si rimarginò quasi in fretta, perché ritenni che quel giorno fossimo in presenza di un caso, a San Siro rimasi stupito: perché Milano è città più cosmopolita, nell’immaginario la più europea delle metropoli italiane. Non riuscii a capire, in ognuno dei due casi, perché mai ci fosse quell’atteggiamento nei miei confronti. Come non riesco a farmene una ragione quando capita ad altri».
E’ razzismo anche dare dello zingaro a Mihajlovic, insultare Insigne, invocare il Vesuvio.
«E ne sono pienamente convinto, perché la discriminazione non riguarda solo il colore della pelle. A me fanno il verso della scimmia, a Mihajlovic – al quale dedico un pensiero personale – l’offesa riguarda le sue origini. Ed è grave, insopportabile. Ho provato, a volte, con Insigne, a tranquillizzarlo: dài, passa. E invece ho sbagliato: passerà se ci opporremo, se ci saranno interventi seri. Offendere Lorenzo, che è un patrimonio del calcio e non solo un nostro giocatore, che è uno dei talenti della Nazionale, significa voler offendere l’Italia stessa, avercela con il tuo vicino, con chi ti appartiene».
E’ un uomo social e le sue campagne sono mirate, sempre, e caratterizzate da quel «Not to racism». Scrisse, dopo quell’Inter-Napoli, «orgoglioso del colore della mia pelle, di essere francese, senegalese e napoletano: uomo».
«E guai se non fosse così, vorrebbe dire non aver colto gli insegnamenti dei miei genitori e non essere in grado di riuscire a trasmetterne ai miei figli. Seni è piccolissimo ma è stato al nido italiano, perché conoscesse il Paese che ci ospita, e ora va a quello bilingue, così vivrà due mondi e li conoscerà e li apprezzerà senza fare distinzioni. Io non posso sentirmi straniero, qua, e il discorso vale per chiunque altro, per chiunque sia vittima di queste idiozie, che però rappresentano una preoccupazione seria».
Dai pensieri del recente passato di Koilibaly: i bambini capiscono il mondo meglio degli adulti.
«Si nasce puri e si diventa cattivi, quando entrano in scena pessimi maestri, in genere un papà o una mamma. A 3-4 anni si gioca tutti insieme, com’è successo a me. E’ dopo che muta lo scenario, perché si viene deviati, e non ne intuisco le ragioni. Ci sono atteggiamenti sbagliati, una educazione che spinge alla intolleranza: Seni gioca con me e con la sua tata alla stessa maniera; e a scuola anche, perché ci sono valori, quelli del rispetto, che devono essere inculcati dalla infanzia, affinché tra vent’anni si riesca ad essere migliori di quello che siamo adesso».
Non le interessa essere (solo) un grande calciatore.
«Vuol dire che avrei fallito. I miei sono qua da dieci giorni, hanno colto l’amore di Napoli nel corso delle passeggiate, gente che mi avvicina, mi chiede foto, mi dimostra quale sentimenti provi nei miei confronti. E me lo hanno ripetuto: resta quel che sei, sii buono e bravo. E’ questa l’immagine che voglio lasciare di me, quando non giocherò più. Voglio far del bene. Voglio che esistano rapporti umani forti, radicati, intensi: l’amicizia, la serenità, la famiglia sono i beni più preziosi e non si possono acquistare con i soldi».
E’ andato nelle scuole, una volta a Milano, ieri a Scampia, insieme al suo compagno Ghoulam.
«Era da un po’ che avevamo questa idea e stavolta ci siamo riusciti, visitando l’istituto Elsa Morante. Sappiamo delle difficoltà del quartiere ma siamo anche convinti che esista un domani: abbiamo spiegato che i sogni si realizzano. Io e Faouzi ci siamo riusciti. Ricordo quando ero giovane, non pensavo di poter diventare bravo, come dite che sono. La mia carriera è stata atipica, ma ho lavorato tanto su me stesso. Glielo abbiamo detto ai ragazzi: studiate e noi torneremo alla fine dell’anno per salutarvi e per complimentarci con voi».
Quando era ragazzo, riuscì ad ottenere che nel campo di basket venissero montate le porte da calcio.
«Ci andava bene pure la pallacanestro, ma tutti volevamo mischiare partite che riempivano il tempo della ricreazione. Mi feci portavoce e riuscii ad ottenere ciò che chiedevano i miei compagni di classe».
Il 2 ottobre tornerà a Genk e non sarà una partita normale per lei.
«Perché anche quella è casa mia. Ricordo ogni passaggio di quella esperienza, ho amici ovunque, sono stato sommerso dalle telefonate. Se m’avessero detto, nel 2012, che sarei arrivato nel Napoli, che avrei giocato la Champions, io avrei pensato che mi stessero prendendo in giro».
E come la mettiamo, tra venti giorni?
«Ho già detto alla società che mi serviranno cento magliette da comprare».
A proposito: è capitato, a Santa Lucia, che l’abbiano incontrata a tavola con decine di persone.
«Vero: è successo recentemente, sono arrivati in venticinque, in sette direttamente dal Senegal, perché volevano conoscere Napoli e vedermi giocare al san Paolo. E mi hanno reso felice».
«Viva viva ‘o Senegal», cantava Pino Daniele trent’anni fa.
«Napoli non ti tollera, ti ama. Ne ho avuto testimonianza e ripetutamente, non solo nei momenti felici che ti regala il calcio ma anche nella quotidianità. Una delle giornate dure, quella dopo l’autorete con la Juventus, me l’ha addolcita la gente».
A proposito, si è ripreso?
«Molto in fretta».
La Juventus è anche altro: il gol dell’1-0 del 22 aprile.
«Ho sentito vibrare Napoli in ogni angolo del Mondo».
Napoli le si apre con una telefonata di Benitez….
«E sapete come è andata: ciao, sono Rafa Benitez, e io mettevo giù, pensando fosse uno scherzo di un amico. E invece era proprio lui. Il primo incontro, mi lasciò senza parole: mise i bicchieri, undici, sul tavolo, e disse: noi giochiamo così, ci muoviamo così. Che matto!».
Non avete smesso di sentirvi.
«Persona straordinaria, che ha creduto in me ed ha fatto di tutto per volermi qua. Gliene sarò grato per sempre».
A proposito di pazzie, anche Sarri non scherzò.
«Mandandomi in panchina la sera in cui nacque Seni, dopo che avevo lasciato mia moglie in ospedale. Però il legame rimane: Benitez lo devi frequentare per accorgerti che può essere diverso da come lo immagini; Sarri no, lo percepisci subito».
De Laurentiis ha rifiutato cento milioni per lei….
(sorriso) «E ha fatto male…Ora sarebbe più ricco….Ma ha deciso così perché mi vuole bene».
Forse perché ne vale 150….
«Questa è buona…Il mercato è strano, è fatto così».
Gliene vuole anche Ancelotti.
«Lei dice? Mah….Non leghiamo tanto» (risatona perché si capisca che è una battuta).
Maradona ha la sua maglietta…
«Puah…Ma ci pensa, il più grande di tutti che dice quelle cose di me? Vuol dire, allora, che sono sulla buona strada, anche se il percorso è lungo. E sapere che abbia la 26 è orgoglio».
Perdoni la banalità: chi vincerà lo scudetto?
«Il Napoli. E lo scriva. Noi ci crediamo, la sconfitta di Torino non lascia tracce. E poi il campionato è appena cominciato».
Ci mancherebbe. E cos’è la Champions per lei?
«Un brivido. La pelle d’oca».
A Metz ha giocato con Pjanic, con Mané, con Sakho.
«Pjanic è di un anno più grande, ma di Mané sono stato il capitano. Anche se lui non lo ammetterà mai».
Può ricordarglielo martedì.
«Napoli-Liverpool di nuovo sa di spettacolo. Ecco: io a chi ci fischia, a chi ci offende, voglio solo dire che noi siamo qua per dare qualcosa di nostro, per divertire e per divertirci, per condividere certe emozioni. Che senso ha, ditemi, che senso ha fare il verso della scimmia?».
Fnte:corrieredellosport