La diversità non è un peccato e non è un difetto.
Qualche giorno fa sono stato nel laboratorio di Vito Fusco, giovane e talentuoso fotografo di Positano, che mi ha mostrato alcune foto legate ad un suo lavoro “Crossroads” realizzato nel 2016 a New York sotto la supervisione di uno dei suoi maestri Davide Monteleone. Tra le foto visionate, quelle che mi hanno colpito maggiormente sono state le immagini di un locale di cui ignoravo l’esistenza “Stonewall Inn”. Stonewall Inn è un pub storico di New York legato alle rivolte del 1969 del movimento omofilo, ed alla figura di Sylvia Rivera, transessuale, che per prima si ribellò alla polizia che faceva irruzione tutte le sere nel locale. Bisogna a questo punto ricordare che essere omosessuali in quegli anni era una colpa, comportava il carcere, e spesso si prevedeva per gli arrestati la “cura” con l’elettroshock. Erano anni bui, come lo sono ancora i nostri se si pensa che ancora oggi dieci paesi prevedono la pena di morte per gli omosessuali. Tra le foto che più mi hanno colpito del documentario fotografico di Vito, che sono diventate poi il libro “Stonewall The Temple” (Archimedia Lab, patrocinato da Amnesty international Italia) ce ne sono due in particolare che mi hanno profondamente toccato. La prima ritrae la polizia fuori dal locale, ci sono bandiere arcobaleno, fiori e candele tutt’intorno agli agenti e all’ingresso del pub. Su una delle staccionate poste a protezione del luogo dai militari c’è un lenzuolo bianco con 49 nomi: sono quelli degli uomini e delle donne morti nella, ahinoi!, famosa strage di Orlando del 12 giugno 2016. Spesso, lo confesso, io come altri eterosessuali, ho storto il naso in passato di fronte a manifestazioni come il Gay Pride, trovavo queste dimostrazioni pubbliche eccessive, chiassose, sopra le righe, fuori luogo, eppure di fronte a tutte queste morti d’innocenti non posso che vergognarmi, indignarmi. Noi che ci dichiariamo civili in realtà siamo sempre pronti a eliminare chi non è uguale a noi, a emarginare chi non la pensa come noi. E’tutto disgustosamente disumano. Non è così che si costruisce un futuro dignitoso per noi stessi e i nostri figli. Dunque ben vengano le manifestazioni pubbliche contro tutto questo, e ben vengano gioiose perché si manifesta pacificamente per una società più giusta e egualitaria. Siamo alla fine una civiltà che celebra la vita non la morte, o no? La seconda foto che mi è rimasta impressa è quella che l’autore ha scelto come copertina del libro, che ritrae uno dei muri interni del pub newyorchese. E’ l’immagine di un muro completamente rosso. Un rosso scuro che mi ha richiamato alla memoria un celebre quadro di Alberto Burri, “Grande Rosso” (1964). Burri era un medico, conosceva bene la sacralità e il colore del sangue, elemento vitale. Il rosso delle sue opere era cupo, come quello delle ferite interne, Burri lo scuriva con la fiamma ossidrica per il suo astrattismo, per quella che Michel Tapié definirà ‘Art autre’, letteralmente “arte diversa”: già, torniamo a riflettere su ciò che è diverso e che temiamo. Mi domando quante altre pareti si macchieranno di questo sangue prima che noi smetteremo di avere paura dell’altro che ha idee diverse dalle nostre e ha il sacrosanto diritto di coltivarle così come sono. Il testo di Fusco “Stonewall The Temple” è un racconto fotografico colto, intelligente che rende omaggio a un luogo e alle persone che lo frequentano con sensibilità, buon gusto e profonda umanità.
Luigi De Rosa
Vito Fusco in occasione del Gay Pride – il 14 settembre – organizzato a Sorrento, esporrà il suo progetto fotografico legato a “Stonewall The Temple”., presso le sale del Museo Correale di Terranova dal 12 al 20 settembre 2019.
(la foto a corredo di quest’articolo è una “picture Courtney” dello stesso autore concessa allo scrivente)