Roma. Marco Manzo nella top-ten del tattoo.
Roma. Marco Manzo nella top-ten del tattoo.
Roma. Marco Manzo nella top-ten del tattoo.
Roma. Marco Manzo nella top-ten del tattoo.

Articolo di Maurizio Vitiello – Marco Manzo è al “top” nel “tattoo”.

Marco Manzo ha curato un’ultima rassegna al Senato della Repubblica nell’ambito dei “Nuovi autorevoli linguaggi dell’arte contemporanea nel XXI SECOLO”.
L’artista romano che ha dato lustro all’Italia nel mondo, tra i grandi protagonisti dei cambiamenti nell’arte del XXI secolo, ha portato il tatuaggio a ottenere una credibilità istituzionale parimenti alle arti cosiddette “maggiori” facendolo entrare nei musei d’arte contemporanea, nelle loro collezioni e nelle grandi mostre, segnando, così, una nuova positiva tappa nel percorso della storia dell’arte, fino a giungere alla curatela di un prestigioso evento al Senato, primo nel suo genere.
Il 10 Settembre 2019, infatti, alle ore 09.30. si è tenuta presso la Sala degli Atti Parlamentari “Giovanni Spadolini” al Senato della Repubblica Italiana, una rassegna a cura di Marco Manzo, su iniziativa della Fondazione Charta, volta a definire e presentare i nuovi autorevoli linguaggi dell’arte contemporanea, che sta vivendo un nuovo rinascimento e una nuova credibilità internazionale.
L’Italia, grazie ai suoi rappresentanti sta nuovamente fungendo da volano d’ispirazione nello scenario artistico mondiale.
Come l’eredità artistica del ‘900 ha influenzato parte della produzione attuale, così l’interpretazione di nuove forme d’arte del secolo corrente potrà fungere da ispirazione per le future generazioni.
La giornata è iniziata non solo con la presentazione dell’intera produzione artistica di Marco Manzo, del quale alcune opere in bronzo, alluminio e marmo sono state presenti in sala, con uno speciale “focus” sulla sua attuale partecipazione a “La Biennale” di Venezia, Padiglione Guatemala con l’installazione de “Il muro del silenzio”, in cui tratta il tema del femminicidio e con la proiezione della performance “Il valore sociale del tatuaggio”, ma anche con immagini di opere di alcuni dei maggiori rappresentanti della storia dell’arte del secolo corrente.
Un altro dei meriti ascrivibili all’opera dell’artista Marco Manzo è, senza dubbio, quello di aver contribuito in maniera sostanziale al cambiamento della percezione sociale e culturale nei confronti del tatuatore e del tatuato: ciò si deve ai numerosi eventi dei quali è stato artefice, tra i quali vale la pena citare “Tattoo d’haute couture” nell’ambito di ALTA MODA ROMA al Museo MAXXI, che ha accolto a pieno titolo il tatuaggio negli ambienti dell’eleganza e della raffinatezza, che gli erano stati lungamente preclusi, diventandone simbolo, oppure la mostra “Tattoo forever”, tenutasi al MACRO, e della quale è stato anche curatore, che ha legittimato con le istituzioni, la critica, i beni culturali ed il Museo d’Arte Contemporanea il tatuaggio come “espressione artistica”.
La tavola rotonda “Nuovi autorevoli linguaggi dell’arte contemporanea nel XXI SECOLO” ha definito l’attuale panorama, anche attraverso contaminazioni tra scultura, pittura, tatuaggi, musica, poesia, street art, videoarte, arti grafiche, motori, design e architettura.
In qualità di curatore, Marco Manzo ha introdotto eminenti critici, storici dell’arte e scrittori, che hanno fornito il loro contributo allo studio della collocazione delle nuove forme d’arte anche in ambito sociale e culturale:
GIORGIO DI GENOVA, storico, scrittore e critico d’arte, autore della “Storia dell’arte italiana del ‘900” e commissario in due edizioni de “La Biennale” di Venezia;
PIETRO ZOCCONALI, Presidente Associazione Nazionale Sociologi;
CARLA GUIDI, giornalista e scrittrice;
ENNIO CAVALLI, scrittore, giornalista e poeta;
STEFANIA PIERALICE, critica d’arte e curatrice, attualmente presso il Padiglione Guatemala alla 58esima edizione de “La Biennale” di Venezia;
DANIELE RADINI TEDESCHI, critico d’arte e curatore, attualmente presso il Padiglione Grenada alla 58esima edizione de “La Biennale” di Venezia;
ELISEO GIUSEPPIN, Presidente ART, associazionetatuatori.it
CARLO ERCOLI, storico dell’arte.
Tra i nuovi linguaggi riconosciuti, in precedenza considerati da alcuni deturpazioni delle città e degli ambienti urbani, o ancor più del corpo, come graffitismo, street art e tatuaggio, conquistano una loro dignità istituzionalmente riconosciuta, divenendo al contempo espressioni artistiche fruibili dentro e fuori dai contesti tradizionalmente dedicati all’arte contemporanea.

Sono stati, in conclusione, presentati autorevoli volumi:

Marco Manzo, “Manifesto del tatuaggio ornamentale – ORNA-MENTALE”, che vive su corpo e su scultura (Effigi Edizioni, 2018), stile di cui è precursore e teoreta, che vede il corpo femminile non più come il soggetto da rappresentare, ma come la forma d’arte stessa: un corpo che diviene scultura in movimento.
Dalla conoscenza e dalla presa di coscienza di più culture, nasce una nuova riconoscibilità.

Giorgio di Genova: “Interventi ed erratiche esplorazioni sull’arte due. La Dialettica del mestiere di un critico. due”, Gangemi editore, 2019, in cui oltre all’inedito saggio sul rapporto tra immagine e scrittura, ha inserito approfonditi testi sull’Arte Concreta, sull’Arte Madì, sulla pop art, sull’arte erotica, sull’arte del collage e su quella femminile, e molto altro tra cui addii ad artisti celebri (da Warhol a Vacchi) e a Palma Bucarelli.

Stefania Pieralice e Daniele Radini Tedeschi, con presentazione di Carlo Ercoli: “Atlante dell’Arte Contemporanea – De Agostini”, volume che ambisce ad essere il principale strumento internazionale di consultazione per l’arte contemporanea italiana, con proiezione delle opere più significative di alcuni dei maggiori artisti italiani dal 1950 a oggi;

Carla Guidi: “Città reali, città immaginarie” con foto di Walter Sambucini, Robin Edizioni, 2019, con particolare accento sulla riqualificazione urbana attraverso il writing e la street art, il tatuaggio e i cosplayer, con introduzione di Pietro Zocconali e Franco Ferrarotti e contributi, tra gli altri, di Giorgio di Genova, Eliseo Giuseppin e Marco Manzo;

Ennio Cavalli: “Se ero più alto facevo il poeta”, La Nave di Teseo ,2019, raccolta di poesie anche dedicate alle nuove forme d’arte, con in copertina opera di Francesca Boni, Marco Manzo ed Atelier Contesini.

Hanno precisato, tra l’altro, i partecipanti:

“Il tatuaggio, da vezzo di nicchia, si è trasformato in fenomeno sociologico; ciò è dovuto alla società “liquida” (Bauman) in cui stiamo vivendo e alla sensazione di sbandamento da parte dell’uomo di oggi, che si rifugia sul suo corpo scolpendovi a caratteri cubitali le proprie certezze. (Pietro Zocconali)

“Il tatuaggio nel mondo occidentale ha da un lato vissuto una sfortuna critica ascrivibile al significato tipicamente di Stigma cui era associato. L’idea cristiana anzitutto, che prevedeva una intangibilità sacrale del corpo e quindi della pelle, unita alla damnatio lombrosiana, che nel suo disegno antropologico lo ricollegava tra quei segni tipici dei criminali, lo hanno recintato in un apartheid sociale. Solo a partire dalla seconda metà del secolo scorso il tatuaggio torna con tutta la sua potenza a difesa delle grandi cause telluriche sociali. L’arte con esso imiterà il male per esorcizzarlo attraverso la pelle bucata, incisa, forata, sanguinante. Torna quindi ad essere quella matrice genetica, come nelle antiche civiltà, atta a individuare più che uno specifico status quella catarsi generazionale, espressione dell’indicibile e dell’indecifrabile.” (STEFANIA PIERALICE)

“I nuovi linguaggi dell’arte contemporanea sono il problema di quest’ultima; rappresentano ciò che la separa da quella antecedente alle avanguardie e, dunque, appaiono come lo spartiacque tra passato e presente. Oltre al medium linguistico è mutato anche il contenuto poiché sempre più rara è la volontà narrativa e l’arte ha smesso di raccontare; quindi il linguaggio ha anche perso un suo significato importante, limitandosi al solo comunicare con gesti, suoni gutturali, luci, scandali. Se dunque non è più appannaggio dell’arte il narrare ed è appare appena tollerabile il comunicare, va notato il fenomeno crescente del descrivere. Quando la società non ha tempo di ascoltare le grandi storie narrate, trova l’attimo per guardare qualcosa di descritto, anche se effimero. Descrizione significa particolarismo ed il linguaggio dell’arte contemporanea non è uno ma un’infinità di piccoli idiomi tutti concentrati sulla propria intima descrizione.” (DANIELE RADINI TEDESCHI)

“Nel mio libro “Città reali, città immaginarie”, una focalizzazione sulle migrazioni e metamorfosi creative nelle società nell’Antropocene; sono forme d’arte sempre meno inquadrabili in categorie ben definite, ma rese ancora più necessarie per simbolizzare l’indicibile, in un mondo dove le informazioni ed in particolare, le immagini, sono sempre più pervasive, eterogenee ed estranianti.”(Carla Guidi)

“L’Arte contemporanea sta vivendo un nuovo rinascimento ed una nuova credibilità internazionale. L’Italia, grazie ai suoi rappresentanti sta nuovamente fungendo da ispirazione nello scenario artistico mondiale. Tra i nuovi linguaggi, in precedenza considerati da alcuni deturpazioni delle città e degli ambienti urbani, o ancor più del corpo, come graffitismo, street art e tatuaggio, conquistano una loro dignità istituzionalmente riconosciuta, divenendo al contempo espressioni artistiche fruibili dentro e fuori dai contesti tradizionalmente dedicati all’arte contemporanea, parimenti alle arti cosiddette maggiori.” (Marco Manzo)

“Sulle origini antropologiche, rituali, psicologiche, sociali dell’antichissima pratica del tatuaggio, Marco ne sa un bel po’. Lui si industria a perfezionare non solo la tecnica applicativa, ma a ricercare le possibili simmetrie tra indole soggettiva e risultato finale, affinché l’aggiunta, il decoro, il di più sia quasi un commento, una postilla, un allegato alla personalità di chi offre il braccio, il polso, la caviglia all’ago inchiostrato. Non fregi o simboli calati dall’alto. Il tratto del tatuatore come tracciabilità di un momento in ogni singola storia, come cornice o avamposto autobiografico, come appunto o memoria messi in salvo. Qualcosa da trasmettere, se non da tramandare. Da qui la felicità e la franchezza del lavoro finito”. (Ennio Cavalli)

Ed ha convinto la performance “Il valore sociale del tatuaggio”, tenutasi alla 58esima edizione de “La Biennale” di Venezia; da ricordare, poi, l’invito ricevuto dal Ministro della Cultura del Guatemala per la partecipazione come artista unico (individuale) per l’intera durata della mostra.
L’artista Marco Manzo, partecipante al Padiglione Nazionale Guatemala nella 58esima edizione de “la Biennale” di Venezia, ha presentato il giorno 9 maggio 2019, alle ore 10.30, nella sede del Padiglione a Palazzo Albrizzi Capello in Cannaregio – Salone dei Concerti – una performance funzionale a comprendere l’installazione ambientale realizzata per la kermesse lagunare in mostra fino al 24 novembre 2019: due opere monumentali composte da oltre venti sculture in marmo bianco di Carrara, per rappresentare il tema del femminicidio e della violenza sulla donna, i cui tatuaggi riportati sulle opere confermano come tale espressione artistica sia pacificamente annoverata tra i linguaggi più autorevoli della storia dell’arte contemporanea.
Ebbene, la performance ha visto eleganti donne tatuate interagire con l’installazione “El muro del silencio” costituita da quattro pareti rispettivamente titolate “Tatuana” e “Salvarse el pellejo”.
L’opera, tanto drammatica, serba in realtà un’interpretazione positiva laddove le mani femminili reagiscono agli atti violenti degli arti maschili – anch’essi incisi – armati e atti ad offendere.
Sulla pelle delle donne si delineano motivi tipici dello “Stile Ornamentale” – di cui l’artista è precursore – arricchiti a volte da elementi decorativi di tessuti guatemaltechi frammisti a pizzo veneziano, macramè, dentelle, mandala e preziosi gioielli di epoca vittoriana che adornano la donna coprendone le cicatrici fisiche e quelle dell’anima.
A tal proposito lo “Stile “Ornamentale” se da un lato, nei suoi tratti stilistici, fa pensare ad un atto di vanità al contrario, in tale contesto, si trasforma in simbolo di resistenza e ribellione contro le leggi maschili, in testimonianza autobiografica dolorosa e narrazione collettiva, in luogo di memoria per un processo catartico finalizzato al superamento del dramma, laddove la femminilità diviene motivo di solidarietà e speranza
La performance è stata anche occasione per la presentazione del “Manifesto del tatuaggio ornamentale” di cui Marco Manzo è autore, testo pubblicato, altresì, sul catalogo ufficiale dedicato del Padiglione, in cui emerge una visione sublimata della donna da parte dell’artista in netto contrasto con una condizione che la vede vittima di soprusi e sopraffazioni, non solo nello stato latino americano, bensì in tutti i paesi del mondo, dai più industrializzati fino a quelli in via di sviluppo.
IL “Manifesto” ha avuto in breve tempo importanti riconoscimenti: introdotto nel corso dell’ultima Biennale di Architettura presso il Padiglione Guatemala è stato anche presentato al Macro-Museo d’Arte Contemporanea Roma, sul cui catalogo verrà pubblicato, è stato il testo di introduzione della personale “Marco Manzo“ al Complesso del Vittoriano, è entrato a far parte dei volumi presenti nella Biblioteca Nazionale di Roma e in quella di Firenze e da ultimo è stato presentato presso la Sala degli Atti Parlamentari al Senato della Repubblica, ripetiamo durante la rassegna “Nuovi Autorevoli linguaggi dell’arte contemporanea nel XXI secolo” a cura di Marco Manzo.
Il Manifesto indaga diverse culture e diversi periodi storici, conferendo alla figura femminile un ruolo centrale: la donna non è più soggetto da rappresentare bensì essa stessa diviene arte.
Così, come nel pensiero dell’artista anche nella cultura guatemalteca il tatuaggio equivale a libertà, si pensi alla “Leggenda della Tatuana” del Premio Nobel Miguel Angel Asturias, rappresentata da Marco Manzo su due delle opere in mostra, che narra, nella parte finale, la fuga magica dei due personaggi dalla cella dove erano prigionieri proprio grazie al potere del tatuaggio:

Per il potere di questo tatuaggio, potrai
fuggire ogni qualvolta ti troverai in pericolo,
come scapperai oggi. La mia volontà è che tu
sia libera come il mio pensiero; traccia
l’immagine di questa piccola barca sul muro,
sul terreno, nell’aria, dove vuoi, chiudi gli
occhi, sali sulla barca e vai …

Il tatuaggio ornamentale di Manzo è concettualmente il raggiungimento di questa libertà, l’esaltazione della donna proveniente da una cultura globale che deve fungere da monito e da esempio: in un mondo globalizzato non si può accettare la violenza e non si deve tollerare il silenzio.
Il Padiglione del Guatemala è a cura di Stefania Pieralice, diretto dal Ministro della Cultura Elder de Jesus Suchite Vargas, in rappresentanza dell’arte guatemalteca partecipa, alla sua terza edizione, la scultrice Elsie Wunderlich.
In conclusione, esiste oggi la legittimazione del tatuaggio come forma d’arte, il fatto che la Biennale lo abbia dichiarato un autorevole linguaggio dell’arte contemporanea e che l’Alta Moda lo abbia legittimato come nuovo simbolo di eleganza e raffinatezza in occasione della rassegna TATTOO d’HAUTE COUTURE, andata in scena al MAXXI di ROMA, hanno aiutato a livello sociale a cambiare la percezione della popolazione rispetto al tatuaggio stesso: prima non veniva accettato negli ambienti della cultura, ora viene indicato come nuova espressione artistica.
Certamente, è da approfondire questa variazione dovuta a una maggiore coscienza collettiva e a un’acquisizione del dato-tattoo come “estetica corporale”.
E’ cambiata la visione rispetto al tatuaggio, al tatuato e al tatuatore, rispetto ai decenni scorsi.
Se il tatuaggio è oggi Alta Moda e Arte, vuol dire, probabilmente, che si si distacca dalla percezione precedente che lo collocava solo riferendosi a classi sociali poco credibili, quali galeotti, delinquenti o marinai.
Ora si è normalizzato, grazie ad un lavoro molto lungo, che ha, però, dato i suoi risultati.
In passato, un duro colpo al mondo del tatuaggio fu dato da Lombroso, che lo evidenziava come elemento distintivo dei criminali, o da Loos, che in “Ornamento e delitto” asseriva come il tatuato se non si trovava in carcere era solo grazie al fatto che non aveva ancora avuto il tempo di compiere le sue azioni delittuose.
Alla luce di tutti questi cambiamenti, il Presidente di ANS Pietro Zocconali ha dichiarato che “Ci si imprimono le proprie certezze”, concetto che trova molti d’accordo.

Maurizio Vitiello