Una veste bianca, una cerva e un Tuareg. Incontro con don Valentino Salvoldi a Piano di Sorrento
Quando entro in chiesa i fedeli sono già tutti presi dall’oratoria di don Valentino Salvoldi, settantaquattro anni ben portati, bergamasco che ha trascorso molti dei suoi anni tra Africa, Asia e Europa insegnando e testimoniando il Vangelo. Leggo in uno dei suoi scritti – Meta del viaggio è raccontare. E’ bello, infatti, condividere esperienze che, mentre danno vita all’istante presente, ci permettono di sognare. Il senso di provvisorietà che accompagna ogni viaggiatore mi ha insegnato a non aspettare la partenza per dire: “Ti voglio bene”. Mi ha incoraggiato a esprimere a tante persone il mio bisogno d’amare e di essere amato. A chi, incalzato dalla mia curiosità e dal mio sguardo, chiede: “Ma tu chi sei?” Rispondo: “Sono un mendicante d’amore” – .
In queste poche frasi c’è tanto di Don Valentino Salvoldi, che è uomo colto, di spessore, di quelli che insegnano a pensare come diceva il compianto card. Carlo Maria Martini . Don Rito Maresca ancora una volta ci ha fatto conoscere una gran bella persona . La lectio che don Valentino Salvoldi, teologo e missionario Fidei donum, tiene questa sera è sulla veste bianca, quella che indossano i confratelli della “Confraternita della Purificazione di Maria Santissima di Mortora. La “Veste bianca” diventa dunque metafora della bellezza morale (splendore della verità) a cui dobbiamo tendere noi credenti. La bellezza che salverà il mondo come scrive Dostoevskij, come sottolinea Pàvel Evdokìmov nella sua Teologia. Il raggiungimento di tale traguardo morale non è cammino semplice, non è sentiero di montagna, di quelli molto in voga oggi che si possono percorrere seguendo le indicazioni di una mappa o i suggerimenti di un’applicazione sul cellulare perché è viaggio interiore e come tutti i momenti di riflessione sul nostro esistere, su ciò che siamo e dove andiamo è irto di ostacoli, di momenti di sconforto e smarrimento. Di crisi ne ha avute anche don Valentino, durante la sua conferenza ci ha raccontato di quando lasciò l’Università di Abuja, in Nigeria, e si rifugiò nel deserto a riflettere. Il deserto è silenzio assoluto, il deserto ferisce e acceca non solo di giorno ma anche di notte con il chiarore lunare che incendia i granelli di sabbia, mette i brividi e asseta, ti sembra realmente di udire nel buio l’urlo della cerva che non ha trovato l’acqua (Salmo 42). In questo silenzio assordante, don Valentino incontra un Tuareg. L’Uomo di Dio in crisi e il mussulmano pregano insieme. “Non vivere nella casa di pietra ma nella tenda, simbolo di essenzialità e povertà”, ricorda il Tuareg a don Valentino, “e quando incontri qualcuno guardalo dritto negli occhi e impara a comunicare, e il modo migliore per comunicare è voler bene, ma prima di ogni altra cosa bisogna impara a salvare te stesso”. Il sacerdote, tornato dai suoi studenti nigeriani, porta con sé questa lezione “pecca di presunzione chi vuole salvare gli altri senza aver imparato prima a salvare se stesso. Nel silenzio (che invita allo studio), nella tenda (simbolo di umiltà e apertura), guardando il prossimo tuo negli occhi. Don Valentino Salvoldi è appassionato nella sua esposizione, le sue lezioni di Teologia morale sono coinvolgenti e vibranti perché hanno il rigore dettato dagli anni di studio, e la ricchezza ereditata dai mille incontri fatti in giro per il Mondo. Siamo in Cristo, come dice lui dall’altare, non semplicemente cristiani. “Possiamo” non “dobbiamo” credere nella Verità, la chiamata di Dio è basata sul “Tu puoi” non sul “Tu devi”. Faccio opera di risonanza con questo mio scritto, come ama dire don Valentino, e vi invito a visitare il suo sito www.salvoldi.org o a partecipare a una delle sue conferenze aperte a tutti. “Vivere significa cambiare, ed essere perfetti significa aver spesso cambiato” Card. John Henry Newman (1801 – 1890).
Luigi De Rosa