Amalfi. Blitz dei NAS . Precisazioni sulla figura dell’ottico optometrista e sulle sue competenze
Amalfi , dopo l’articolo sul blitz dei Nas riceviamo una lettera dall’avvocato che riceviamo e pubblichiamo . In merito ad un nostro articolo abbiamo ricevuto una precisazione da parte di Andrea Afragoli, presidente della Federottica, che di seguito riportiamo:
Preg. mo Direttore, Le scrivo nella mia veste di Presidente della Federottica, relativamente ad un articolo del 27 settembre scorso, pubblicato sul Vostro giornale online Positanonews, dal titolo: “Amalfi. Controlli dei NAS ad ottico. Quale la differenza con il mestiere di oculista e altri mestieri”. Nello stesso, infatti, vengono veicolate informazioni che – a nostro avviso – danno all’utente finale una idea fuorviata di chi sia l’ottico optometrista e di quali siano le competenze a lui spettanti, tutto questo creando grave nocumento alla categoria da me qui rappresentata. Nel dettaglio: a) Asserire che: “L’ottico è abilitato a misurare ed a vendere gli occhiali o le lenti a contatto, sulla base di prescrizioni provenienti dall’oculista”, non solo non risponde al vero, ma è dannoso all’immagine della categoria. A tal proposito rammento che già un regio decreto risalente al 1928 (R.D. 31 maggio 1928, n. 1334), precisamente all’art. 12, recita: “Gli ottici possono: confezionare, apprestare e vendere direttamente al pubblico occhiali e lenti soltanto su prescrizione del medico, a meno che si tratti di occhiali protettivi o correttivi dei difetti semplici di miopia e presbiopia, esclusa l’ipermetropia, l’astigmatismo e l’afachia. b) Asserire che: “L’ottico-optometrista è tenuto, prima di eseguire l’esame delle deficienze puramente ottiche della vista, a richiedere la certificazione del medico oculista che attesti l’assenza di patologie oculari. La suddetta certificazione è valida per quattro anni dal suo rilascio, oppure due anni per la fascia di popolazione superiore ai 65 anni di età e per l’età pediatrica”, non risponde al vero. Nessuna norma prevede questo obbligo in capo all’ottico optometrista, semmai è giudizio e buon senso del professionista inviare l’ametrope dall’oculista per un preventivo controllo. c) Asserire che: “L’ottico-optometrista non può svolgere attività dirette all’accertamento di malattie, e quindi non può eseguire accertamenti diagnostici quali la tonometria, la topografia corneale e l’esame del campo visivo, non può effettuare diagnosi e tantomeno può eseguire attività terapeutiche di qualsiasi tipo” non è corretto. Fatto salvo che l’uso del topografo corneale da parte dell’ottico, è contemplato: dal D.M. 3 maggio 1994 “Determinazione delle attrezzature tecniche e strumentali degli esercenti le arti ausiliarie sanitarie” – allegato B, asserire, in modo assiomatico che l’uso di certa strumentazione equivalga allo svolgimento di accertamenti diagnostici, non è esatto. Infatti, raccogliere un dato tecnico, attraverso un tonometro a soffio, o attraverso l’esecuzione di un campo visivo e porgerlo ad un medico oculista, affinché faccia le proprie valutazioni, refertando, non ha nulla a che vedere con una diagnosi, una terapia (tutte attività di esclusiva competenza medica). A tal proposito mi permetto di allegarLe un documento, a firma del nostro avvocato, che meglio chiarisce la questione.
Sulla figura dell’ottico optometrista riportiamo anche un intervento dell’Avv. Paolo Noli
Potremmo affermare, forse sintetizzando eccessivamente, che l’ottico optometrista altro non è se non l’ottico al quale è stata data una formazione di livello superiore; in buona sostanza un evoluzione dell’ottico. Con l’istituzione delle Regioni (intorno agli anni settanta), queste si sono infatti occupate dell’istruzione professionale, istituendo scuole di optometria, considerate di livello ulteriore e specialistico rispetto alle scuole istituite a sensi del r.d. del 1928. L’ottico originario (del 1928), la cui attività qualificata come “arte ausiliaria della professione sanitaria” è prevista in un regio decreto risalente al 1928, e precisamente all’art. 12 del R.D. 31 maggio 1928, n. 1334: il quale recita: “Gli ottici possono: a) confezionare, apprestare e vendere direttamente al pubblico occhiali e lenti soltanto su prescrizione del medico, a meno che si tratti di occhiali protettivi o correttivi dei difetti semplici di miopia e presbiopia, esclusa l’ipermetropia, l’astigmatismo e l’afachia. È in ogni caso consentito ai suddetti esercenti: b) di fornire direttamente al pubblico e riparare, anche senza prescrizione medica, lenti ed occhiali, quando la persona che ne dà la commissione presenti loro le lenti o le parti delle medesime di cui chiede il ricambio o la riparazione. E’ del pari consentito ai suddetti esercenti: c) di ripetere la vendita al pubblico di lenti od occhiali in base a precedenti prescrizioni mediche che siano conservate dall’esercente stesso, oppure esibite dall’acquirente” è andato quindi evolvendosi in ottico optometrista, acquisendo nozioni più ampie e tecniche più raffinate, e raggiungendo una preparazione professionale di ampio livello. Nel corso dell’ultimo decennio, l’Università ha reso poi possibile l’attivazione sul territorio italiano di sette Corsi di Laurea di primo livello in Ottica e Optometria, – nelle Facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali e con la collaborazione della Facoltà di medicina – rispettivamente nelle Università statali di: Milano Bicocca, Padova, del Salento, Napoli Federico II, Firenze, Torino e Roma Tre. L’ottico optometrista, come ben ricordato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in una sua decisione del 17 aprile 1997, è: “una figura professionale realmente esistente, anche se non ancora specificamente delineata e regolamentata a livello legislativo, la cui attività non invade il campo esclusivo del medico oculista che è propriamente quello relativo alle patologie dell’occhio”. Recentemente, la pubblicazione in Gazzetta ufficiale della L. 14 gennaio 2013, n. 4: “Disposizioni in materia di professioni non organizzate” volta appunto a disciplinare le professioni non organizzate in ordini o collegi, ha aperto una concreta possibilità per il riconoscimento legislativo e formale di tale figura. Nel frattempo, in attesa che il quadro normativo prenda forma, la Giurisprudenza in diverse occasioni si è occupata dell’ottico optometrista e dell’attività optometrica, dimostrando di ben saper cogliere gli stimoli della Società civile e di saper assumere, con proprietà di qualificazione giuridica, un vero e proprio ruolo creativo. Giudici di merito e di legittimità, nel corso degli anni, hanno asserito – senza paura di smentita – la liceità dell’optometria, ponendo come unico limite – con conseguente violazione della norma penale dell’art. 348 c.p. – il divieto per l’ottico optometrista di compiere valutazioni di carattere diagnostico, svolgere attività di carattere curativo, intervenire in caso di patologie oculari.
Inoltre, dopo aver acclarato principi quali quello che i difetti della refrazione non possono essere qualificati come malattia – con la conseguenza che tutto quello che non può essere ricollegato a questo termine, non può ritenersi aprioristicamente di stretta ed esclusiva competenza del medico – con proprie sentenze pronunciate dalla Corte di Cassazione, dal Consiglio di Stato e dai Giudici di merito, ha ulteriormente ampliato per l’optometrista, alias ottico optometrista, le competenze riconosciute dall’articolo 12 del r.d. del 1928, includendo anche altre disfunzioni della funzione visiva, quali astigmatismo, ipermetropia, ecc. Nel dettaglio: -la Corte Suprema di Cassazione, nella sentenza n. 27853 del 11.07.2001 dopo aver affermato che: “l’optometria è una attività che non è regolata dalla legge, ed il cui esercizio – allo stato attuale della normativa – deve, proprio per questo, ritenersi libero, lecito anche penalmente, per la semplice ragione che non sussiste nessuna norma positiva che lo vieti, a condizione che non venga invaso l’ambito strettamente curativo, riservato al medico oculista e naturalmente che non vengano effettuate manovre che possano provocare anche indirettamente danni o lesioni al cliente”, chiarisce che: “L’evoluzione scientifica e tecnologica determinano sovente la possibilità che nuove attività professionali non riescano ad essere incasellate nelle professioni ufficialmente consolidate, ma ciò non può essere motivo per una dilatazione degli ambiti delle categorie professionali riconosciute, fino a comprendere nella riserva loro spettante, attività solo analoghe, complementari, parallele o ausiliarie rispetto alle professioni protette” e che “L’attività di misurazione della vista effettuata dall’optometrista non può essere confusa con l’attività propria dell’ottico e che si avrà invasione dell’ambito strettamente riservato all’attività del medico, che si estrinseca nell’individuare e diagnosticare le malattie, nel prescriverne la cura, nel somministrare i rimedi, anche se diversi da quelli ordinariamente praticati, con conseguente violazione della norma penale dell’art. 348 c.p., qualora l’optometrista compia valutazioni di carattere diagnostico, svolga attività di carattere curativo, rilasci ricette, compia sull’occhio interventi di qualsiasi tipo, intervenga in caso di vere e proprie malattie oculari (e non di semplici disfunzioni della funzione visiva, come appunto miopia, presbiopia, astigmatismo, ipermetropia, ecc.) e comunque in situazioni e con modalità tali che possano compromettere lo stato di salute del cliente”. -il TAR della Puglia, sezione I di Lecce chiamato ad esprimersi in merito ad un ricorso proposto da SOI AMOI – volto ad annullare l’istituzione del Corso di Laurea in Ottica e Optometria nell’ambito della facoltà di scienze matematiche, fisiche e naturali dell’Università di Lecce – con propria sentenza depositata in data 3 dicembre 2003, dopo aver affermato che: “non appare necessario subordinare l’istituzione del corso di laurea ad una apposita previsione normativa della figura professionale, né sembra opportuno escludere l’istituzione del corso in mancanza di precedente norma di legge”, richiama specificamente, “come la giurisprudenza della Corte di cassazione abbia in più occasioni affermato che l’optometrista – pur se la sua attività non è specificamente regolata dalla legge a differenza di quella dell’ottico – possa, oltre ad effettuare la misurazione della vista, anche apprestare, confezionare e vendere, senza la preventiva ricetta medica, occhiali e lenti correttive non solo per i casi di miopia e presbiopia (come consentito anche all’ottico in virtù dell’art. 12 r.d. 31 maggio 1928 n. 1334), ma anche per i casi di astigmatismo, ipermetropia ed afachia”.
-Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Sesta con propria sentenza deliberata il 21 giugno 2005 – sentenza in grado di appello della precedente sentenza del TAR della Puglia – dopo aver ribadito che: “il corso di laurea breve in ottica e optometria è stato legittimamente istituito nell’esercizio dell’autonomia universitaria costituzionalmente garantita e nell’ambito della classe di Lauree in scienze e tecnologie fisiche”, richiama a sua volta, sposandoli integralmente, i dettami contenuti in un precedente parere della sezione II del Consiglio in data 28 gennaio 2004, statuendo che: “il provvedimento istitutivo del corso di laurea in ottica e optometria non incide sul piano delle competenze specifiche del medico oculista, né crea indebite confusioni con l’attività sanitaria del medico, ma si limita soltanto ad ampliare il campo di attività dell’ottico, ricomprendendovi anche le specifiche capacità dell’optometrista; le quali tuttavia, rimangono pur sempre ancorate nell’ambito delle così dette arti ausiliarie, con conseguente esclusione di ogni rapporto di natura diagnostica o terapeutica con i pazienti” e quelli contenuti nella sentenza di Cassazione prima citata chiarendo, senza ulteriore possibilità di fraintendimento, che “all’optometrista sono consentite, oltre alla semplice attività di ginnastica oculare, quella di misurazione della vista, quella di apprestare, confezionare e vendere senza preventiva ricetta medica occhiali e lenti correttive non solo per i casi di miopia e di presbiopia, ma – al contrario dell’ottico – anche nei casi di astigmatismo, ipermetropia e afachia”. -Il Tribunale Ordinario di Venezia, II° sezione penale, con propria sentenza pronunziata in data 16 ottobre 2012, dopo aver asseverato che: “la nozione di ottico optometrista, in assenza di una legge che istituisca, in Italia, detta professione dettandone profili e connotazione, appare ricavabile dalle direttive ed indicazioni del ministero del Lavoro, oltre che dal raffronto con le previsioni di altre Nazioni” precisa che: “da queste emerge che l’optometrista è un professionista non medico che svolge il proprio lavoro nell’ambito della fisiologia ottica, nell’applicazione delle lenti a contatto, nel campo della refrazione e dell’ipovisìone e che la sua attività ha quale scopo il riconoscimento e la quantificazione dei difetti visivi attraverso strumenti ottici di precisione nonché il miglioramento della visione attraverso metodi non medici, id est con esclusione del ricorso a farmaci ed a interventi chirurgici; le competenze necessarie sono di carattere ottico, fisico, biologico ed anche psicologico”.