La storia del Poliziotto di Vico Equense diventato rapinatore

4 ottobre 2019 | 11:06
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La storia del Poliziotto di Vico Equense diventato rapinatore

La verità era venuta a galla dopo che gli agenti del commissariato di Sorrento erano piombati in casa sua per arrestarlo. Da ispettore di polizia penitenziaria, infatti, Gianni (nome di fantasia) si era trasformato in rapinatore seriale. Possibile? Che cosa aveva stravolto la vita di un irreprensibile servitore dello Stato, fino a quel momento marito e padre esemplare, fino a spingerlo a entrare in due farmacie armato di pistola per farsi consegnare l’incasso? Il desiderio irrefrenabile di tentare la sorte giocando alle slot machine. Così il 61enne di Vico Equense era finito nel vortice fatto di debiti, aule di tribunale e carcere, una spirale che lo ha condotto alla morte, sopraggiunta proprio quando i problemi legati all’azzardo sembravano acqua passata.

LE FARMACIE
La storia di Gianni è quella di tante persone devastate dalla ludopatia. A raccontarla è la moglie Antonella, rimastagli accanto anche dopo l’arresto nell’estate del 2010. «Fu in quel momento che scoprii che mio marito aveva commesso due rapine», spiega la donna. Il 9 marzo 2010 un uomo col volto travisato e una pistola in mano era entrato in una farmacia di Piano di Sorrento e si era fatto consegnare 500 euro. La scena si era ripetuta il 23 aprile in una farmacia di Meta dalla quale erano stati portati via 130 euro. L’autore di entrambi i raid era proprio Gianni, all’epoca 52enne, successivamente condannato dalla magistratura e costretto a scontare la pena nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Quell’episodio consentì alla moglie di alzare il velo sulla doppia vita che il marito era riuscito a costruirsi. «Mi confessò di aver perso la testa nella bolgia del carcere di Secondigliano – racconta Antonella e di non avermi detto nulla nel timore di perdermi». Complice un periodo di forte stress, infatti, Gianni aveva cominciato a giocare alle slot machine tra un turno di lavoro e l’altro. Ore e ore trascorse nelle sale tra Napoli e la penisola sorrentina, ogni volta centinaia di euro in fumo, prestiti sempre più consistenti chiesti ad amici e finanziarie. Totale: debiti per più di 70mila euro. Per confondere la moglie, il poliziotto aveva persino cominciato a falsificare le buste paga sulla base delle quali gestiva il ménage familiare. Poi la duplice rapina in farmacia, goccia in un vaso destinato a traboccare. In loro soccorso venne Daniele Acampora, presidente della fondazione Exodus che dal 1994 sostiene le vittime dell’usura e del gioco compulsivo. Da Exodus Gianni ottenne un prestito senza interessi di 25mila euro, indispensabile per saldare una parte dei debiti e pagare le prime spese legali, più l’assistenza nei rapporti con i creditori.

I SACRIFICI
Da lì prese il via un difficile percorso di rinascita. Allontanato dalla polizia penitenziaria, Gianni si imbarcò per sei mesi per poi lavorare come lavapiatti in ristoranti e alberghi: sacrifici indispensabili per pagare i debiti e sostenere Luca, quel figlio che oggi, a 25 anni, si appresta a conseguire la laurea specialistica in Economia col massimo dei voti. «Quando l’hanno arrestato, mio marito era vittima delle slot machine già da diversi anni conclude Antonella Scoprirlo, per me, fu uno choc. Se tornassi indietro, però, rifarei tutto: Gianni ha sbagliato, ma era un uomo affettuoso e disponibile che meritava di essere aiutato». Ma la storia dell’ex poliziotto penitenziario di Vico Equense non è stata coronata dal lieto fine. Proprio quando il peggio sembrava passato, le slot machine abbandonate, i debiti parzialmente saldati, un lavoro e la serenità familiare finalmente ritrovati, nella scorsa primavera Gianni è stato stroncato da un infarto nella cucina dell’hotel in cui era stato assunto. «Mio marito è morto perché devastato dalla rabbia e dal rimorso», conclude la moglie Antonella prima di lanciare un appello: «Oggi assistiamo al dilagare del gioco online che è ancora più pericoloso visto che può essere praticato da casa, dove nessuno ti vede. A chi ama l’azzardo dico di fermarsi prima di rovinarsi la vita come è successo a mio marito. Alle istituzioni, invece, chiedo di essere più presenti: bisogna limitare l’offerta di gioco se si vuole evitare che migliaia di persone sprofondino nella disperazione».

fonte: “Il Mattino”