Torino -Napoli Le formazioni
E chi resta, ormai, sette anni sempre nello stesso posto, senza avere mai (mai sino ad ora), la tentazione di lasciarsi andare, di perdere quel panorama che ti entra dentro casa e ti soffoca? Sette anni, sa di una vita, o forse mezza, di se stesso, d’un calcio che ormai non ha bandiere e però ancora ne ritrova qualcuna, che sventola lungo via Posillipo, si affaccia su Palazzo Donn’Anna, s’accomoda nelle viscere d’una città e lì rimane, almeno sino a prova contraria. «Io ormai mi sento napoletano: sono arrivato qua nel 2013, ho tanti amici, ho conosciuto persone che quando finirà porterò via con me. Mi chiamano Ciro, e me lo cantano allo stadio, e questo mi fa bene e dopo un gol è ancora più bello. Napoli sa che dò tutto, sia in campo che fuori, che provo a vivere proprio come fanno loro, perché è bello vivere qui e viverci secondo le loro abitudini. A me piace stare qua, ormai parlo anche la lingua, è tutto perfetto». E tutto Mertens, nella sua palpabile sincerità, è sceso nella profondità dei suoi sette anni partenopei – attraverso i canali ufficiali della Lega di serie A – e si è svelato: lo scugnizzo che t’aspetti lo rivedi tra la folla, sull’uscio di casa, nel condominio in cui accadono cose che voi umani: «Al piano sopra al mio, abita una signora, avrà una settantina di anni, forse settantacinque, non lo so e dopo ogni partita, la mattina, viene a salutarmi e a commentare: hai giocato bene, eh… Oppure anche, se ho giocato male, a darmi uno schiaffetto e dicendomi che avrei potuto far meglio».
QUESTA E’ VITA. Napoli, Italia: è un romanzo popolare che rotola in un pallone, va Nord a Sud, da Est a Ovest, e non conosce differenze, non soffoca emozioni, non evapora mai. «Qui, in Italia, il calcio è una meravigliosa malattia della quale sono contagiati tutti, dai giovani fino alle persone anziane». E Mertens è il collante generazionale di una città che lo ha eletto idolo quando ha scoperto d’essere dinnanzi ad una specie di fenomeno paranormale che nella sua esistenza ha trovato, manco fosse un rabdomante, la via del gol.
HAMSIK TI BATTO. Centoquattordici gol: ne manca uno solo per affiancare Sua Maestà, Diego Armando Maradona, e ce ne vorranno altri sette per affiancare Marek Hamsik, il re dei bomber dei novantatré anni di questo Napoli che Mertens vuol far suo, scolpendo il nome come se fosse una leggenda. «Credo di poter battere quel primato, le condizioni ci sono tutte. E se dovesse succedere, state certi, gli telefonerò per dirglielo, lo chiamerò di sicuro. Io sette anni fa quando sono arrivato non ci avrei mai pensato e ora che ci sono vicino penso che questo possa essere un traguardo importante, perché vuol dire aver rappresentato qualcosa di importante per Napoli. E io Marek lo avrei già potuto battere, se non gli avessi fatto tutti quegli assist che l’hanno aiutato, soprattutto nell’ultimo periodo, quando ha segnato tanto».
UN UOMO «TORO». Il Torino è un crocevia che si ripresenta: fu in quello stadio che Hamsik agganciò Maradona ed è stato contro i granata che Mertens ha dato il meglio di se stesso, quattro gol tutti in una volta con dentro un capolavoro, pallonetto con torsione, che ancora lo fa sorridere. «Ricordo tutto perfettamente di quella partita ed è stato un gran momento. La settimana prima avevo fatto una tripletta col Cagliari, poi ne arrivano altri quattro al Torino, è stato bellissimo. Quando feci quella prodezza, c’è stato qualcuno che ha pensato che avessi sbagliato, che volessi crossare, mentre io volevo proprio segnare: evidentemente, non tutti sanno di calcio. Ci aspetta una gara difficile, contro una bella squadra, che ha un allenatore che si affida a calciatori fisici: se li analizzi uno a uno, ti accorgi che sono forti, davvero, e noi dobbiamo dunque essere pronti a dare il massimo».
IL SOGNO. E’ Torino-Napoli alle diciotto e poi a seguire sarà Inter-Juventus: sarà vietato fare calcoli, ovviamente, e sarà proibito rallentare ancora, perché c’è un sogno, si chiama scudetto, che Mertens vuole accarezzare. «La lotta per il campionato è più aperta perché la Juventus ha qualche difficoltà a vincere facilmente come prima, ma sta facendo punti, come l’Inter. Non si possono perdere punti, per sperare che possa arrivare questa bella cosa». I napoletani, si chiamino Ciro o Dries, sono scaramantici.
Il futuro è un salto carpiato all’indietro per impadronirsi, ancora e semmai per sempre, della Grande Bellezza, ripescando la poesia declamata sussurrando standosene sulla seggiola, come i bimbi a Natale con i nonni e i genitori, e ripetendo sistematicamente, ma dolcemente, tutto ciò ch’è custodito nella memoria e che riesplode magicamente. E’ stato un ciclo, e non è ancora tramontato, ce n’è per qualsiasi gusto, forse ha pure la funzione della coperta di Linus, ma è soprattutto la rappresentazione d’una stagione intramontabile e d’un talento esagerato, combinato insieme dagli dei del football e lasciato folgorare sulla via del San Paolo, come un miracolo laico dei nostri tempi.
NOI SIAMO 57. Callejon, Mertens, Insigne, e pareva una filastrocca, ha racchiuso un’epoca avviata da Maurizio Sarri, costruita sull’afflizione per l’infortunio a Milik, esaltato per ben cinquantasette volte (in campionato) da una liturgia offensiva in cui perdersi. Si riparte da lì, in questa Torino che sa di catarsi tattica, probabilmente per riacquisire quella sicurezze smarrite chissà dove da una squadra che appena venti giorni fa ha preso a «ceffoni» il Liverpool e poi, dopo aver sbattuto in faccia al Cagliari, ha lasciato travolgersi da se stessa, da un’apatia che con il tridente non s’è (quasi) mai avvertito, perché il Napoli ha saputo essere pop e rock, nelle sinfonie dei tre tenori, ed ha riempito di sé una città stordendola con i suoi acuti graffianti.
L’ESTASI DEL GOL. Da destra a sinistra, c’è un centro di gravità permanente ch’è allegria allo stato puro e che infiamma ripensando ai 273 gol formati all’interno di un Progetto ch’è indiscutibile, è stato plasmato nell’ultimo decennio, è nato attraverso la scoperta di Insigne, si è arricchito con l’irruzione di Benitez, ha ricevuto l’imprimatur di Sarri ed ora ritrova la luce in Ancelotti, l’architetto d’una «ristrutturazione» del suo Napoli che s’è intrufolato tra la planimetria dell’Idea e la psicologia dei propri uomini per inseguire (umilmente) la loro natura, forse la vocazione o semplicemente quella tendenza a «sentirsi» l’uno contro l’altro, a campo aperto o anche blindato, nella buona e nella cattiva sorte come sull’altare del calcio.
MUSICA. Callejon, Mertens e Insigne è il «sogno» da rivivere, riproiettandolo nella sua versione contemporanea, distante ma mica poi tanto dal «varo» del 26 ottobre 2016, quando contro l’Empoli – non avendo più Milik ed avendo perduto da qualche mese el pipita – Sarri si tuffò sulla propria scialuppa e s’accorse che una squadra pattinava praticamente sull’acqua, in uno spettacolo da non perdersi. «Da da a do e da do a da» avrebbe detto Albanese celebrando Zeman, il più strabiliante showman offensivo d’un calcio che rapirà in eterno, e lasciando che le luci della nostalgia restassero sul palcoscenico ad illuminare il tridente.
11 successi nelle ultime 14 partite casalinghe in Serie A per il Torino (1N, 2P): tante vittorie quante nelle precedenti 27 gare interne per i granata.
Probabili formazioni
Torino (3-5-2): Sirigu; Izzo, Nkoulou, Lyanco; De Silvestri, Baselli, Rincon, Meité, Ansaldi; Verdi, Belotti. All. Mazzarri
Indisponibili: Zaza
Squalificati: Bremer
Napoli (4-4-2): Meret; Di Lorenzo, Manolas, Luperto, Ghoulam; Callejon, Allan, Ruiz, Insigne; Mertens, Lllorente. All. Ancelotti
Indisponibili: Maksimovic, Mario Rui
Squalificati: Koulibaly
Statistiche Opta
Il Torino ha vinto solo uno degli ultimi 14 incontri di Serie A contro il Napoli (1-0 nel marzo 2015): completano 10 successi azzurri e tre pareggi – precedentemente i granata avevano ottenuto tre vittorie consecutive.
Il Napoli ha vinto gli ultimi quattro incontri esterni di Serie A contro il Torino, realizzando 13 reti (3.3 di media a incontro) – tanti successi quanti nelle precedenti 13 in casa dei granata per i partenopei.
Il Torino è la squadra che ha vinto il maggior numero di match casalinghi nel 2019 in Serie A: 10 su 13 (1N, 2P) – dall’altra parte, il Napoli è la formazione con il miglior attacco in trasferta nello stesso periodo nella massima serie (30 gol in 13 gare).
11 successi nelle ultime 14 partite casalinghe in Serie A per il Torino (1N, 2P): tante vittorie quante nelle precedenti 27 gare interne per i granata.
Il Napoli ha perso due delle prime sei partite di questo campionato: nell’era dei tre punti a vittoria i partenopei non sono mai arrivati nelle prime quattro posizioni quando hanno ottenuto tante sconfitte a inizio stagione.
Il Napoli ha segnato almeno due gol in tutte le ultime sette trasferte di Serie A: solo nel 2017 ha fatto meglio, quando i partenopei toccarono quota 10.
Il Torino è la squadra che ha segnato di più in seguito ad un cross in questo campionato: quattro reti, inclusa quella di Ansaldi nell’ultimo match contro il Parma.
Già tre gol con i propri difensori per il Napoli in questa Serie A, nello scorso campionato la prima rete dei partenopei con il reparto arretrato arrivò a dicembre e a fine stagione arrivarono a quota cinque reti totali.
Nello scorso campionato di Serie A Simone Verdi ha giocato 22 partite con la maglia del Napoli, segnando tre gol – la prima rete del classe ’92 nella massima serie è arrivata proprio contro i partenopei, nel 2014 con la maglia dell’Empoli.
Il record di gol in una singola partita di Serie A dell’attaccante del Napoli Dries Mertens è stato proprio contro il Torino, nel dicembre 2016 (quattro reti).
fonte:corrieredellosport