Italia,Mancini da record

16 novembre 2019 | 09:01
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Italia,Mancini da record
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Italia,Mancini da record

Gli azzurri centrano la nona vittoria su nove nelle qualificazioni, la decima consecutiva per il primato del ct che supera Pozzo. Tonali titolare, Pjanic ko, esordio assoluto in nazionale per Castrovilli

Iberniamoli tutti, ct compreso, e tiriamoli fuori dal congelatore alla vigilia del debutto nell’Europeo. In questo momento nessuna squadra italiana gioca come l’Italia e nessuna nazionale europea gioca come la nostra. Tre a zero in trasferta, con 90 minuti di assoluto spettacolo, con azioni da stropicciarsi gli occhi, con giocatori che in campionato stanno fuori (Florenzi), o vengono fischiati (Bernardeschi), o sono furiosamente discussi (Insigne) e che in questa squadra si trasformano, riprendendo le loro vere sembianze. Con ragazzi che debuttano da titolari e sembrano già vecchi: Tonali gioca nel Brescia, è appena arrivato dalla Serie B, ha 19 anni, prende il posto di Verratti, che invece da 8 stagioni gioca in Champions League, e nessuno si accorge della differenza. Col duello Belotti-Immobile per il posto da centravanti non ancora assegnato che li sta costringendo ad alzare il livello della competizione e di conseguenza li sta aiutando a spingere sempre di più, come ha fatto ieri Belotti. Ci sforziamo a trovare un difetto, ma c’è. Si tratta di un difetto congenito a cui sarà difficile trovare una soluzione: ci mancano centimetri e sui calci d’angolo si è visto bene anche stavolta.

E’ davvero complicato spiegare cosa è accaduto agli azzurri in due anni esatti. Se uno si mette davanti alla tv senza sapere che quella è una selezione e la vede giocare in Bosnia, ma anche con la Finlandia, anche con la Bosnia in casa (nel secondo tempo) pensa di trovarsi di fronte a una squadra di club, top club, che gioca insieme da anni. Si trovano tutti: Bonucci alza la testa e ha almeno due opzioni di passaggio; Jorginho dà un’occhiata davanti a sé e vede aprirsi a ventaglio l’intero attacco; Bernardeschi vola sulla destra e ha tre possibilità per finire l’azione, il primo palo, il secondo e l’uomo che arriva a rimorchio in mezzo all’area, qualunque scelta faccia ci troverà un azzurro pronto a colpire.
L’ideatore (e realizzatore) di tutto questo è Roberto Mancini, che tiene lontano il paragone con Pozzo per il record delle vittorie consecutive (ora sono 10 per Mancio che ha così superato il suo antico collega). Lo tiene lontano perché nella sua mente c’è ben altro, c’è un Europeo a cui ci stiamo avvicinando da protagonisti, un Europeo che, con la vittoria di ieri sera, ci assegnerà anche la carica di testa di serie.
Restiamo così, con queste convinzioni, con questo gioco, con questa voglia di sorprendere e di imporre il nostro marchio fino a giugno. Senza illuderci ma consapevoli della nostra nuova forza. Oggi, se noi guardiamo la Francia di Mbappé e Griezmann siamo preoccupati quanto lo sono Mbappé e Griezmann a guardare la squadra dell’Italia.

Al gol del 3-0, splendido, lo stadio si è alzato in piedi è si è messo a battere le mani. Come lo Stadium per CR7. Stesso show dedicato a… Bernardeschi prima e a Donnarumma poi, al momento della sostituzione. Finiva l’imbattibilità quinquennale del Bilino Polje, la Bosnia rimediava una lezione senza appello, arrivava il record storico dell’Italia, alla decima vittoria di fila. Ma l’unica cosa da fare, anche per gli strapazzati bosniaci, era applaudire la banda Mancini, che ha suonato una musica di prim’ordine. Se il ct, e noi con lui, voleva delle risposte da questa partita le ha avute, forse addirittura troppo positive. Però sarebbe sciocco negare l’evidenza: questa Italia, almeno questa, è giovane, bella, gioca bene, si vuole bene, si piace e piace, come per altro si conoscesse da dieci anni e non da dieci mesi. Acerbi, Insigne e Belotti hanno messo la firma, e che firme, su un successo assolutamente collettivo, protetto da un ottimo Donnarumma, propiziato da un signor Bernardeschi, alimentato dalle giocate di Jorginho e Barella e dalla vera stella nascente del nostro calcio: Sandro Tonali.

Sì, la Bosnia, quarta nel girone, è in un momento di involuzione assoluta (e lo spareggio di marzo potrebbe non bastarle), ma in campo non era rappresentata da carneadi: Dzeko, Pjanic (uscito malconcio nella ripresa), Kolasinac, Krunic, per dire, è gente vera. Ma non c’è stata storia. Decima vittoria, 6 successi esterni di fila, almeno 2 gol a partita nelle qualifiche (28 totali: solo Belgio e Inghilterra hanno fatto meglio) e ruolo di testa di serie certificato per gli azzurri, oltre che aspettative ulteriormente lievitate a Euro 2020.

SPETTACOLO. La partita? Se Prosinecki aveva svelato le sue scelte alla vigilia, Mancini ha sciolto gli ultimi dubbi in giornata. Fiducia a Florenzi, accantonato da Fonseca, e al baby Tonali, preferito a Zaniolo per maggiore attitudine al ruolo di vice Verratti, doppio play con Jorginho. Per il resto ci sono Emerson basso a sinistra e Bernardeschi alto a destra, a segnare le attuali gerarchie nelle rispettive posizioni rispetto a Biraghi e Chiesa.
Stavolta, come annunciato, c’è il Gallo in campo (e Immobile in panchina) a fare a sportellate contro Bicakcic-Kovacevic. Dzeko, spalleggiato da Visca, dopo una manciata di secondi, suona la carica. Ma superato il canonico quarto d’ora che spetta a ogni squadra di casa a caccia di riscatto, è la Nazionale che si prende il Bilino Polje da squadra consapevole e matura. E la partita le scivola in tasca grazie a una prestazione di sostanza e qualità. Il fatto è che gli uomini usciti dai ballottaggi viaggiano che è un piacere. Da Florenzi padrone di se stesso e protagonista di un match preciso, a Tonali, tutto semplicità e applicazione con livelli di gioco da veterano (tra l’assistenza a Jorginho e la copertura di Pjanic), per arrivare a Bernardeschi, efficace in percussione, a destra e a sinistra come nei suoi giorni migliori, fino a Belotti, inesauribile con e senza palla.
E lo spettacolo che l’Italia offre a Zenica, giocando alto, difendendo e lottando con lucidità, è per lunghi tratti tra i migliori della gestione Mancini. Prosinecki aveva provato a studiare un assetto più meditato ma Pjanic non è riuscito a dare i tempi che gli sono noti nella Juve,anche perché poco assistito da compagni modesti, con Besic e il milanista Krunic appannati. Come detto, Dzeko ha giocato da capitano, mostrando a tratti qualcosa di sé stesso, prima di arrendersi all’evidenza. Ripresa accademica, buona per gli esordi allo scadere di Castrovilli e Gollini (22 deb totali su 52 giocatori schierati). E ora gran finale a Palermo.

fonte:corrieredellosport