La metamorfosi di Lorenzo Insigne -Conta il modulo di Mancini 

17 novembre 2019 | 09:15
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La metamorfosi di Lorenzo Insigne -Conta il modulo di Mancini 
La metamorfosi di Lorenzo Insigne -Conta il modulo di Mancini 
La metamorfosi di Lorenzo Insigne -Conta il modulo di Mancini 
La metamorfosi di Lorenzo Insigne -Conta il modulo di Mancini 

Lorenzino azzurro. Fratello d’Italia: più Italia che Napoli, sì, è così ormai da un po’. E un episodio datato luglio torna inesorabilmente d’attualità: «Scusi, Insigne, perché gioca meglio in Nazionale?», gli chiese testualmente un tifoso a Dimaro. E lui, un po’ interdetto: «Io non vedo questa differenza. Poi è normale che in Nazionale mi trovo più a mio agio, giocando con un altro modulo». Ovvero, il 4-3-3. La storia, rinverdita dalla prestazione di venerdì a Zenica con la Bosnia, con tanto di gol che è una delizia, racconta esattamente questo. Cronaca.

Però non è soltanto una questione tattica, no: a dover essere chiarito, una volta per tutte, è innanzitutto il rapporto tra Insigne e la città. La gente. Il San Paolo: impietoso, irritato, spesso ingeneroso nei suoi confronti. Battibecchi a gogò negli anni e diluvio di fischi con il Genoa. Come a dire: è lui, il capitano, il più colpevole del gran rifiuto collettivo di rispettare il ritiro. La pressione è alle stelle, inutile negarlo: e forse, una delle risposte alla curiosità del tifoso di cui sopra è tutta nei sorrisi di Lorenzo tinti d’azzurro. Azzurro Italia.

L’AGIO DEI NUMERI. E allora, corsi e ricorsi: a Napoli soffre e in Nazionale fa scintille. Eppure, l’uomo è lo stesso: sempre lui, sempre uguale. O forse no: nel senso che a cambiare sono il contorno, cioè l’atmosfera, e ovviamente anche i tempi e i modi del gioco. Ancelotti, dal canto suo, ha provato a metterlo nelle migliori condizioni sin dalla preparazione estiva: lui ha chiesto di tornare a sinistra ed è stato accontentato. Niente più incarichi da seconda punta, quelli che in pratica oggi spettano prevalentemente a Lozano, e via di nuovo a casa. Però nel 4-4-2. E se vogliamo parlare di numeri e sistemi, citando la spiegazione-Nazionale fornita da Lorenzo in persona nell’incanto delle Dolomiti: «Giocando con un altro modulo mi trovo più a mio agio».

LA GIOIA. Da domani, o meglio da quando torneranno alla base i giocatori impegnati in giro per il mondo e il gruppo sarà completo, al centro sportivo di Castel Volturno potrebbero anche andare in scena prove di 4-3-3: Ancelotti carezza l’idea, la valuta. E magari in vista del Milan la testerà anche sul campo consapevole che soprattutto in attacco, tra Lorenzo, Mertens, Callejon e Lozano, sarebbero tutti pronti. Felici e contenti. Ma questa è una storia secondaria: importante, per carità, ma comunque non primaria per spiegare il dato di fatto. Ovvero: anche in Bosnia, con la pelle tinta d’azzurro Nazionale, Insigne è apparso più leggero e gioioso. Ecco, il nodo principale è questo: lui ha la necessità di tornare a divertirsi anche con il Napoli. A Napoli.

IN TRASFERTA. La città della gioia? Una volta, facciamo fino a un annetto fa: Hamsik va via, Lorenzino diventa il capitano napoletano della squadra e qualcosa comincia a girare male. Paradossale ma vero: il pubblico, sempre estremamente esigente con i profeti della patria, lo becca più volte e lui, sbagliando, reagisce. Poi si scusa. E poi rompe con Carletto. E poi ricuce. E poi ancora. E si parla di mercato, di contratto, di ritiri rinnegati e così via: non c’è pace. E senza pace, a questo punto è palese, non c’è Insigne: la scena di lui che esce a capo chino con il Genoa, sommerso dai fischi, è emblematica. Come con l’Arsenal: come se fosse sempre il più colpevole dei momenti difficili. Responsabilità? Certo, ne ha avute e ne ha come tutti i colleghi, ma questa storia va risolta. Il Napoli, del resto, ha bisogno del suo talento e delle sue giocate: Salisburgo insegna. Come Firenze, Lecce e anche Zenica: le città dei suoi gol stagionali. Sempre in trasferta e mai al San Paolo, finora: sarà un caso? Forse. O forse no.

fonte:corrieredellosport