Napoli,Meno di due mesi fa il successo sul Liverpool. Il clima a Napoli è sempre piu’ soffocante.Ora serve lucidità di pensiero e di azione e, infine, fortuna.
C’è la rivolta, la restaurazione e la gogna. Tutti gli ingredienti della storia di una città dove il senso di identità è così forte che perfino la cronaca ha, stampata addosso, la memoria di ciò che è già accaduto. Ieri Garella, Giordano, Ferrario e Bagni additati come i capi dell’ammutinamento alla folla di piazza dei Martiri. Nel commento del mitico Giuseppe Pacileo sul Mattino, i nomi dei giocatori scomparvero nella partita successiva, sostituiti dai soli numeri di maglia. Oggi il lavacro dell’allenamento aperto al pubblico del San Paolo, i fischi e le monetine quasi “telefonate”, evitabili con un rinvio ma non evitate, e quindi scientemente volute. Perché lo schiaffo di un ritiro disertato va lavato in piazza.
C’è in quest’eterno ritorno di Napoli una cifra di immaturità esistenziale che pervade i protagonisti, tutti, e che dimostra come il calcio in Italia resti in un tempo sospeso, in cui l’azienda moderna sta insieme al padre padrone, la star al salariato, la responsabilità alla vendetta. È una vendetta quella consumata dal presidente a danno dei ribelli di Castel Volturno. Che pure non hanno mai sognato la rivoluzione, non avendo alcun disegno che non fosse il loro comune cattivo umore per i contratti non rinnovati, per i punti perduti e per quei palloni che, contro il Salisburgo, non volevano saperne di abbassarsi sotto la linea della traversa. Tutti dannatamente alti, che a tirare fosse Zielinski o Insigne, o piuttosto Ruiz. Quasi che lo spirito, desideroso di scappare altrove, impedisse al corpo di regolare il baricentro come la tecnica insegna.
Quella di Napoli è stata appena una modesta rivolta. Il fatto che sia avvenuta non a maggio, a stagione finita e perduta, ma a novembre, quando tutto è ancora in gioco, mostra la debolezza strategica dei ribelli e dei restauratori. A novembre la ragione insegna che non si scassa, allo stesso modo con cui non si fanno epurazioni e non si stracciano progetti. A novembre niente è perduto, a patto che si abbia il coraggio di guardare a ciò che è stato per quello che è stato: uno scoppio d’ira dei figli contro i padri, ma anche dei figli che giocano a fare i padri contro i figli, e in assenza dei padri. Rimettere le caselle a posto non sarà facile, perché il tempo sospeso di Napoli non è un tempo fermo, ma un tempo che porta il futuro nel passato. E nel passato di De Laurentiis tutti i conflitti finiscono con divorzi insanabili.
Mai come oggi la squadra e la città raccontano una controversa coincidenza. Il Napoli, che per anni è parso la felice eccezione di Napoli, rischia di riavvicinarsi alla dannata incompiutezza della sua metropoli, di consumarsi nelle sue emozioni forti. Servono aria, tempo, lucidità di pensiero e di azione e, infine, fortuna. Il viaggio del presidente negli States può decongestionare l’ambiente. Tutto il resto dipende da Ancelotti.
Meno di due mesi dopo il successo sul Liverpool, il clima per gli azzurri si fa soffocante. L’allenamento open voluto da De Laurentiis innesca la contestazione di 600 tifosi
Ma chi l’avrebbe sospettato, appena cinquantadue giorni fa, dopo “l’impresa” sul Liverpool, che poi sarebbero mancate soltanto le uova, come dopo Mexico 70, tra quei fumogeni e quelle monetine, quegli insulti e quell’ironia sferzante? Clamoroso al San Paolo, a due settimane dal blitz di Salisburgo e da quel clima favolistico, perché nella luna di fiele che comincia alle quattordici d’un pomeriggio surreale c’è l’ira di un centinaio di tifosi, sintesi d’un pensiero ricorrente, che sistema il Napoli – che sta per squadra – nel bel mezzo d’una contestazione che poi s’allarga, approda sugli spalti, viene fatta propria dai cinquecento abbonati per i quali sono state aperte le porte del San Paolo, e sommergono, per un po’, di fischi quei calciatori che da eroi sono trasformati in “colpevoli”.
I REIETTI SONO NUDI. La tre giorni più rovente degli ultimi quindici anni diviene incandescente quando a Fuorigrotta s’odono i motori dei suv e dei fuoristrada e sul vialetto che conduce al passo carraio, quello che devono imboccare i giocatori per presentarsi al primo allenamento “live”, s’alzano i cori e volano centesimi di euro che servono per dimostrare, in maniera inequivocabile e in stile provocatorio, lo stato d’animo di una parte della tifoseria che, dopo aver assistito alla “querelle” dell’ammutinamento, decide da che parte: contro i calciatori, “reietti” nudi a cui non viene negata né l’etichetta di «mercenari», né l’invito di andare via, «a Parigi» per Allan o dovunque per Insigne.
INSOLITO. L’ultima, possente contestazione si perde nella notte dei tempi, perché stavolta in cento o centocinquanta scelgono di farsi sentire con uno striscione che “saluta” i calciatori con uno striscione esauriente e gigantesco («Rispetto») e un sottofondo musicale ch’è preferibile scansare, semmai fosse possibile. Ma questo è soltanto il primo tempo, perché nella “ripresa”, quando invece il Napoli scende in campo e sugli spalti ci sono cinque o seicento tifosi – ma non la stampa, per scelta del club – il comitato di accoglienza ci dà dentro di brutto e non fa sconti: ce n’è per tutti e l’atmosfera diventa (quasi) insopportabile per un po’, termometro di una insofferenza che anche attraverso le allusioni registra il primo, autentico strappo di questa epoca. «Ci vediamo in discoteca….».
TREGUA. Poi cala il silenzio, per un po’, e il Napoli può allenarsi, pur restando percepibile il distacco, che una mossa da scugnizzo di Dries Mertens quasi (quasi) azzera: una passeggiatina nei pressi dei distinti, una manina che saluta e che quasi sembra volersi scusare per una situazione divenuta paradossale, una maglietta che vola tra la gente e un applauso, il primo, che serve per tentare di piombare in quel passato, peraltro recentissimo, da libro Cuore. C’eravamo tanto amati e può darsi succeda ancora, di nuovo, se dal campo arriveranno messaggi concreti: per ora, contro il Genoa, al San Paolo farà freddo, ma non lo dicono quelli del meteo. Ventimila spettatori appena: neanche questo si sarebbe sospettato cinquantadue giorni fa…
Fonte:corrieredellosport