Oltre il silenzio: «Cum tacent, clamant » (Tacendo, gridano)
Chi? Tacendo, gridano? Le donne. Le donne soggette a soprusi e violenze. Potrei addentrarmi nei labirinti antropologici, filosofici, sociologici, psichiatrici, per indagare le ragioni aberranti della violenza sulla donna, ma il convegno di Dugenta m’impone di andare “oltre il silenzio” con le mie povere armi di teologo. Quale può essere il modello di chi vuole coltivare il silenzio? Maria! Lei è veramente la “Vergine del silenzio” perché serbava le cose del Figlio suo, meditandole nel cuore. Una bella meditazione di Chiara Lubich ci conduce ancora più in profondità su questo tema: «Anche Maria ha parlato. E ha dato Gesù. Nessuno al mondo fu apostolo più grande. Nessuno ebbe mai parola come lei che diede alla luce il Verbo incarnato. Maria è veramente e meritatamente Regina degli Apostoli. E lei tacque. Tacque perché in due non potevano parlare. Sempre la parola ha da poggiare su un silenzio, come un dipinto sullo sfondo. Tacque perché creatura. Perché il nulla non parla. Ma su quel nulla parlò Gesù e disse Se stesso» . Maria dunque ha parlato con il suo silenzio, che non fu certamente un silenzio vuoto, ma un silenzio che ci ha dato l’unica Parola che mai fallisce.
La Scrittura ha vari modi di identificare il silenzio e il nostro atteggiamento al suo riguardo; una prima interpretazione usa il “silenzio” connotandolo negativamente: «A te grido, Signore; non restare in silenzio» (Sal 28,1); «Se il Signore non fosse il mio aiuto, in breve io abiterei nel regno del silenzio» (Sal 94,17). Di contro ne fa un altro uso che ci schiude le porte al valore positivo del silenzio: «Sto in silenzio, non apro bocca, perché sei tu che agisci» (Sal 39,10); «Lo stolto alza la voce mentre ride; ma l’uomo saggio sorride appena in silenzio» (Sir 21,20). Ma per rispondere anche al tema dell’articolo consiglio il libro della teologa Barbara Pandolfi. Oltre il silenzio che lungo i secoli ha nascosto la vicenda umana, spirituale e culturale di molte donne, è possibile oggi recuperare nomi e volti di figure femminili significative e importanti senza le quali la nostra storia sarebbe diversa. La conoscenza delle donne presentate in questo volume ci sollecita a prendere consapevolezza di una visione parziale che lungo i secoli ha rischiato di oscurare la novità che il cristianesimo delle origini ha proposto e realizzato anche attraverso le donne, incarnando l’assoluta originalità del messaggio evangelico per uomini e donne. Leggere la storia da una prospettiva diversa può contribuire a ri-scrivere con parole nuove la vicenda umana e il messaggio cristiano, spingendoci a trovare strade inedite riguardo alla presenza delle donne e al loro contributo nella riflessione teologica . Concludo ricordando una frase del Mahatma Gandhi: « Ritengo che la donna sia la personificazione di quella che io chiamo “non violenza”, che significa amore infinito capace di assumere il dolore. Permettiamo alla donna di estendere questo amore a tutta l’umanità. A lei è dato di insegnare la pace a un mondo lacerato».
Aniello Clemente