Roma -Napoli a Rocchi l’uomo giusto nella gara piu’ difficile

2 novembre 2019 | 07:16
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Roma -Napoli a Rocchi l’uomo giusto nella gara piu’ difficile
Roma -Napoli a Rocchi l’uomo giusto nella gara piu’ difficile
Roma -Napoli a Rocchi l’uomo giusto nella gara piu’ difficile

Sara’’ Gianluca Rocchi della sezione di Firenze l’arbitro di Roma-Napoli che si giuochera’ alle ore 15:00

509 partite dirette, oggi terza volta con le due squadre Rocchi, personalità e capacità: l’uomo giusto nella gara più difficile

L’arbitro Rocchi parla con Nainggolan durante l’ultima sfida Roma-Napoli da lui diretta: si è giocato il 14 ottobre 2017, vittoria degli azzurri per 1-0 con gol di Insigne

251 Gare in Serie A Rocchi ha esordito nel 2003-04

1 Supercoppa Uefa Nel 2017 dirige Real Madrid-United

509 Gare in carriera per Gianluca Rocchi tra Italia, Uefa e Fifa

45 Gare in Champions Tra preliminari e torneo principale

220 Rigori assegnati Rocchi ha fischiato circa 1 rigore ogni 2 gare

Gimme me five, Rocchi. L’uomo giusto, nella partita più complicata. Roma-Napoli, sull’onda dei veleni, tossine di polemiche, rivoli di livori dopo quello che è e non è successo nell’ultimo turno. Spieghiamo il Gimme me five: nel mare tempestoso dei social, torna a galla in queste ore quel «batti cinque» con Bonucci che ha scatenato le ire dell’Italia che non tifa Juventus. Inter-Juventus, ottobre, meno di un mese fa. Partita – tra l’altro – arbitrata molto bene. Rocchi può permetterselo. Ha stile (sobrio), personalità, capacità di gestione degli uomini e delle situazioni. Rizzoli l’ha designato (anche) per questo. E’ il fischietto più longevo della Serie A (con il collega Tagliavento), professionista da vent’anni, debutto in A nel maggio 2004 Lecce-Reggina, internazionale dal 2010; 509 partite ufficili (251 in Serie A), uno che l’anno scorso ha vinto il premio Aic – miglior fischietto italiano – ed è stato nominato il 6° miglior arbitro del mondo. Ecco: Rocchi all’estero gode della massima stima da parte dei vertici dell’Uefa. A fine stagione smetterà per raggiunti limiti di età. Ne ha fatti 46 ad agosto. Per l’Aic oltre non si può. Nessuna deroga. Per l’Uefa invece Rocchi è (sarebbe) ancora abile e arruolabile. Tanto che gira(va) già il suo nome come fischietto della finale di Champions League 2020 a Instanbul (nel caso nessuna italiana arrivasse all’atto conclusivo), tanto che si pensa(va) a lui (con Orsato) come rappresentante italiano a Euro 2020. Per ora Aic vs Uefa 1-0, c’è poco tempo per la rimonta.

IDENTIKIT. Fiorentino, agente di commercio, sposato, due figli, vive a Soffiano, sulla strada per Scandicci, ex centrocampista (della Cattolica Virtus), una passione smodata per i Coldplay, prima partita arbitrata a San Casciano a 15 anni, Collina il modello, Braschi il collega che ha stimato di più. Amico di Matteo Renzi. Sono stati colleghi: da adolescenti arbitravano entrambi. Cinque anni fa – dopo uno Juventus-Roma in cui finì nel tritacarne mediatico – Rocchi – in un’intervista alla RAI – ci mise la faccia, spiegò dove e come aveva sbagliato, lo fece con serenità e chiarezza. Fu apprezzato da tutti. Finalmente, si disse. Finalmente un arbitro che (si) spiega. Curriculum di prestigio: una finale di Champions (arbitro di porta nel 2013, Bayern-Borussia Dortmund diretta dall’amico Rizzoli), una di Europa League da primo arbitro, una Supercoppa Uefa, una partecipazione ai Mondiali (Russia 2018) e due finali di Coppa Italia. Uscito pulito e assolto da Calciopoli (l’accusa aveva chiesto 16 mesi). Stelletta al merito: è stato il primo arbitro ad aver sospeso una partita per episodi di razzismo. Milan-Roma, 2013. Stavano vomitando insulti su Balotelli. Rocchi sentì, fischiò, fermò tutti. Sarà il secondo Roma-Napoli all’Olimpico, ne ha diretto uno al San Paolo: una vittoria per uno sul proprio campo. La Roma è la squadra che ha arbitrato di più in carriera (41 volte), 37 le direzioni del Napoli. A futura memoria, riportiamo qui una dichiarazione di Rocchi datata agosto. «La Var è preziosa, ma è una ciambella di salvataggio: alla fine chi decide deve essere l’arbitro». Amen. E andiamo (al Var) in pace.

Tavecchio: Il Var serve per evitare gli errori, va usato

«Gli arbitri hanno potere decisione, la devono usare il Var, è uno strumento che serve ad aiutarli»: così Carlo Tavecchio, ex presidente della Federcalcio, intervenendo a Radio Punto Nuovo. «Il Var ha bisogno di protocolli certi, il protocollo dà ancora tanta libertà di giudizio agli arbitri che spesso, però, sbagliano. Nelle questioni d’area di rigore il Var dovrebbe avere anche più potere, ma ad ora non è così.Il potere dell’arbitro non è mai stato messo in discussione, il Var non è eludibile, è uno strumento per evitare gli errori».
Aristotele lo chiamava un bollore intorno al cuore. Questo fa la rabbia. Sia la Roma sia il Napoli se la portano dentro da qualche giorno per cose di campo, cose di calcio, dunque piccole – ma non piccine, fondamentali per chi di calcio vive: un arbitro che fischia o non fischia, un risultato che prende un’altra strada. Non basta a restare indifferenti averne già viste tante. Anzi. Fa sempre l’effetto che stavolta sia una più dell’abbastanza. Eppure, oggi che sono di fronte, per Roma e Napoli deve contare altro. È la partita degli ultimi anni intorno alla quale si sono mosse più tensioni, queste sì davvero grandi, per potercene permettere altre.

Non esiste una sola maniera di reagire alla sensazione di un’ingiustizia. Vivere da vittima è rischioso prima per se stessi. Sentirsi sotto assedio porta ad aggredire per primi, a vivere sul filo dei nervi, a cercare spiegazioni fuori di sé. Ci si condanna a una labilità. Ogni piccolo gesto esterno viene vissuto come una conferma delle proprie convinzioni. Spinge alla marginalità, a una condizione di disagio e diffidenza. È una continua e ostinata ricerca di una conferma ai propri sospetti. In psicoterapia si direbbe una vita trascorsa in una fortezza di sabbia. È un’esistenza alienata, un inferno.
Non che la rabbia vada sottovalutata. Sulla rabbia collettiva, lo vediamo, sono state costruite scalate in politica. Il punto è saperla trasformare in energia. La rabbia ha spesso buone ragioni, anche quando ha una cattiva stampa. La rabbia non sprecata è un’occasione. Il segreto è arrestarla prima che diventi autodistruttiva. Farne una bandiera rende tutto più faticoso. Peggiora l’umore e il rendimento. La necessità di un gesto forte, netto – la necessità di un gesto chiaro – rompe un diaframma. Reagire e ribellarsi a quella che viene vissuta come una prevaricazione scuote dall’inerzia ma non può diventare un atteggiamento costante. Non può essere un assetto di volo. In un suo bel libro, Rabbia e perdono, Martha Nussbaum scrive che arriva sempre il momento in cui si deve guardare al futuro senza puntare sull’ira come strumento per una rivalsa. Esiste un’arte nel fermarsi un attimo prima che la vita diventi un regolamento di conti. Nel loro piccolo ma non piccino esercizio di gestione della rabbia, Roma e Napoli sono oggi pomeriggio a questo punto qui. Hanno gridato perché dovevano. Come dice Catharine MacKinnon a proposito della questione femminile: “Togli il tuo piede dalle nostre gole e potrai sentire con quale voce parliamo”. Ora giochiamo.

fonte:corrieredellosport