Sciopero benzinai: impianti chiusi in tutta Italia il 6 e il 7 novembre
Benzinai in sciopero per due giorni, su strade e autostrade di tutta la Penisola. La protesta dei gestori di Faib Confesercenti, Fegica Cisl e Figisc/Anisa Confcommercio porterà, il 6 e 7 novembre, alla chiusura degli impianti su tutto il territorio nazionale, dalle 6 di mercoledì fino alle 6 di venerdì 8.
Lo sciopero
Le ragioni sono da cercare nel «silenzio del governo» di fronte «alla strage di diritti cui viene sottoposta la Categoria dei Gestori». «Lo sciopero – si legge in una nota congiunta – è anche contro le compagnie petrolifere e la miriade di titolari di impianti, piccoli, medi e grandi, cresciuti sull’illegalità contrattuale». I gestori protestano contro la fatturazione elettronica, l’introduzione degli ISA, i registratori di cassa telematici per fatturati di 2 mila €/anno, l’introduzione di documenti di trasporto (Das) e modalità di registrazione giornaliera, in formato elettronico, da digitalizzare a mano». Adempimenti inutili. Provvedimenti che «duplicano le incombenze burocratiche senza alcuna valenza sulla lotta all’illegalità o alla infedeltà fiscale, lasciando in pace gli evasori di continuare a fare business anche nel nostro settore che appare sempre più inquinato dalla criminalità organizzata».
«Totale assenza»
«Nonostante la dichiarazione di sciopero fosse nota da settimane – si legge nel comunicato – il ministero dello Sviluppo Economico ha dimostrato la sua totale assenza». Un grave atto di irresponsabilità – secondo i gestori – anche verso i cittadini, che saranno chiamati a pagare con gli inevitabili disagi il conto di una politica governativa «sempre più orientata ad assumere provvedimenti di impatto mediatico, anziché soluzioni per le categorie produttive, e a favorire, indirettamente, il sistema bancario».
Marginalizzati
«Con questa politica – concludono le associazioni – il Governo sceglie di marginalizzare la nostra Categoria, anche attraverso la moltiplicazione di adempimenti fiscali, tanto inutili quanto dispendiosi, senza avere il coraggio di mettere le mani – riordinandola – in quella illegittima giungla contrattuale della quale si avvantaggiano solo soggetti che – fuori da ogni regola e, spesso da ogni legalità – continuano a tenere in ostaggio un settore che contribuisce con circa 40 miliardi/anno al bilancio dello Stato». La protesta arriverà in piazza, a Montecitorio, con la minaccia che «la battaglia per i diritti va avanti e a questo seguiranno altri scioperi e altre azioni di protesta».
CORRIERE DELLA SERA