Mazzarri e il momento peggiore da quando è al Toro: se perde rischia seriamente di essere esonerato
L’ultimo successo in A per Mazzarri contro la Juve risale a gennaio 2011: da allora l’allenatore granata ha ottenuto cinque pareggi e cinque sconfitte, tra Napoli, Inter e Torino
Nell’era Cairo solo una volta il Torino aveva subito almeno 5 sconfitte nelle prime 10 in A: nel 2008/09 (6 ko), stagione in cui a fine anno arrivò la retrocessione
Derby da centrifuga, serve la lucida follia del Torino. Quella squadra che sa toccare punte da Champions League ma che, stasera, in balìa delle onde deve pure tenersi caro un allenatore nel proprio peggior momento da quando è sotto la Mole. La Juve ha inflitto a Walter Mazzarri la sua prima sconfitta come tecnico del Toro – febbraio 2018 – e adesso potrebbe spingerlo giù da un burrone. Tanto più che la vigilia della stracittadina non ha esattamente i migliori auspici: guai alla coscia per Iago Falque, lo spagnolo starà fuori circa tre settimane. Dentro o fuori, per Mazzarri. Il sapore è più o meno quello, la sensibilità al risultato di un derby resta la stessa di quasi due anni fa e un’allegata rivoluzione in panchina. I tifosi hanno voluto guardare negli occhi i giocatori, il pre-partita resta più delicato che mai. Le rassicurazioni del presidente Cairo non chiudono la porta a un esonero, in caso di nuovo scivolone. Mazzarri torna al proprio posto questa sera, dopo aver scontato un turno di squalifica. Sotto forma di record, oltretutto: è stato il primo allenatore fermato da giudice sportivo per somma di ammonizioni, la novità introdotta quest’anno. Rischia di essere l’anticamera di un benservito anche da parte del proprio club. Situazione tragicomica, se tornasse in panchina giusto il tempo di saltare.
QUEL PRECEDENTE. Ci sono allora tutti gli ingredienti per fare del derby un discreto crocevia. Il Torino ne ha vinto solo uno, degli ultimi ventisei. Chiedere a Mihajlovic, ad esempio: lui sì che finiva nel tritacarne per una sconfitta – in Coppa Italia – contro la Juve. Era il gennaio del 2018, dopo un consulto notturno la patata bollente passava a Mazzarri che è stato pure l’allenatore di un Toro imbattuto in trasferta per tutto il girone d’andata dell’anno scorso. Intanto si gioca in casa, stavolta: al netto delle quattro sconfitte di fila in viaggio – unico successo in campo neutro, peraltro, a Parma contro l’Atalanta – non è un dettaglio. Come a dire: rovesciato il rendimento e rovesciato pure il Toro, con tutte le certezze granitiche lasciate da una stagione in zona europea. Non è ancora successo che il Torino gestito da Mazzarri restasse a secco di vittorie per tre partite interne di fila, adesso il rischio è dietro l’angolo. Altre inquietudini del caso: con Cairo al timone della società, solo una volta si erano verificate almeno cinque sconfitte nelle prime dieci giornate. Stagione 2008-09, il risultato fu la retrocessione.
ESTREMITA’ OPPOSTA. Se è davvero un cerchio che si chiude, potrà dirlo la partita di stasera e l’umore presidenziale in caso di passaggio a vuoto. Di sicuro c’è che questo derby del Torino non assomiglia per niente all’ultimo. Si presenta all’estremità opposta, perchè lo scorso aprile un gol di Cristiano Ronaldo allo scadere mandava per aria la resistenza granata all’Allianz Stadium. E sgretolava di brutto ambizioni da Champions League, togliendo due punti al Toro nella volata finale. Il quarto posto era lì, pensiero stupendo che ha preso forma in primavera. Vincendo il derby, si sarebbe aperta un’autostrada in direzione Champions. L’Europa presa di straforo è stato invece l’inizio delle criticità. Il problema è che un Ronaldo del genere spoilera spesso il risultato. A questo giro può andarci di mezzo anche Mazzarri…
Un derby antico, la sfida numero 199 tra Torino e Juventus. Un derby per svoltare, proprio come una volta. Il Torino con le sofferenze che da sempre lo attraversano e che ritrova quando pensa di averle lasciate alle spalle, la Juventus che un tempo si accontentava dell’essenzialità, del risultato finale, ma ora vuole di più, lo show, non solo i punti. Può sembrare surreale parlare di svolta per una squadra prima in classifica con otto vittorie e due pareggi. Madama, almeno dal punto di vista dei risultati e dei numeri, sta marciando, ma l’andamento è sincopato, non c’è la fluidità sperata, non c’è il rinnovamento atteso con l’arrivo di Maurizio Sarri. Il Torino, da questo lato, è ampiamente deficitario, con un punto in più dell’Udinese che, dopo lo stesso 0-4 subito in settimana, ha esonerato l’allenatore. Nell’anno sociale 2019-2020, per entrambe le squadre, doveva avvenire un salto di qualità, doveva verificarsi qualcosa di nuovo che non si è visto o si è visto a sprazzi, come un faro isolato nella nebbia.
Il Torino aveva finito molto bene l’ultimo campionato e le prime uscite di questo avevano confermato la tendenza. Poi il crollo. Gli ultimi giorni sono stati all’insegna d’un andazzo vecchio e forse inutile: il ritiro (più o meno) punitivo, il “patto” (porta una iella ragazzi) tra giocatori e tifosi che “chiedono un colloquio”, il silenzio stampa.
La Juventus è prima in classifica, ma ha i lavori in casa e, dopo la prova di forza con l’Inter, ha proseguito per inerzia, non per brillantezza. Nelle ultime quattro uscite (Champions con la Lokomotiv Mosca compresa) abbiamo assistito al deciso manifestarsi di una Juventus vecchio stile, la Juventus delle spallate, della forza mentale e della forza singolare per superare situazioni difficili. A parte il pari con il Lecce, le tre vittorie risicate (2-1) non sono state semplici. Con il Bologna una super parata di Buffon ha escluso il pari all’ultimo secondo, con la Lokomotiv c’è voluta la classe di Dybala per rimontare, mentre il Genoa, in dieci, è stato battuto con un rigore a tempo quasi scaduto. La svolta è più facile se sei primo in classifica, questo è perfino banale, ma l’avvicinamento al derby di Toro e Juve è ancora lo stesso. Un Toro ferito butterà tutto nella sfida, con l’idea che alla vista del colore bianconero si ridesti la passione perduta. Una Juve lontana dal progetto iniziale cercherà di riavvicinarsi all’idea che aveva di sé.
fonte:corrieredellosport