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Camillo e Adriano, alle radici di un sogno

10 gennaio 2020 | 12:27
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Camillo e Adriano, alle radici di un sogno
Camillo e Adriano, alle radici di un sogno
Camillo e Adriano, alle radici di un sogno
Camillo e Adriano, alle radici di un sogno

“Camillo Olivetti – Alle radici di un sogno” di Laura Curino e Gabriele Vacis è la storia di Camillo, il pioniere, l’inventore, l’anticonformista capriccioso e geniale che fonda, agli inizi del Novecento, la prima fabbrica italiana di macchine per scrivere. Nello note di regia così è descritta la straordinaria avventura umana e industriale di questo atipico imprenditore  di Ivrea che la sapienza artistica di Laura Curino e la sensibilità stilistica di Gabriele Vacis hanno trasformato in spettacolo teatrale, ormai diventato un cult, in cartellone al “Sannazaro” stasera e domani alle ore 21, domenica 12 gennaio 2020 alle ore 18 (info 081411723). All’esordio però le cose non andarono esattamente così, lo spiega bene Laura Curino ad Alessandro Vaccaro su “La Repubblica,(ediz. del 10 gennaio 2020). L’autrice torinese infatti ci rivela che lo spettacolo all’inizio non piacque affatto  agli addetti ai lavori, che erano convinti non ci fosse nulla di meno teatrale dell’economia e dell’industria, fu dunque presentato  nelle scuole e nelle feste di paese, poi le cose cambiarono fortunatamente per tutti noi. Devo confessare che ogni volta che ho il piacere di leggere o come in questo caso, di assistere a uno spettacolo sulla storia degli Olivetti, Camillo e Adriano, mi prende un profondo sconforto nell’immaginare come le cose sarebbero potute andare diversamente, se questo modello industriale si fosse diffuso e si fosse rivelato vincente per tutto il movimento imprenditoriale italiano. Forse la storia economica e non solo di questo Paese sarebbe stata diversa, per come la vedo io, avendo una profonda fiducia nel modello proposto da Adriano Olivetti, avremmo avuto un sistema industriale fra i migliori al mondo sotto tanti punti di vista. “Vince’, e chesta è na fabbrica? Ma si assumiglia ‘e ccase de signuri e Pussìlleco“, questa è una frase che fa pronunciare lo scrittore e architetto Rossano Astarita a uno dei suoi personaggi nel testo “La fabbrica felice” (Giannini,2013), quando scorgono per la prima volta lo stabilimento industriale fatto costruire a Pozzuoli da Adriano Olivetti nel 1955, sembrerà strano ma questo stupore ancora oggi ci rende orgogliosi e in fondo speranzosi, perché grazie al coraggio degli Olivetti, padre e figlio, sappiamo con certezza che se c’è la volontà si possono realizzare fabbriche felici. In questo contesto si è rivelato preziosissimo il lavoro certosino di recupero, ascolto e archiviazione di interviste e biografie svolto da Laura Curino e Gabriele Vacis, senza dimenticare quella pagina di letteratura italiana che è la descrizione di Olivetti vergata da Natalia Ginzburg in Lessico Familiare. Grazie a questo lavoro di ricerca l’opera “Camillo Olivetti – Alle radici di un sogno” assume un’importanza storico sociale notevole. Gli autori nella pièce chiamano a dialogare tra loro due personaggi femminili fondamentali nella vita di Camillo Olivetti, la madre, Elvira Sacerdoti, e la moglie, Luisa Revel. Queste due donne, provenienti entrambe da una cultura di minoranza (ebrea la prima, valdese la seconda) sono state le protagoniste silenziose della formazione e della realizzazione del sogno olivettiano. Ancora una vola da sottolineare l’acume del duo Curino – Vacis nell’individuare il paradigma sociologico rappresentato da queste donne, che come tante altre negli anni Cinquanta contribuirono al miracolo economico rimanendo ingiustamente nell’ombra ma che al contrario avrebbero meritato riconoscimento pubblico. Uno spettacolo che emoziona e fa sognare, alla fine come gli operai descritti da Rossano Astarita nel suo romanzo, si torna a casa con una domanda in testa: “possibile che a teatro siamo stati ad ascoltare la storia di un capitano d’industria, e ci siamo emozionati così tanto?”
di Luigi De Rosa
(foto tratte dal web)