Costiera Amalfitana. L’eterno conflitto tra natura e territorio: riceviamo e pubblichiamo l’articolo del geologo Di Benedetto

15 gennaio 2020 | 13:55
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Costiera Amalfitana. L’eterno conflitto tra natura e territorio: riceviamo e pubblichiamo l’articolo del geologo Di Benedetto

Tra  il  19 e 20 dicembre 2019   si è verificata una  non   inedita serie  di  rotture di preesistenti equilibri instabili,potenzialmente diffusi su tutto il versante sud dei M. Lattari, in pratica la costiera. Si sono ripetuti dissesti  storici  e periodici di più o meno forti precipitazioni pluviali, manifestatisi con forme di scorrimento della parte corticale  sedimentaria poggiata sulle  rocce calcaree  e dolomitiche concentrate sulle aree   che costeggiano l’intera viabilità.  Data la  sfavorevole  morfologia  il fenomeno ha coinvolto,  oltre il detrito  superficiale di varia natura, il trasporto di alberi  invadendo  le arterie   di comunicazione  con  ulteriore isolamento della costiera verso Salerno e  tra i centri abitati. In concomitanza , alcune  macere fiancheggianti  a mezza costa le strade,in parte hanno ceduto alla spinta dei retrostanti terreni   egli effetti  di questi rapidi  movimenti   sono legati  alla forza di gravità che imprime  a  questa  massa detritico-sabbiosa  satura di acqua piovana mista a massi rocciosi velocità ed energia cinetica  in grado di portare a  rottura   parapetti del ciglio stradale come   a Cetara, Scala,  Ravello, altrove.   La costruzione delle strade in costiera, belle e attraenti,  ha fatto superare secoli di isolamento dei centri urbani dopo la fine del ducato autonomo, dovuto alla morfologia estremamente accidentata.  Su di esse, fin dalla costruzione,  pende una situazione di pericolo  che  poteva  e doveva essere  in buona parte evitata se non fossero stati modificati i progetti iniziali. La strada è l’opera di ingegneria   più legata  alle condizioni geologiche, quelle affioranti  nel territorio  non sono del tutto idonee alla viabilità  attuale   che  esige un  risanamento per il pericolo diffuso di crollo di massi ( vere e proprie frane ) e  la  mancata  sistemazione idraulico-forestale estesa ai pendii sovrastanti le arterie di collegamento. Si riprenderà questo aspetto nella sintesi di queste osservazioni.

La natura  dei due tipi prevalenti di dissesto: rottura macere e scivolamenti della coltre superficiale

  • Le macere e relativi terrazzamenti, disposti parallelamente alle isoipse con i benemeriti  prodotti agricoli,  sottintendono un’eccellente opera che ha ridotto, non del tutto, l’azione erosiva delle acque piovane e della gravità agenti   sui pendii  ripidi e instabili.  Queste semplici costruzioni, se eseguite da persone con esperienza trasmessa senza testi scritti,  sono  di facile  messa in opera, assicurano la tenuta dei terreni coltivi a ridosso dell’alzata ( la costa ).   Nei secoli   questa particolare sistemazione  è stata   favorita anche dal basso costo data la facilità  della materia prima abbondante localmente, le pietre calcaree. Il concio  lapideo  sbozzato è il  tessuto base   tenuto insieme dal reciproco attrito con e senza malta, dei due  sistemi il secondo  è più  elastico adattandosi meglio alle irregolarità, l’intera struttura  è  di  facile manutenzione. La funzionalità e la vita di esse dipende da un insieme   di fattori di natura idraulica : 1)  se il terreno da difendere è molto ripido, al fine di farle  reagire meglio alle spinte statiche si ricorre   alla   sezione trasversale con pendenza verso monte adottando angoli di scarpa variabili, coordinando un’idonea fondazione,2) se la macera deve reggere in equilibrio la massa dei terreni coltivi  l’origine delle spinte statiche   risale alla quantità di acqua piovana assorbita nel terrazzamento . L’acqua, penetrando tra le particelle del terreno,riduce l’attrito e la   coesione    molecolare  delle masse  limo-argillose innestando  spinte  statiche   sui conci per   ristagno dell’acqua  se non esiste il drenaggio, meccanismo noto da sempre. Se i conci  non sono ben sbozzati e   incastrati per sviluppare resistenze di attrito ( crescente con la superficie di contatto ),  possono  sconnettersi con creazione di vuoti e successiva rottura della macera. Da ciò la multipla accortezza: 1) per evitare l’insorgere delle spinte dei terreni saturi  sul paramento interno   si procede alla messa in opera del  setto drenante, il vespaio, elemento di protezione costituito da pietrame a granulometria ghiaiosa  la cui funzione è quella di  prosciugare il terreno, emungere l’acqua assorbita  aumentando la capacità portante  della macera e della fondazione. L’opera si completa con feritoie praticate nel setto della macera ,più diffuse verso la parte basale,   ottenendo notevole contributo all’allontanamento dell’acqua 2) la macera deve essere  fatta con pietre di larghezza non inferiore allo spessore del muro,soprattutto alla base,   conferendo   una   resistenza  in blocco e praticando vie di fuga delle acque piovane per evitare erosioni e sgrottamenti che  comprometterebbero  l’intera opera.  La rottura delle macere  sulle  rotabili per Ravello, Pontone, Minori, Scala,   è  da attribuire all’assenza del setto drenante, posizione ortostatica e difetto di fondazione stabile. I  terreni spingenti, in realtà limitate zolle,  hanno  agito  su una superficie neoformata concava    per perdita di coesione dovuta alla lenta e prolungata pioggia.Le strade sono state invase da masse di detriti  e grossi massi già presenti
  • Movimento verso il basso della coltre di terreni in equilibrio limite (erosione accelerata). Danni  maggiori, per puro caso solo ai parapetti delle strade  e autoveicoli,  sono stati causati dallo scorrimento  della coltre sedimentaria che ricopre  i pendii  calcareo dolomitici con trasporto di alberi-   Gli scivolamenti, simili  alle più pericolose colate di fango, sono  stati causati  dalla  perdita di coesione dei terreni di copertura  dovuta  alle pressioni  idrauliche di una parte dell’acqua  pluviale che   non ha avuto modo di penetrare in profondità  per contrasto di permeabilità tra la  coltre molto più porosa delle sottostanti rocce calcaree. Anche questo meccanismo è noto. I pendii e molte aree sovrastanti le carreggiate sono privi di impianto  didifesa idraulico-forestale  con trincee, cunette, paletti di consolidazione della coltre di copertura, per cui le erosioni hanno scalzato gli alberi fino all’affioramento delle radici molto ridotte e non in grado di assicurare l’ancoraggio. Il pericolo di erosioni può proseguire in quanto una parte dell’acqua di pioggia, durata quasi 24 ore, è penetrata in profondità e riaffiorerà ovunque seguendo i circuiti carsici. Si rilevano molti alberi in equilibrio instabile pronti ad essere abbattuti da raffiche di vento.

Allarme-fiume ad Atrani

Il torrente  Dragone  nell’ attraversare  il centro abitato vanta, si fa per dire, una situazione imperdonabile:  subito a valle di  una restrizione dell’alveo,  si incontra il tratto tombatocotruito fine anni 1970/inizio anni 1980  (al momento  non si ricorda la data precisa). La  copertura  ha profilato  una sezione idraulicamente insufficiente, sede delle esondazioni del 1987 e 2010,  dimezzando il periodo di ritorno di questo pericolo.     La    pioggia caduta sul bacino, durata  molte ore ma con medio-bassa intensità, ha  ingrossato il torrente con  un tirante di 30-40 cm  rilevato sulla predetta  sezione alta 2.60 m per 3.10 m. Alcuni  cittadini   chiedevano  informazioni sul  reale  pericolo, si sono rassicurati  osservando il torrente   che,   pur brontolando,   incurante di  dissesti  ( ? )  avvenuti a monte, proseguiva il percorso senza la minaccia dell’onda  di piena .Il torrente è un fedele termometro della quantità di acqua che cade sull’intero bacino imbrifero, le condizioni meteo  e la portata del torrente   non    facevano prevedere   pericoli venturi,  ma  stampae TV  hanno riportato notizie differenti dalla reale situazione (  popolazione  in preda al panico ) con segnalazione  addirittura di una frana che minacciava, e minaccerebbe, il torrente e l’abitato. L’evento  del 2010 è stato molto più forte, ha interessato il  comprensorio costiero salernitano ,  in un giorno di pioggia furono registrati 130 mm, nella zona ristretta a  Scala e Atrani in poco più di un’ora l’intensità di pioggia  è  stata  80.8 mm, forte pioggia ( cfr. Convegno Flat Model a Fisciano ).

Nei mesi di novembre e dicembre sul Mediterraneo orientale si formano  anticicloni  estesi dalla Grecia alla Turchia e oltre  con  richiamo  di  una  vasta  corrente caldo-umida, lo scirocco, che dalle aree sud-est  del nord Africasi   dirige   verso   nord   apportando   precipitazioni sulla fascia tirrenica   e adriatica.  Il fenomeno  atmosferico 2019  è stato più massiccio perché le correnti   sciroccali sono state rinforzate   dalle onde  di ROSSBY che con ciclo decennale ( variabile )  apportano periodi più caldi e più freddi, il  clima per definizione  in  eternocambiamento.I dati pluviometrici in elaborazione indicano che  su una vasta superficie sono caduti 200 mmdi pioggia  durata quasi 24 ore,  ma gli effetti al suolo   mutano, in quanto terrazzamenti e  corsi d’acqua rispondono  diversamente in funzione delle caratteristiche pluviali ( durata e distribuzione dell’intensità) ,  nel caso Atrani il corso d’acqua, con notevole pendenza, ha smaltito senza affanno l’acqua ricevuta sull’area  idrografica.

SINTESI

Lo scenario  che si è presentato dopo la pioggia ha messo in evidenza la fragilità dell’ambiente costiero che può essere isolato dalla rottura di parte di una macera.  Tenendo presente  il paesaggio, rappresentato dai terrazzamenti  diffusi e  le caratteristiche della  pioggia ,  il numero delle macere   che ha subito una rottura  per scivolamento di una zolla  del   terrapieno contenuto è  inferiore alla decina.Si  ricorda che nel 1924  l’abitato di Vettica fu distrutto con tragiche conseguenze per il crollo di una serie di terrazzamenti,  motivo per cui  in Italia fu introdotto il concetto operativo di rischio  idrogeologico.  A Cetara  il torrente con letto ricoperto è esondato con effetti simili  alle vicende del 2010 ad Atrani, non noti i mm di pioggia caduti sul bacino torrentizio.

I pericoli in costiera, tralasciando mareggiate e  scosse sismiche di intensità non elevata, sono le esondazioni dei corsi d’acqua e i dissesti. Questi ultimi  hanno due nature, antropica e naturale.

Il tracciato delle strade è stato condizionato dalla morfologia che ha avuto un ruolo determinante nell’elevare il grado di pericoli e rischi riportato dettagliatamente nella cartografia del Piano  Assetto Idrogeologico. Essendo strade di montagna a mezza costa, per evitare le pendenze elevate  nel collegare i centri urbani, esse sono state allungate con sviluppi tortuosi della sede stradale. La combinata minaccia della macere e dei pendii instabili  eleva il rischio in una morfologia già sfavorevole.

L’altro pericolo naturale e  diffuso s. La catena dei M. Lattari è una serie di massicci  fratturati per motivi legati all’orogenesi, le rocce sono attraversate   da superfici di scivolamento formatesi per effetto delle tensioni meccaniche agenti, come detto,  in fase di orogenesi. Queste superfici a franapoggio sono evidenti sulla falesia che costeggia la SS 163 a Castiglione di Ravello   appena prima di Atrani. Le situazioni di potenziale instabilità   da  incrocio di piani di frattura  che isolano massi in equilibrio limite  sono  presenti fino alle quote più alte.

Il masso franato  che  ha  bloccato  in località Capo d’Orso  la viabilità  per Salerno si è  staccato a quota 550  m circa s.l.m., indipendentemente dagli incendi. Il tracciato stradale, come è stato  fatto  nella prima metà dell’800 è da considerarsi una sfida alle leggi della natura. La soluzione dei dissesti, che teoricamente può apparire semplice, presenta nella pratica  difficoltà sia per la vastità del fenomeno che per accidentalità morfologiche Un  esempio di intervento di risanamento con ottimi risultati è presente sulla strada  Ravello-Chiunzi   con la tecnica dei gabbioni che hanno resistito egregiamente all’azione erosiva dell’acqua pluviale e l’aerazione assicurata dai gabbioni tende a prosciugare i terreni. Precedentemente un buon tratto della carreggiata    veniva invaso da uno strato di detriti e pomici,  In molti tratti della costiera  le gallerie  avrebbero evitato  problemi. Nonostante questi pericoli, l’insediamento umano   si è concentrato sulle zone basse e senza sfuggire i versanti montani.

Atrani, gennaio 2020

rischio idrogeologico costiera