Napoli, Pompei, Roma: tre luoghi-simbolo e tre mostre per celebrare i 100 anni del viaggio in Italia di Pablo Picasso
Cento anni fa, nella primavera del 1917, mentre il mondo si era già inabissato nel baratro della Grande Guerra, quattro artisti e un impresario fra i più rivoluzionari del XX° secolo lavoravano ad un progetto destinato a rimanere memorabile nella storia del teatro e delle arti in generale. Per il 18 maggio di quell’anno tutti a Parigi – all’epoca banco di prova di ogni nuove forma d’arte – aspettavano il debutto di Parade, spettacolo d’ispirazione circense su testo di Jean Cocteau, coreografie di Léonide Massine, musiche di Erik Satie, scene costumi di Pablo Picasso e, schierati sul palco, i Balletti Russi di Sergej Diaghilev, il grande impresario che già da qualche anno aveva rivoluzionato il mondo della danza con spettacoli alla cui riuscita espressiva chiamava a concorrere tutte le arti. Nel tentativo di mantenere la segretezza sul nuovo progetto e per garantire al lavoro degli artisti la necessaria tranquillità, Diaghilev decise che le prove non si sarebbero svolte in Francia ma in Italia dove prese in affitto lo scantinato di un antico palazzo romano. Il tutto ebbe luogo come in un clima di sospensione, fra serrate sedute di lavoro preparatorio e incontri con esponenti dell’avanguardia Futurista, sullo sfondo di una Roma trasformata in un ospedale da campo, tra un viavai di feriti e caduti di guerra. In questo contesto nasceva la più grande opera di Picasso, il sipario di Parade, una tela dipinta a tempera di 17 metri di base per 10 di altezza, conservata al Centre George Pompidou di Parigi ed ora esposta a Napoli, dall’8 aprile al 10 luglio 2017, al Museo di Capodimonte, nell’ambito della mostra Picasso e Napoli: Parade curata dal direttore Sylvain Bellenger e da Luigi Gallo.
Per le sue notevoli dimensioni il sipario è stato esposto solo in rare occasioni – al Brooklyn Museum (New York 1984), al Palazzo della Gran Guardia (Verona 1990), a Palazzo Grassi (Venezia 1998) e al Centre Pompidou di Metz (2012-2013) – su una struttura che a Napoli è stata montata nel Salone delle Feste dell’Appartamento Reale del Palazzo di Capodimonte, cornice straordinariamente suggestiva e unico spazio in grado di contenerla. Oltre all’enorme sipario sarà visibile un’ampia selezione di lavori del celebre pittore spagnolo, fra cui le opere Atleta blu, Massine vestito da Arlecchino e i bozzetti eseguiti dall’artista per il balletto Pulcinella insieme ad alcune marionette e pupi della maschera napoletana provenienti dalla collezione Fundacion Almine y Bernard Ruiz-Picasso para el Arte.
Poiché Picasso visitò le rovine dell’antica città vesuviana nel marzo del 1917 ricevendone fondamentali stimoli per la sua arte, in concomitanza con la mostra napoletana nell’Antiquarium degli scavi di Pompei saranno esposti i costumi originali che l’artista disegnò nel 1917 per il balletto Parade. Per ricordare inoltre l’influsso dell’antica iconografia tetrale e per celebrare la passione dell’artista per la maschera, insieme ai costumi saranno esposte una selezione di reperti archeologici pompeiani molti dei quali inediti, fra cui un gruppo di maschere teatrali, e una raccolta di maschere africane. Non mancherà qualche altra rarità come il bozzetto del celebre dipinto Les demoiselles d’Avignon. Sempre a Pompei il Teatro Grande ospiterà il 27, 28 e 29 luglio due balletti con le coreografie di Léonide Massine: Parade su musica di Erik Satie e Pulcinella su musica di Igor Stravinskij, con i primi ballerini, solisti e corpo di ballo del Teatro dell’Opera di Roma.
A Roma alle Scuderie del Quirinale dal 21 settembre aprirà invece Pablo Picasso. Tra Cubismo e Neoclassicismo: 1915-1925, una mostra eccezionale a cura di Olivier Berggruen con oltre 100 capolavori di Picasso prestati dai musei più importanti del mondo. Anche il celebre sipario di Parade arriverà nella Capitale per essere allestito sotto le volte della grande sala affrescata da Pietro da Cortona nel vicino Palazzo Barberini. Tutti gli eventi italiani rientrano nell’ambito dell’iniziativa Picasso-Méditerranée del Musée National Picasso-Paris, un evento culturale internazionale che si concluderà nella primavera 2019 e che – come ha affermato, Laurent Le Bon, direttore del museo parigino – “vuole mettere in luce i legami dell’artista con quel mare e quel mondo”.
PARADE: L’OPERA CHE RIVOLUZIONÓ L’ESTETICA DEL BALLETTO
«Non dimenticherò mai lo studio di Roma di Picasso. Una cassetta conteneva il modello di Parade, il suo mobilio, i suoi alberi, la sua baracca…» Così scrive Jean Cocteau ricordando la preparazione italiana del balletto, per il cui libretto l’allora giovane poeta francese si era ispirato al dipinto di Georges Seraut La Parade del 1887. E un gruppo di artisti da fiera, con acrobati e un bizzarro cavallo alato animano con straordinario malinconico lirismo il sipario di Picasso pronto a introdurre la scena di uno spettacolo il cui soggetto venne così descritto dallo stesso Cocteau: “La scenografia rappresenta le case di Parigi una domenica. Teatro di fiera. Tre numeri di music-hall servono da parata: prestigiatore cinese, acrobati, ragazzina americana. Tre managers organizzano la pubblicità e cercano di convincere la folla ad assistere allo spettacolo. Nessuno entra. Dopo l’ultimo numero della parata, i managers estenuati crollano gli uni sugli altri.” Il tutto però avrebbe assunto sulla scena un carattere estremamente surreale, evidente soprattutto nei costumi firmati da Picasso, realizzati con materiali insoliti quali latta, stoffa, legno, e capaci di dar vita, nei personaggi dei due Manager, al più significativo esempio di arte cubista mai visto in teatro.
Ne venne fuori un capolavoro che al suo debutto emozionò Marcel Proust ma creò sconcerto fra il pubblico, letteralmente spiazzato dal modo inedito di fondere insieme poesia, pittura, musica e coreografia. Oltre che alle scene e ai costumi, gran parte del travolgente impatto dello spettacolo fu dovuto alla musica le cui trame sonore, a tratti dal sapore nostalgico, il compositore Erik Satie ha intessuto di rumori suggestivi come sirene, macchine da scrivere, motori d’aeroplani e colpi di pistola, o imbastito in un ritmo parossistico che segnò l’ingresso del jazz nella storia del balletto. Insomma un omaggio al caos della vita moderna che il sipario di Picasso, nella poetica compostezza della scena raffigurata, volutamente non lascia presagire, ottenendo così, al momento opportuno, uno straordinario effetto di contrasto. In fondo si realizzava la profezia di Apollinaire: “Parade sconvolgerà le idee di non pochi spettatori. Certo, saranno sorpresi, ma assai piacevolmente, e incantati, impareranno a conoscere tutta quella grazia dei movimenti moderni che avevano sospettato”.
PICASSO SOTTO IL SOLE DELLA CAMPANIA
Il soggiorno romano, in quella primavera del 1917, ebbe per il gruppo di artisti un’importante parentesi campana che li vide alla ricerca di spunti, immagini, suggestioni. A Picasso, Cocteau, Massine e Diaghilev si unì anche il compositore Igor Stravinskij a sua volta a caccia di stimoli per il balletto Pulcinella, per il quale – come riferì anni dopo l’autore – “Picasso fece meraviglie” incantando con “il colore, la plasticità e un sorprendente senso teatrale”. Monumenti, musei, vita di strada, teatro popolare, tutto di Napoli avrebbe infatti contribuito a ricreare nel lavoro dell’artista spagnolo la magia di una città le cui irripetibili atmosfere avrebbero travolto anche Cocteau evocandogli la presenza stessa del divino. Emblematiche le parole del poeta in una lettera alla madre: ““Siamo di nuovo a Roma dopo un viaggio a Napoli, e da lì a Pompei in auto. Credo che nessuna città al mondo possa piacermi più di Napoli. L’Antichità classica brulica, nuova di zecca, in questa Montmartre araba, in questo enorme disordine di una kermesse che non ha mai sosta. Il cibo, Dio e la fornicazione, ecco i moventi di questo popolo romanzesco. Il Vesuvio fabbrica tutte le nuvole del mondo. Il mare è blu scuro. Scaglia giacinti sui marciapiedi”. Del soggiorno napoletano di Picasso rimane testimonianza grafica in un suo schizzo panoramico su carta intestata del Grand Hotel Vittoria intitolato “Ricordo di una passeggiata al Vomero – Napoli, 20 aprile 1917″, che raffigura l’artista e la ballerina Olga Cholchova in carrozza lungo la Via Scarlatti sullo sfondo di una suggestiva veduta cittadina. Un documento eccezionale di cui si conserva una riproduzione nel Museo delle Carrozze di Villa Pignatelli.
Il giro in Campania proseguì a Positano, dove il russo Michail Semenov, segretario di Diaghilev, nel 1916 con i soldi guadagnati lavorando per i Balletti Russi aveva acquistato un mulino abbandonato, il Mulino d’Arienzo, sorto su un’antica struttura romana e da lui trasformato in una suntuosa villa sul mare dove viveva tra fiumi di vodka fatta in casa e incontri conviviali con gli amici. Reduce dagli incanti di Pompei, il gruppo di amici arrivò a Positano il 23 aprile 1917 e allo stupore di Diaghilev di fronte a quello che gli apparve come “un esempio straordinario, anzi unico al mondo, di villaggio verticale” si unì l’innamoramento di Massine per gli isolotti Li Galli, destinati nel 1924 a diventare di sua proprietà. Qui, fra il Mulino d’Arienzo e l’Albergo Margherita, il gruppo di artisti ebbe modo di trascorrere un periodo di grande serenità non privo di incontri con figure di spicco dell’epoca come l’esteta e scrittore svizzero Gilbert Clavel, che a Positano viveva nell’antica torre sulla spiaggia del Furnillo, e lo scrittore triestino Italo Tavolato, noto esponente del Futurismo italiano.
PICASSO E L’INCONTRO CON L’ITALIA: VERSO UN NUOVO CLASSICISMO
Come per altri artisti, portati nel nostro Paese dal destino o da una scelta ben precisa, anche per Picasso il contatto con l’Italia non rimase privo di conseguenze, a cominciare dalla sua vita privata. Invaghitosi di una delle ballerine di Diaghilev, Olga Chochlova, figlia di un colonnello dell’esercito imperiale russo, l’avrebbe poi sposata a Parigi nel 1918, matrimonio coronato dalla nascita del figlio Paulo. Quanto invece al suo percorso artistico, esso era ormai in una fase di progressivo allontanamento dal cubismo ma le otto settimane trascorse in Italia avrebbero ulteriormente cambiato la sua visione artistica aprendola alle antiche culture del Mediterraneo come quelle di Greci ed Etruschi e all’interesse verso la ceramica, oltre a conferirle una discreta aura erotica.
A Roma Picasso conobbe certo i rappresentanti delle nuove correnti artistiche come i Futuristi (di cui in seguito avrebbe criticato gli eccessi) e gli artisti della Secessione, ma soprattutto venne a contatto con l’arte rinascimentale e classica, e anche a Napoli – dall’Ercole Farnese all’Antinoo del Museo Archeologico, ai misteriosi affreschi delle ville di Pompei, fulgidi esempi di quell’arte antica che lo avrebbe colpito soprattutto per la monumentalita e la sottile sensualità – tutto concorse ad assecondare quel desiderio di classicità che già l’opera di Raffaello aveva stimolato in lui durante la visita alle Stanze del Vaticano. Altrettanto importante fu l’incontro con le sculture del Giorno e della Notte realizzate da Michelangelo per la Sacrestia Nuova di San Lorenzo, scoperte dall’artista durante la sua giornata di visita a Firenze. Modernissimo nel suo sguardo a 360 gradi e nella sua costante ricerca di contaminazioni, Picasso rimase inoltre affascinato dalle meno “aristocratiche” figure della Commedia dell’Arte e dall’antica iconografia di Pulcinella, così come dagli spettacoli delle marionette, dal vaudeville e dalle popolari immagini con giovani donne romane e napoletane in costume tradizionale. Tutto ciò orientò sempre più la sua arte verso quello che viene definito il “periodo neoclassico” espressosi in immagini e composizioni di grande nitore ed equilibrio.
Kasia Burney Gargiulo