Sorrento – Vallone dei Mulini. Dopo il sopralluogo si attende la relazione del Genio Civile.

2 febbraio 2020 | 16:37
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Sorrento – Vallone dei Mulini. Dopo il sopralluogo si attende la relazione del Genio Civile.

In seguito all’ ispezione sollecitata dagli Ambientalisti e dal Movimento 5 Stelle, si attende ora la relazione da parte degli ispettori regionali. Documentazione che non potrà fare a meno di quanto disposto, in area di Demanio Idrico,dal Regio Decreto 523/1904 e di recenti sentenze della Corte di Cassazione. Nonostante la ormai risaputa inerzia da parte degli Uffici comunali e delle Autorità locali, la Magistratura continua con le sue indagini. In città ,malgrado l’indifferenza di una certa stampa, si innalza tuttavia l’interesse da parte dei cittadini su di una vicenda che dura ormai quasi da un decennio.

Sorrento – A quanto pare ,dopo le sollecitazioni da parte dei Consiglieri Regionali del Movimento 5 Stelle, finalmente giorni fa è stato effettuato il sopralluogo da parte del Genio Civile di Napoli al Vallone dei Mulini. Una ispezione  sollecitata dalle Associazioni ambientaliste, Wwf e Vas, dopo  la risposta dell’Ente regionale , circa la richiesta da parte delle Consigliera  del M5S Maria Muscarà, effettuata il 7 giugno 2019, circa il rilascio del Parere Idraulico. Sebbene la risposta sia arrivata in modo non solerte, ovvero soltanto il 19 novembre 2019, si è appurato che il Genio Civile non ha rilasciato  alcuna autorizzazione concernente  i lavori alla vecchia struttura del mulino all’interno del vallone. Né tanto meno alcuna richiesta è stata avanzata in merito in quanto  l’intera area  risulta essere attraversata  da due importanti corsi d’acqua  e quindi  in zona di Demanio Idrico. Di conseguenza qualsiasi realizzazione in tale contesto necessita dell’indispensabile  Parere Idraulico e constatare se eventuali  costruzioni rispettino la distanza dall’alveo ai sensi del R.D. 523/1904 –Testo Unico sulle opere pubbliche.

L’ispezione, effettuata alcuni giorni fa  non  risulterebbe, secondo alcune versioni, essere stata effettuata all’interno del Vallone ma bensì addirittura soltanto con una visione panoramica dal marciapiede di Via Fuorimura. A tale proposito tuttavia il Movimento 5 Stelle, a livello regionale, è ritornato di nuovo sul punto ,interpellando ancora una volta il Genio Civile di Napoli, chiedendo di conoscere l’esito dei sopralluoghi effettuati,  la verifica  della legittimità dei lavori e quali esiti sono stati riscontrati. Inoltre si è chiesto di ottenere, in modo urgente (visto il ritardo di 5 mesi con il quale il Direttore Generale a risposto alla precedente richiesta) atti comprovanti le motivazioni del mancato rilascio del dovuto Parere Idraulico.

ambientalisti ed associazioni, confidano tuttavia nella professionalità degli Ispettori regionali e che tale sopralluogo sia stato effettuato in modo minuzioso all’interno del Vallone. In modo tale da valutare quanto segnalato nei mesi scorsi ai vari Enti, Autorità e Magistratura.  Constatare poi, se la successiva relazione degli ispettori, interpreti oggettivamente quanto previsto dal Regio Decreto 523/1904 ed i vari vincoli dal punto di vista della difesa del suolo e la pericolosità dell’area, che si ricorda essere a rischio idrogeologico ed alluvione (P3-R4) molto elevato.

In merito al Regio Decreto anche la Corte di Cassazione Penale Sez.III, con la Sentenza n. 36502 del 3 novembre 2006, è stata categorica : Ha natura di reato di pericolo, il reato di cui all’art. 96 lett. f) del R.D. 25 luglio 1904 n. 523 che vieta “le piantagioni di alberi e siepi, le fabbriche, gli scavi e lo smovimento del terreno a distanza dal piede degli argini e loro accessori minore di quella stabilita dalle discipline vigenti nelle diverse località, ed in mancanza di tali discipline, a distanza minore di metri quattro per le piantagioni e smovimento del terreno e di metri dieci per le fabbriche e per gli scavi”. Sicché, per la sussistenza della fattispecie contravvenzionale, essendo puniti comportamenti ritenuti dal legislatore potenzialmente lesivi dell’assetto idrogeologico del territorio e, quindi, del corrispondente interesse pubblico, non occorre l’ulteriore verifica che l’azione illecita abbia recato nocumento all’alveo del corso d’acqua o alle sue sponde. Mentre, configura un’ipotesi di reato di danno, ai sensi del R.D. 25 luglio 1904, n. 523, art. 96, comma 1, lett. g), del cui disposto è sanzionata l’esecuzione di “qualunque opera o fatto che possa alterare lo stato la forma, le dimensioni, la resistenza e la convenienza all’uso, a cui sono destinati gli argini e loro accessori, e manufatti attinenti”. In questi casi, per la configurazione del reato, sussiste la necessità di un concreto accertamento del danno arrecato agli argini e loro accessori, dovendosi escludere la sussistenza del reato ogni qualvolta l’esecuzione delle opere non abbia alterato in alcun modo il regime del corso d’acqua”.

Mentre la stessa Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, proprio di recente con la  Sentenza 31022 del  27 novembre 2019 si è espressa sulla inedificabilità assoluta sotto i dieci metri da un corso d’acqua. Ovvero la violazione della distanza minima dal corso d’acqua anche solo dello scavo iniziale determina un vincolo assoluto di inedificabilità. La Cassazione precisa che, come da giurisprudenza consolidata, “l’art.96 lettera f del RD 523/1904 ha carattere sussidiario, essendo destinato a prevalere solo in assenza di una specifica normativa locale. Ma quest’ultima, che può anche essere contenuta nello strumento urbanistico, per derogare alla norma statale deve essere espressamente destinata alla regolamentazione delle distanze dagli argini, esplicitando le condizioni locali e le esigenze di tutela delle acque e degli argini che giustifichino la determinazione di una distanza maggiore o minore di quella indicata dalla norma statale“. In effetti uno scavo, sull’argine del fiume a una distanza inferiore del limite dei 10 metri previsto dall’art.96 del Regio Decreto 523/1904, non è consentito in quanto c’è un vincolo di inedificabilità assoluta proveniente dalla legislazione statale che “comanda” su tutto il resto. Come nel caso del Mulino all’interno del Vallone a Sorrento la Sentenza della Suprema Corte è relativa al diniego da parte del Genio Civile dell’autorizzazione idraulica per un progetto di ristrutturazione di un edificio, sito all’interno del centro abitato di Verona, in prossimità del fiume Adige, e al conseguente provvedimento di sospensione dei lavori di ristrutturazione con demolizione e ripristino (questi situati a 20 metri di distanza dall’argine).

Per la Cassazione è tutto corretto e legittimo: non conta, come sostenuto dal ricorrente, quanto contenuto nella disciplina urbanistica posta in essere dal Comune(legge Veneto 11/2004), poiché si tratta di una norma locale avente finalità meramente urbanistiche che non può derogare la disciplina statale, la quale impone divieti tassativi con la conseguenza che, nel caso di specie, si prospettava la violazione dell’art.96 del Regio Decreto.

Inoltre nel  caso di specie, la normativa invocata dalla ricorrente non è idonea allo scopo perché non prende in esame la specifica condizione del fiume Adige e non ‘parla’ di deroghe all’art.96 sopracitato. – Mentre per il caso specifico il fatto  che si fosse chiesta la demolizione per i lavori di ristrutturazione posti a 20 metri di distanza (e quindi rispettosi del limite dei 10 metri): non conta, precisano gli ermellini, in quanto l’accertata violazione della distanza dei dieci metri, seppur riferita al solo “scavo”, comporta un vincolo di inedificabilità assoluta. (Fonte: INGENIO)

Sentenze a cui, gli Ispettori del Genio Civile, devono pur far riferimento nel relazionare quanto rilevato le scorse settimane nel Vallone dei Mulini. Dove nel permettere alla proprietà della vecchia  struttura di eseguire tutti i lavori seguendo norme e regolamenti, l’interpretazione in modo oggettivo delle Leggi è fondamentale. A tale proposito bisogna ricordare che il Regio Decreto 523/1904 non è retroattivo ma che tuttavia il recupero del  vecchio fabbricato va soggetto a tutte le leggi statali, regionali ed ai regolamenti vigenti  all’atto della richiesta ad effettuare i lavori.

Senza dimenticare nel frattempo anche l’inadempienza dell’Autorità di Bacino. Al cui parere (che sarà oggetto di un prossimo articolo)  i proprietari della struttura devono fare riferimento. In quanto ci troviamo, dal punto di vista del dissesto idrogeologico in Zona Rossa (P3-R4) Rischio Frana Elevato, Zona P4 Pericolosità da Frana elevato, Zona P3 Rischio Idraulico elevato, con notevole trasporto solido. Pertanto, come già più volte evidenziato dagli ambientalisti, allo stato, urbanisticamente gli interventi non sono eseguibili se non a valle della rimozione del vincolo e della redazione della nuova cartografia del PSAI” . Pertanto si ribadisce, nelle prescrizioni, come “ai sensi delle norme di attuazione del PSAI” la fattibilità urbanistica è subordinata al superamento di declassificazione delle zone di pericolosità da parte dell’Ente preposto al Vincolo.  Malgrado il disinteresse della stampa locale,nel frattempo sale la partecipazione dei cittadini  circa una vicenda che si trascina ormai dal 2012. Quando saltò agli onori della cronaca a causa dell’intuito da parte di  Giovanni Antonetti . L’indimendicabile giovane avvocato sorrentino che volle vederci chiaro in un’operazione immobiliare relativa ad un pezzo importante della storia della città  a  cui  il Comune di Sorrento sembrò niente affatto interessato.

Le ormai evidenti responsabilità dei seppur sollecitati Enti ed Autorità di controllo,(Autorità di Polizia locali,Genio Civile con i suoi 5 mesi per rispondere alla consigliere del M5S) nonché la palese inefficacia  dei provvedimenti varati dagli Uffici comunali  saranno senz’altro oggetto di attenzione da parte della Magistratura e di importanti Enti istituzionali, tra cui l’Autorità Nazionale Anticorruzione, chiamati più volte ad esprimere prossimamente il loro parere. 02 febbraio 2020 – salvatorecaccaviello.