Il Verro ruffiano di Maurizio Milani
Ci sono tanti modi di raccontare gli animali ai quali oggi, fortunatamente per loro, si presta sempre più attenzione in positivo. Se Jonathan Safran Foer con “Se niente importa” ci ha regalato uno dei saggi più belli e nello stesso tempo scioccanti sulla condizione degli stessi negli allevamenti intensivi, Maurizio Milani, giornalista, comico e attore teatrale, che abbiamo imparato a conoscere a Zelig e poi a Che tempo che fa, con “Il verro ruffiano” (Baldini+Castoldi) ci introduce al mitico e fetido mondo della porcilaia. Non per niente il romanzo è dedicato a Peppa Pig! L’io narrante è quello di un ex guardiano dei porci, alle prese con avventure strampalate spesso divise con “Vasco” un verro di razza Duroc, nero, enorme, quasi sette quintali, che quando prende la rincorsa non lo fermi nemmeno con le cannonate, che però ha un triste destino, quello del verro ruffiano, vale a dire il verro che nella porcilaia individua la scrofa in calore e quindi destinata all’inseminazione. Se ci pensate è un sistema assai crudele, il povero maiale annusa senza mai concludere!, alla fine impazzirà? “Il verro ruffiano” è un bel testo comico che tra il serio e il faceto ci invita anche a qualche seria riflessione sull’ambiente, quello che ci invita a salvare Greta, e sul rapporto dell’uomo con certi animali, che se una volta era sacro come quello con gli dei, oggi ha poco o nulla di “reale” il rapporto è tra il consumatore e il prodotto offerto dal mercato: che orrore! Pensate invece che il maiale, del quale non si butta via niente, ha dato con la sua carne forza e energia per molti secoli all’intera umanità, un po’ di rispetto ogni tanto non guasterebbe anche per lui. Maurizio Milani ha il cabaret nel sangue ma sa anche scrivere e molto bene, perchè l’umorismo ce lo insegna Pirandello è una cosa seria.
di Luigi De Rosa