Pandemia: l’uomo ai tempi del Coronavirus

22 marzo 2020 | 23:02
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Pandemia: l’uomo ai tempi del Coronavirus

La chiarezza è cosa molto rara al giorno d’oggi mentre ben chiaro e delineato è invece il futuro che ci attende. Ciò che non si conosce fa paura. Un virus che conta vittime ma a vuoto, di una letalità non stimabile al momento essendo correlata ai contagiati asintomatici di cui risulta quasi impossibile conoscerne il numero non avendo una capacità di analisi così importante. Ogni morto merita rispetto da qui l’irrefrenabile tentazione di nutrirsi della disperazione altrui soprattutto grazie all’ineccepibile lavoro mediatico. In preda alla fobia abbiamo creato uno scenario apocalittico, da fine del mondo e giocando a favore delle istituzioni. Un paese fragile d’altronde è più esposto a rischi sanitari… Ma fin dove arriva l’emergenza reale? Prima di prendere importanti decisioni bisogna calcolare rischi e benefici. Mentre la Corea ha dimostrato che si può gestire l’emergenza in maniera differente, efficace e senza abominevoli restrizioni, noi, abituati ad affrontare i problemi delegando, troviamo conforto stringendoci intorno al folclore, parte essenziale della nostra cultura e combattiamo a suon di canzoni e balletti. Un governo invece non ben consapevole del fatto che abbiamo un paese marchiato da un perenne dissesto economico, si trova ovviamente impreparato nell’ affrontare nuove sfide. Per una sanità precaria in ovvia emergenza ne viene colpevolizzato il singolo individuo. E a spese nostre paghiamo mentre scaricano la responsabilità sulla popolazione immatura. Obbedire si, ma non senza lamentarsi.
Guardare la realtà con senso critico è importante per non lasciarsi sopraffare ed assuefare nel giudizio dallo spirito dei tempi.
L’essere umano è egoista, da sempre. Poco sensibile e attento alle problematiche che affliggono quotidianamente il mondo, mente dapprima a se stesso e poi agli altri per dimostrare di essere cambiato. Ma il cambiamento di valori è un processo interiore complesso e lungo. Improvvisamente siamo diventati empatici, una società unita con grande senso di responsabilità, disumana umanità. la verità invece risiede nella paura. Restiamo a casa non per senso di responsabilità collettiva ma solo per paura. Paura di ritorsioni legali, paura del contagio, paura di ammettere la verità senza avere cognizione del reale pericolo che incombe.
Nauseato dall’italiano medio che punta il dito verso i “dissidenti” ed urla a gran voce: “Bisogna restare a casa!”. Vista la situazione è arrivato il momento di pensare a come e quando ripartire, con quali modalità. Prepariamoci a un mondo diverso, destinato a cambiare non per il coronavirus ma con il coronavirus.

Anonimo