Cimitero chiuso. Lettera a cuore aperto di una vedova: “da quando non c’è più l’uomo della mia vita, ogni giorno mi sveglio presto al mattino, faccio colazione, ascolto il tg e vado da lui”.
Ognuno di noi, in questo periodo di quarantena ha dovuto sacrificare le proprie abitudini ed ha avuto delle mancanze: l’impossibilità di abbracciare i propri cari, il poter andare a lavorare, in palestra, al bar con gli amici ecc… Una segnalazione molto toccante, invece, arriva da Molfetta dove una vedova, innamoratissima del marito perso, era solita ogni giorno andare al cimitero a trovarlo. Ebbene, con la chiusura dei cimiteri, il dolore della donna è stato talmente forte da portarla a scrivere una lettera di sfogo al giornale di Molfetta: “Cara redazione, provo a coinvolgervi in questo mio sfogo per farmi portavoce di una situazione che, come me, tanti stanno vivendo. Mi mancano tante cose della mia quotidianità ma, più di ogni altra cosa, mi manca varcare il cancello del cimitero. Passare a trovare mio marito. Sì, sono vedova. E da quando non c’è più l’uomo della mia vita, ogni giorno mi sveglio presto al mattino, faccio colazione, ascolto il tg e vado da lui. Anzi, andavo. I fiori belli freschi mi aspettavano. Passare a trovarlo era praticamente un appuntamento fisso delle mie giornate. Questo maledetto coronavirus mi ha portato “via” anche la preziosa routine di ogni giorno. Ho i miei figli a casa, ma mi sento ancor più sola. Un paradosso, direte. Ho condiviso la scelta della chiusura del cimitero. È giusto. Evitare assembramenti e proteggere le fasce più sensibili è stato opportuno. D’altro canto sono passati cinquanta giorni, il 4 maggio saranno due mesi e non si sa, se nella “fase 2″, si potrà andare al cimitero. Certo, il dialogo con mio marito non manca mai, ma mi rattrista sapere che non gli ho potuto portare la più bella margherita che riserva questa primavera. Ci sono tante cose che non comprendo in queste scelte del governo e del comune. E non credo di essere l’unica ad interrogarmi. Per quanto tempo ancora dovrò rassegnarmi a questa situazione? Come faccio a convincermi che mio marito è così lontano da me, da non poterlo nemmeno andare a trovare in quel luogo che era diventato il nostro? Come si fa ad assembrarsi in un luogo dove ognuno, silenziosamente, va a trascorrere intimamente del tempo con il proprio caro? Non si potrebbe semplicemente regolamentare i flussi? Ringraziandovi per aver dato libero sfogo ai miei pensieri, vorrei rivolgermi a chi governa questa città. Vorrei dire loro che quel lucchetto al cancello del cimitero ci toglie il fiato. Che quel fiorellino non è semplicemente un omaggio. È dialogo. intimità. Tutto questo, a casa, non si può replicare. Stiamo ripartendo in Italia. In questo momento i comuni stanno trovando soluzioni anche per le aperture del cimitero. Per esempio su prenotazioni o per cognomi. Però si parla di aperture. Non di chiusure. Aperture che per me, ma credo anche per tantissimi altri, significherebbero vivere con un macigno in meno e un sorriso in più. Significherebbero tornare a respirare un pizzico in più. Con le dovute precauzioni si può rendere meno solitario questo periodo di emergenza che è già sinonimo di solitudine. Scusatemi se mi sono dilungata. Grazie, di cuore”.