Sorrento . In onore e ricordo di Torquato Tasso

26 aprile 2020 | 22:40
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Sorrento . In onore e ricordo di Torquato Tasso

Sorrento ( Napoli ) . Non ci è sembrato il caso di sovrapporre all’evento del 25 aprile, il ricordo dell’anniversario della morte di Torquato Tasso e lo facciamo oggi, anzi, in onore e stimolo agli studenti che si accinge-ranno alle fatiche degli esami, siamo andati a scegliere parole più degne delle nostre per poterlo “celebrare”. «L’antico scrittore della vita di Virgilio ci ha serbato memoria di un albero che prese nome da quel sommo epico, e che fu poi lungamente in celebrità. Non manca al cantore di Goffredo anche questa simiglianza col cantore di Enea. Noi visitiamo l’albero del Tasso, come gli antichi visitarono l’albero di Virgilio. Ma l’albero di Virgilio, piantato al nascer suo, era memoria dello straordinario cominciamento della sua vita; quello del Tasso eccita la rimembranza delle sue sventure e della morte. Disingannato di ogni umana speranza spesso quel sovrano ingegno (e chi non sentì talvolta pungersi da tal desiderio?) bramò riparare nella quiete dei chiostri. Qui in Roma pensava un temo condursi a vivere nel convento di S. Maria del popolo per ritirarsi dalla frequenza alla solitudine, dalla fatica alla quiete . Stette contro alla intenzione sua quella miserabile vicenda di speranze e di timori, che lo faceva cercar sempre e fuggire novelle sedi, tutta correndo l’Italia. Ma come sentì affievolite ed infrante le forze del corpo, tornò con l’animo, quasi impedito meno e più franco, a quel proposito. Le menti degli uomini erano tutte piene quale del desiderio, quale della curiosità, o della invidia o del diletto, per la prossima celebrazione del suo poetico trionfo; e il trionfatore s’involava agli sguardi di tutti, più non bramando ricompensa o corona, salvo che nel cielo. Il pellegrino già stanco si riposava nel tempio: la vetta del Gianicolo s’illustrava così di uno splendore, che mancò al Campidoglio. La lettera che il Tasso scrisse di S. Onofrio, prendendo congedo dal suo affezionatissimo Costantini, non si può leggere senza sentirsi commosso a mille diversi affetti e gagliardi. Questo insigne documento di tanto uomo merita che qui sia riferito. “Che dirà il mio signor Antonio, quando udirà la morte del suo Tasso? E per mio aviso non tarderà molto la novella; perch’io mi sento al fine de la mia vita, non essendosi potuto trovar mai rimedio a questa mia fastidiosa indisposizione, sopravenuta a le molte altre mie solite; quasi rapido torrente, dal quale, senza potere avere alcun ritegno, vedo chiaramente esser rapito. Non è più tempo ch’io parli de la mia ostinata fortuna, per non dire de l’ingratitudine del mondo, la quale ha pur voluto aver la vittoria di condurmi a la sepoltura mendico; quando io pensava che quella gloria che, mal grado di chi non vuole, avrà questo secolo da i miei scritti, non fusse per lasciarmi in alcun modo senza guidardone. Mi sono fatto condurre in questo munistero di Sant’Onofrio; non solo perché l’aria è lodata da’ medici, più che d’alcun’altra parte di Roma, ma quasi per cominciare da questo luogo eminente; e con la conversazione di questi divoti padri, la mia conversazione in cielo. Pregate Iddio per me: e siate sicuro, che sì come vi ho amato ed onorato sempre ne la presente vita, così farò per voi ne l’altra più vera, ciò che a la non finta ma verace carità s’appertiene. Ed a la Divina grazia raccomando voi e me stesso. Di Roma, in Santo Onofrio” » . «Con tali sentimenti chiuse il Tasso i suoi giorni a’ 25 di aprile del 1595, in età di soli cinquantun anni. Parve che la fortuna volesse ancora dopo morte inseguirlo; perciocché, benché fosse onorato di splendide esequie, per più anni ei non ebbe al sepolcro distinzione di sorta alcuna. Finalmente dal cardinale Bonifacio Bevilacqua gli fu nella chiesa di S. Onofrio innalzato un onorevole monumento, ma degno di una iscrizione migliore di quella di cui fu onorato» . Speriamo che l’aulico linguaggio, il ricordo del Tasso e il rispetto dei nostri anziani che silenziosamente si sono incamminati verso l’Eterno ci ispiri ad alte mete perché: « A egregie cose il forte animo accendono / L’urne de’ forti, o Pindemonte; e bella / E santa fanno al peregrin la terra / Che le ricetta» (Ugo Foscolo, I Sepolcri).
Aniello Clemente