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Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai

9 giugno 2020 | 20:52
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Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai
Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai
Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai
Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai
Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai
Il “Mediterraneo” di Positano, tana d’artisti e buongustai

Nelle grandi città c’è sempre un ristorante scelto da alcuni artisti come porto sicuro, ricovero dove mangiar bene e rilassarsi, scambiare quattro chiacchiere con i colleghi o con gli amici. Nella ville lumière erano famosi i café parisiens, su tutti “Le Café de Flore”, nel quartiere di “Saint-Germain-des-Prés“, dove potevi incontrare tanto Jacques Prévert quanto Simone de Beauvoir con l’immancabile Jean Paul Sartre; ancora oggi questa tradizione non si è persa, penso al “BaoBar” di Milano che della promozione di giovani artisti ha fatto una missione. A Positano una di queste “tane d’artista” c’è da tempo, ed è il ristorante “Mediterraneo” di Enzo Esposito. Il ristorante Galleria d’Arte di Enzo Esposito è nella parte alta della città del pistrice, un locale nato più di vent’anni orsono per volontà di Enzo che volle trasformare il suo showroom in un luogo dedicato alle Muse e alla buona cucina. Letto sul Corriere della Sera che riapriva, alle spalle finalmente il lockdown e tutte le sue restrizioni, ho voluto testare la cucina della brigata della famiglia Esposito godendomi anche la sua collezione di quadri e di libri. Il ristorante “Mediterraneo” è location calda e accogliente, il personale cordiale e disponibile, colpiscono subito i quadri alle pareti, mi viene in mente che il Signor Esposito ha ospitato artisti del calibro di Peter Ruta, i cui quadri fanno parte anche della collezione di Peggy Guggenheim, pittore che della Costa d’Amalfi è stato ambasciatore negli States, mi azzardo a scrivere. Fra une entrée di mare e uno spaghetto alla “Mediterraneo”, che per uno schiavo del carboidrato come me sono indispensabili per concludere degnamente la serata, mi gusto anche i racconti del mio ospite che quando descrive i “suoi” pittori ha la verve compita e appassionata di un Bonito Oliva. L’ultimo artista ospitato in questo ristorante Galleria è stato Vicente Hernandez surrealista cubano che è venuto a cercare in Europa quello che lui definisce “lo real maravilloso” a metà strada tra René Magritte e Andrè Breton: Essere surrealista significa bandire dalla mente il già visto e ricercare il non visto. Il non visto è: mirabĭlis. Bevo dal calice un sorso di falanghina, la carte des vins è quella che ti aspetti da un ristorante di Positano. Chiedo a don Vincenzo Esposito di Gianni Menichetti, mi mostra un quadretto che raffigura una Poiana, straordinario animale realizzato in lamine d’oro che abbagliano; una volta, su uno dei sentieri dei Monti Lattari, mi è capitato di assistere allo spiccare il volo di uno di questi rapaci, la poiana ha una potenza e un’eleganza nel librarsi in aria pari solo all’aquila. Menichetti, che vive con gli animali e per gli animali sa cogliere come Ligabue certe caratteristiche dell’animale che ritrae e le traduce in colori. Il limoncello libera il palato dal grasso sapido delle alici. Mi piacerebbe avere più tempo da trascorrere al “Mediterraneo” , ho piacere che fuori sul piccolo patio coppie inglesi conversino amabilmente così come alcuni italiani dall’inconfondibile accento settentrionale, segno di una rinascita che meritiamo tutti: dispiace profondamente per chi non ce l’ha fatta. L’appuntamento è a Positano dunque Via Pasitea 236, siate o non siate artisti sarete i benvenuti sempre.
di Luigi De Rosa