Il caro amico Eduardo Fiorentino, socio e parte attiva del Consiglio di Amministrazione dell’Istituto di Cultura “Torquato Tasso” di Sorrento, di cui mi fregio di essere il segretario, mi informa della lettera inviata al Comune per la riapertura della Biblioteca. Scrivo quanto segue a titolo personale, senza pregiudizi di sorta o influenze partitiche, come amante della cultura e umanista. Quel che mi colpisce della lettera non è tanto il contenuto ma la firma apposta: Eduardo si firma “Cittadino”. Il cittadino è un abitante o residente in uno Stato del quale possiede la cittadinanza avendone i conseguenti diritti e i doveri. Tale definizione ha origine dalle antiche “città stato” e specialmente in Roma chi ne era cittadino, e quindi ne aveva o ne conseguiva la cittadinanza, era tutelato e si considerava protetto e intoccabile in ogni luogo dell’impero e anche nelle città straniere. Il conseguimento dello status di “cittadino romano” fu considerato a lungo un privilegio e l’aspirazione ad esserlo, da parte degli abitanti delle zone sotto il dominio romano, fu anche oggetto di aspre contese tra Roma e le altre popolazioni italiche. Il termine subì varie interpretazioni e all’epoca dei Comuni il termine identificava quella classe sociale superiore ai popolani ma inferiore ai nobili. Ecco, forse, qualcuno considera il “cittadino” inferiore al “nobile” che in quest’epoca è per me assimilabile al “politico”. Porto alla vostra attenzione la Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e del Cittadino del 1789 (Déclaration des Droits de l’Homme et du Citoyen), un testo giuridico elaborato nel corso della Rivoluzione francese, contenente una solenne elencazione di diritti fondamentali dell’individuo e del cittadino. Dopo il successo della Rivoluzione Francese, l’Assemblea nazionale costituente decise di assegnare a una speciale commissione di cinque membri il compito di stilare una Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, da inserire nella futura costituzione, nell’ottica del passaggio dalla monarchia assoluta dell’Ancien Régime a una monarchia costituzionale. Sei settimane dopo la presa della Bastiglia e sole tre settimane dopo l’abolizione del feudalesimo, la Dichiarazione attuò uno sconvolgimento radicale della società come mai era avvenuto nei secoli precedenti. Gran parte del contenuto della Dichiarazione confluì poi nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, adottata dalle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948. Ancora oggi, la Dichiarazione è una legge di rango costituzionale della Repubblica francese. Un “cittadino”, quindi, può e DEVE urlare che la cultura non è un lusso per pochi, ma un importante strumento di promozione umana. Alcuni imbelli osservano che la parola, la poesia, la letteratura sono “inutili”, ma Sorrento è sempre stata famosa per questa sua gratuita “inutilità”, perché ricordava Paul Ricoeur: «Solo una cultura viva, allo stesso tempo fedele alle proprie origini e in stato di creatività è capace di sopportare l’incontro con le altre culture, e anche di dare un senso a quell’incontro» (La questione del potere, 1992). Scopo del presente articolo è quello di proporre la cultura come possibile grimaldello per scardinare odi e pregiudizi, «in un tempo in cui solo le letterature e le musiche dei differenti “mondi del mondo” sembrano parlarsi, mischiarsi e tradursi incessantemente alla pari, salvando ed esaltando le differenze e, nello stesso tempo, il loro instancabile e progressivo colloquio. In un mondo in cui la cultura globale di massa serve, invece, a far svanire la pluralità dei mondi e ad appiattire sempre più verso il basso il gusto comune umano per l’intelligenza e il piacere, per l’imprevedibile e la novità. Così che nessuno possa sospettare che non c’è nulla veramente in comune tra mondi, se non i due lati dell’ingiustizia, della violenza e dello sfruttamento tra le due “razze” della specie umana presente: la minoranza senza volto dei ricchi e dei padroni, e la maggioranza dei diseredati e degli oppressi» . Sogno, con Goethe, di una Weltliteratur (letteratura del mondo) come tensione al miglioramento dell’uomo e del credente perché la cultura e la fede devono cambiare il nostro modo di vivere e di pensare, di agire e di essere, solo così possiamo essere costruttori di pace .
Aniello Clemente