Conca dei Marini. Il restauro della Chiesa di San Giovanni Battista
Conca dei Marini ( Salerno). Un bel risultato del parroco don Danilo Mansi atteso a Positano in Costiera amalfitana. Riportiamo Articolo su Fermento di luglio, mensile della Chiesa Arcidiocesi di Amalfi Cava de’Tirreni, a firma di don Pasquale İmperati
“Appollaiata sulle rocce, so-
spesa tra mare e cielo”: potremmo così presentare la chiesa di
San Giovanni Battista, in Conca
dei Marini, per la sua incantevole
ambientazione, che sembra frutto
della fantasia di un pittore, inve-
ce è proprio reale. Non mancano
davvero angoli di inconsueta sug-
gestività lungo la nostra costa, ma
il sito dove sorge questa chiesa è
un luogo assolutamente unico e
sublime. Qui si danno l’abbrac-
cio il tremendum e il fascinans
e rimandano con immediatezza
all’Assoluto. Qui la mano divina,
che ha plasmato il soave disegno
della natura, e la mano umana,
che ha realizzato questo inusitato
gioiello d’arte, hanno mirabil-
mente concorso ad un risultato
traboccante di meraviglioso e di
sorprendente. Mistica bellezza!
Il luogo, per la sua stessa singo-
lare conformazione, appare quasi
dotato di intrinseca sacralità e, per
questo, assimilabile ad una peren-
ne teofania naturalistica. Non è
inverosimile che sia stato scelto
per una destinazione religiosa fin
da epoche molto remote.
La storia di quest’opera archi-
tettonica è complessa e non an-
cora ben chiarita. Le sue origini
vengono riportate ai secoli XI-
XII, quando fu eretta forse in stile
bizantino, per essere trasformata
ed ampliata successivamente nel-
lo stile romanico amalfitano, pe-
culiare della nostra cultura locale,
con coperture voltate simili al go-
tico. Sul lato destro della chiesa
sorgeva anche un “ospedale” per
poveri ed ammalati, i cui resti,
ancora visibili nel Seicento, sono
stati inglobati nella costruzione
dell’attuale sacrestia. Gli inter-
venti trasformativi posteriori han-
no conferito all’edificio l’aspetto
tuttora conservato, singolarissimo
nelle membrature architettoni-
che, nelle proporzioni spaziali e
nei rigogliosi partiti ornamentali.
L’esiguità dello spazio, la luce
soffusa, le basse coperture e le
massicce murature conferiscono
all’ambiente interno il senso sa-
cro del “rifugio”, della “protezio-
ne”, del “nascondimento”, mentre
l’imponente facciata neoclassica
comunica e illustra all’esterno la
magnificenza dell’interno “tesoro
nascosto”.
Un ampio programma di re-
stauro, realizzato lo scorso anno,
ha interessato tutte le facciate
della chiesa e del campanile. I
lavori, seguiti dal parroco don
Danilo Mansi e dall’architetto
Marco Cretella, hanno beneficia-
to del finanziamento della CEI
e del contributo della comunità
locale. Sono stati recuperati i co-
lori originari delle facciate e re-
stituiti con intonaci tradizionali a
calce: un vivace rosso antico per
la facciata principale e differenti
tonalità di giallo per le altre fac-
ciate e per il campanile. Paraste,
modanature, decori e fregi del-
la facciata principale sono stati
messi in risalto con un elegante
contrappunto cromatico. Larghe
tracce di intonaco originario gial-
lo sono state, invece, lasciate in
vista sulle facciate laterali. Sono
state recuperate e restaurate, inol-
tre, le maioliche policrome del
cupolino del campanile. L’Ufficio
Diocesano Beni Culturali segnala
questo intervento per la virtuosità
della sua esecuzione.
Con questo coraggioso recupe-
ro dell’antico cromatismo, l’edifi-
cio ha ritrovato un po’ le sue ori-
gini ed è tornato in una relazione
con il contesto in cui esso si stac-
ca con maggiore forza e si impone
con maggiore dignità. Il fascino di
questo connubio di natura e arte è
difficilmente descrivibile, ma per
chi è alla ricerca di infinito esso
è tappa di ristoro, caparra di con-
templazione, esperienza d’estasi.