NA 4/7/20 LETTERA APERTA AL PIU’ GRANDE AMORE DELLA MIA VITA.
Cara Angela,
Ho saputo stamane da tua figlia della tua dipartita a seguito di una grave malattia e mentre ti scrivo le mie lacrime di dolore bagnano questo scritto. Ti sei ricongiunta ora con la tua mamma e il tuo papà. Mi auguro che il Signore ti accolga tra le sue braccia!
Con questa mia lettera, non credo di far torto né a mia moglie né a tuo marito, perché essa rappresenta la cronaca del nostro vissuto, tra amore, delusioni ed amarezze di gioventù accompagnate da ricordi restati impressi nella memoria e nel cuore.
Ci siamo conosciuti in età molto verde, ma quando a causa della guerra ti trasferisti fuori Napoli con la famiglia, il mio grande amore non era ancora sbocciato, eravamo ancora bambini ambedue.
Vivemmo la guerra, i bombardamenti, le privazioni, le paure, tu con la tua famiglia in un paese nei pressi di Napoli ed io in questa martoriata Città con i miei. Noi ci spostammo in tre dimore diverse, ma sempre a Napoli mentre tu con la tua famiglia e il cane tornaste a guerra finita. Quando ti vidi tornare nella tua dimora a Napoli, ricordo perfettamente la tua immagine, avevi il cane al guinzaglio; mi si riscaldò il cuore, che restò colpito profondamente nel profondo del mio essere. Era la prima volta che mi accadeva. Ricordo perfettamente i tuoi occhi azzurri come il mare e i biondi capelli che ti cadevano sugli acerbi seni, rendendo la tua immagine bella, anzi bellissima e adorabile come una Madonna.
Io ero nessuno, ero il figlio di una modesta famiglia. Ai primi anni delle medie, non mi piaceva studiare, non ne avevo ancora capito l’importanza. Che avvenire potevo darti? Era meglio che tu dedicassi il tuo amore a qualcuno che avrebbe potuto offrirti un futuro sicuro, per lo sviluppo di una famiglia agiata. Noi eravamo una famiglia modesta, anche se onesta, mia madre, donna di grandi virtù si sacrificava al massimo per non far mancare a me e mia sorella il necessario. Si arrangiava nel suo lavoro in tutti i modi. Mio padre, dopo il suo ritorno dalla guerra, ritornò a lavorare come spedizioniere.
In quel periodo che riflette il dopoguerra, mi resta cara la canzone dello stesso periodo: Io t’ho incontrata a Napoli bimba dagli occhioni blu!…
Durante l’estate, forse erano gli anni 45 o 46, i lidi balneari non erano ancora stati reinstallati e con te, i tuoi fratelli e la mia sorellina, andavamo al bagno sugli scogli di via Caracciolo, al lido “mappatella”. Portavamo con noi un ombrellone che piazzavamo tra gli scogli e lì trascorrevamo con altre famiglie, molte ore dal mattino al pomeriggio, con una colazione che le nostre mamme ci preparavano. Tra una immersione e l’altra, quando prendevamo il sole, sedevo su uno scoglio di fronte a te, il mondo che ci circondava scompariva dai miei occhi e dalla mia mente, lasciando posto solo alla tua immagine, guardavo i tuoi azzurri occhi, i capelli biondi che incorniciavano il viso di Madonnina e cadevo in estasi di te. Quella frequentazione balneare contribuì in modo rilevante ad accrescere la mia ammirazione, il mio amore e il mio bisogno di te, ma tu sembravi fredda e se non capivi la forza del mio amore, forse la colpa era solo mia. Ambedue eravamo ingenui ed io non avevo il coraggio di dichiararti quanto era grande e puro il mio sentimento per te.
Fu in quel periodo, ti imponesti con inconsapevole prepotenza nel profondo del mio cuore. Il desiderio di te, di assaggiare il sapore della tua bocca, di carezzare delicatamente il tuo viso, stringerti forte al mio petto, respirare la tua aria, si accresceva sempre più. Ogni momento che trascorrevo in tua compagnia, era per me motivo di grande felicità.
Quando prendesti la Prima Comunione, mi mostrasti una tua foto dell’evento, vestivi un candido vestito bianco, eri bellissima.
Iniziasti poi a frequentare una scuola privata e la domenica andavi a messa nella cappella di quella scuola; per starti vicino, imparai anche a servire la messa e la domenica venivo in quella cappella all’ora che andavi in chiesa, per tenerti il piattino sotto al mento quando prendevi la comunione.
Un giorno qualcuno che non ricordo, mi suggerì: “prendi un tuo ed un suo capello, legali assieme e mandali via con il vento, più nulla ti staccherà da lei per sempre”, e così è stato!. Ti chiesi un capello, me lo donasti, lo annodai ad uno mio e li feci volare al vento, nella speranza che quella unione si sarebbe realizzata anche nella realtà. Chissà in quale parte del globo si trovano attualmente!
Avevo forse 14 o 15 anni, mi sentivo eccitato, il desiderio di baciarti divenne impellente, era un pomeriggio di un qualsiasi giorno, eravamo soli in una camera in casa mia, ti abbracciai e incollai le mie labbra alle tue; restammo fermi qualche attimo senza muoverci, era la prima volta che baciavo e forse anche tu, non sapevo neanche farlo!
In quel periodo, per la scuola ero un fannullone, persi anche un anno a causa di tanti filoni. Forse quella fu un’altra delle ragioni che contribuirono ad allontanarti da me. Ero ancora nessuno! Appena lo capii, ripresi a studiare alacremente, decisi di voler fare il giornalista e il fotoreporter andai in America a studiare ed aprii un progetto nella mia mente che mi consentì poi, di ricoprire un incarico importante tra Italia ed estero per molti anni.
Ciò però, si realizzò troppo tardi per concretizzare quanto avevo desiderato con tutte le mie forze; sposarti, amarti per tutta la vita, creare con te una famiglia e dei figli da crescere, nell’esempio del nostro amore.
La mia memoria si riporta ad alcuni flash dell’immediato dopoguerra, quando tu, io, il nostro amico Lino e un’altra ragazza, qualche pomeriggio andavamo al cinema che era nella nostra zona. Lino e la ragazza sedevano nella fila davanti a noi, tu ed io nella fila subito dietro. Su quelle sedie di duro legno, voi ragazze prendevate posto a filo di corridoio e noi accanto a voi. Quando nell’oscuro della sala cinematografica, illuminata solo dalle luci rosse sulle porte di ingresso e dalla lampada della “maschera”, con il cuore che mi martellava nel petto e il sangue che mi pulsava alle tempie, un brivido di emozione e di piacere percorreva il mio essere, allungavo il braccio destro sino alla tua spalla e dolcemente ti spingevo verso di me, sino a farti poggiare il capo sulla mia spalla, mentre i tuoi biondi capelli pendevano tra il mio torace ed i tuoi acerbi seni. Sentivo il tuo respiro che si fondeva con il mio, mentre l’impulso puberale che mi eccitava, non riusciva ad avere la prevalenza sulla purezza del mio amore, perché esso aveva alla base, un profondo rispetto di te, e il solo pensiero di metterti le mani addosso, costituiva nel mio credo, un sacrilegio. Ti vedevo e ti amavo come una Madonna e le Madonne non si toccano con scopi sacrileghi; si venerano! Ed io ti ho venerata come tale! Mi hai fatto provare una felicità che è restata scolpita indelebilmente nel mio cuore e che non ho mai più provato nella mia vita. Quando nel cinema, prendevo la tua mano nella mia, cresceva la mia gioia e con essa, quell ’ansia che mi procurava il correre delle lancette verso le 20:30, ora del mio forzato rientro a casa che mi deprimeva.
La cronistoria non segue un ordine di date certe, perché sono flash della mia memoria, catalogati senza una data precisa; ricordo però, che spesso Lino, mio caro amico, da anni passato nel regno dei più, una ragazza che abitava accanto a noi e mia sorella, il pomeriggio eravamo in casa tua con te a giocare a canasta. Nello stesso periodo, tu avevi iniziato a frequentare l’ambiente di via dei Mille e ti fidanzasti con un ragazzo di famiglia benestante, successivamente, passasti nelle braccia di “G.S”; sapessi quanto dolore mi provocasti e quanto ho invidiato quei ragazzi che godevano del privilegio del tuo amore.
Poi il tuo fidanzamento con l’uomo che doveva divenire tuo marito. Non ricordo l’anno, ma ti vedevo con lui durante l’estate al lido Villa Mazziotti a Posillipo.
Fece seguito il tuo matrimonio, avvenimento che concluse la mia disfatta sentimentale con te. Il giorno che andasti sposa, andai a pescare da solo per un pianto liberatorio e per cercare di distrarmi da quella sconfitta subita. Mi sentivo male e masticai amaro per parecchio tempo.
A questo punto, a scopo di riservatezza, faccio ammenda del periodo che ne seguì.
Successivamente, anche io sposai Maria la compagna della mia vita e faccio ancora ammenda del mio vissuto di diversi anni.
Riprendo, da quando tornai a lavorare a Napoli. Avevo un’ora di spacco, andavo a casa dei miei genitori per pranzo e quasi ogni giorno ci incontravamo, tu andavi da tua madre che era ammalata ed aveva bisogno delle tue cure. Ci fermavamo qualche minuto per salutarci sempre nel massimo reciproco rispetto, ma non nell’assenza nel mio cuore di quella fiamma che non ha mai smesso di ardere dentro di me.
Poi la morte di tua mamma, persona che ricordo con tanta simpatia, causò il termine dei nostri incontri.
Un giorno di un certo anno, ci siamo incontrati a casa di mia madre, che per te ci teneva tanto. A sua richiesta, eri andata a giocare a carte con lei. Durante una sua breve assenza dalla camera, andata in cucina a prepararti il caffè, ti parlai del nostro vissuto pregresso e con molta emozione, mi accorsi che una furtiva lacrima bagnava i tuoi ancora bellissimi occhi; mi chiedesti: “ma perché non me lo dicesti?” Ti risposi: non lo so; l’ amaro destino così ha voluto.
Ci siamo poi persi di vista non ti ho sentita o incontrata sino a quando morì mia madre. Ti rividi un giorno nell’autobus 128, ma non ricordo quanto tempo è passato; forse diversi anni.
L’ultima volta che ti ho vista, fu davanti alla Galleria Vanvitelli, io scendevo dall’autobus e tu salivi; ci salutammo di sfuggita. Da allora, non ti ho più vista né sentita. So che hai attraversato un periodo poco sereno e di ciò, credimi, mi dispiace profondamente!
Se leggerai questo mio scritto forse ti chiederai… ma perchè lo ha scritto? Perché desidero che tu possa ricordare, che il primo amore non si scorda mai, tu sei stata il mio primo amore e… che Dio mi perdoni, resti il mio unico e più grande amore della mia vita per l’unicità di quei sentimenti che mi hai fatto provare.
Per me il sole si è alzato con te ed è tramontato con te!
Bacio simbolicamente la tua mano, conservando simbolicamente sulle mie labbra il sapore della tua pelle.
Alberto