L’unità d’Italia sul sangue dei meridionali

6 agosto 2020 | 08:07
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L’unità d’Italia sul sangue dei meridionali

Come ha evidenziato Aldo Di Biasio nel suo La Questione Meridionale in Terra di Lavoro, nel periodo precedente l’unificazione, nella valle del Liri-Fibreno vi erano ben quindici lanifici con le dimensioni di grande industria. Un dato balza agli occhi dalla pianta della provincia di Terra di Lavoro eseguita dal Marzolla nel 1850: Arpino contava 12.699 abitanti, Caserta, che era il capoluogo, 10.845. Vi è da aggiungere che a Isola del Liri, il 28 maggio 1852 ebbe luogo un episodio di luddismo che, come ha evidenziato lo “scopritore”, Silvio de Majo, costituisce il primo fatto di tal genere documentato in Italia. Com’è noto, nel 1860 il regno delle Due Sicilie fu conquistato da quello di Sardegna e il 30 ottobre di quello stesso anno, ad appena quattro giorni dal fatidico incontro a Teano, la tariffa doganale piemontese fu estesa all’ex regno delle Due Sicilie. Una dopo l’altra chiusero tutte le fabbriche che producevano panni di lana nella valle del Liri. Come ha evidenziato Denis Mack Smith, cominciò allora la corrente migratoria dal sud Italia verso l’America, «che divenne ben presto una vera e propria inondazione». Il raffronto fra la situazione precedente e quella successiva all’unificazione dell’intera provincia viene così tratteggiato dal prof. Carlo Zaghi nella sua Prefazione a La Questione Meridionale in Terra di Lavoro: «Terra di Lavoro! Una delle province più vaste, più popolate, più sviluppate e ricche di infrastrutture dell’intero Meridione sotto il dominio borbonico; una delle più diseredate, delle più sfruttate e abbandonate del nuovo Regno d’Italia: popolazione in continuo aumento, pressione fiscale intollerabile, brigantaggio a sfondo sociale con punte drammatiche di rara e cruenta efferatezza, servitù militari insostenibili, ristagno degli investimenti pubblici e cessazione automatica dei molteplici privilegi dei quali la provincia aveva fruito negli anni precedenti, recessione manifatturiera, crollo massiccio dell’occupazione operaia e contadina, pauperismo, emigrazione, ecco solo alcuni dei problemi che la provincia presenta dopo l’Unità». Allargando lo sguardo all’intero ex Regno delle Due Sicilie rileviamo che non meno significative sono le pagine dedicate da Francesco Saverio Nitti al raffronto fra la situazione preunitaria e quella successiva all’unificazione, che ha dimostrato con dati, fatti e cifre che, con l’annessione al Regno d’Italia, il meridione peggiorò la sua situazione, rispetto alle sue capacità, diede allo Stato un contributo di imposte e di tasse nettamente superiore a quello del Nord: «È vero che il nuovo Stato si assunse i debiti degli Stati preunitari, ma, osserva il Nitti, mentre il Regno delle Due Sicilie ne presentò circa trentacinque milioni, il Piemonte, molto più piccolo per superficie e per popolazione, ne aveva circa sessantuno milioni; inoltre il 65% di tutta la moneta circolante era del Sud ed in pochi anni, in conseguenza delle nuove imposte e della vendita dei beni demaniali ed ecclesiastici, emigrò al Nord e fu impiegata per lavori pubblici nel Settentrione. In conclusione, il Sud, entrato nel nuovo Stato, fu privato dei suoi capitali ad esclusivo vantaggio del Nord e fu esautorato delle sue risorse finanziarie». Che la situazione fosse realmente quella descritta viene riconosciuto anche dall’uomo politico e economista piemontese Luigi Einaudi, il quale, com’è noto, è stato anche presidente della Repubblica italiana: «Sì, è vero, noi settentrionali abbiamo contribuito qualcosa di meno ed abbiamo profittato di più delle spese fatte dallo Stato italiano; è vero che abbiamo spostata molta ricchezza dal Sud al Nord con la vendita dell’asse ecclesiastico e del demanio e coi prestiti pubblici; è vero che abbiamo ottenuto più costruzioni di ferrovie, di porti, di scuole e di altri lavori pubblici». Non sarà fuori luogo concludere questa breve carrellata di scritti sulla questione meridionale con una considerazione di Antonio Gramsci che così si espresse: «Lo Stato italiano è stata una dittatura feroce che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meri-dionale e le isole, squartando, fucilando, seppellendo vivi i contadini poveri che scrittori venduti tentarono di infamare col marchio di briganti. Settecentomila civili massacrati (su una popolazione totale di nove milioni di abitanti), cinquecentomila cittadini arrestati, sessantadue paesi incendiati, centinaia di migliaia di patrioti deportati nei campi di sterminio piemontesi. Tutto ciò fu l’Unità d’Italia» . Ho lasciato “parlare” persone più degne di me, non aggiungo altro1!
Aniello Clemente
1. Cf. FERDINANDO CORRADINI, Testo della conferenza tenuta in Cassino presso la Biblioteca comunale in occasione dell’Assemblea dei soci CDSC onlus il 28 febbraio 2007, in Studi Cassinati, anno 2008, n. 1