Positano. La magia del teatro raccontata da Martina Carpi

6 agosto 2020 | 20:55
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Positano. La magia del teatro raccontata da Martina Carpi
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Positano. La magia del teatro raccontata da Martina Carpi
Positano. La magia del teatro raccontata da Martina Carpi
Positano. La magia del teatro raccontata da Martina Carpi
Positano. La magia del teatro raccontata da Martina Carpi

Ieri sera a Positano aspettando il debutto della XVII edizione del Positano Teatro Festival – Premio Annibale Ruccello con la direzione artistica di Gerardo D’Andrea in programma il 7, 8 e 9 agosto, che vanta anche quest’anno, nonostante tutto quello che è accaduto, ospiti di grande spessore artistico come Antonella Morea, Enzo Moscato, Roberto Azzurro e Mariano Rigillo, ho avuto la fortuna di conoscere Martina Carpi attrice, ideatrice e realizzatrice di programmi radiofonici, madrina e presentatrice della kermesse positanese, che mi ha permesso di conoscere, attraverso i suoi ricordi, il grande teatro, quello che va in scena da sempre al Piccolo di Milano, e di discorrere amabilmente di Giorgio Strehler, Maestro insuperabile, Paolo Grassi e soprattutto di Fiorenzo Carpi uno dei più grandi pianisti e compositori italiani. Strehler stesso sottolineava, a margine di un’intervista sul “Piccolo”, come “il mio teatro è tenuto insieme dalle note di Fiorenzo Carpi”; Nicola Piovani invece aggiunge di Fiorenzo Carpi che “ha cambiato il concetto di musica di scena”. “Con mio padre”, mi racconta Martina Carpi, “il concetto di “musica applicata” alla narrazione teatrale abbandona il ruolo di semplice optional, e assume dignità di linguaggio fondamentale all’interno di uno spettacolo come una scenografia, come gli attori e come le parole”. Mentre ascolto Martina Carpi, mi tornano in mente le note di “Ma Mi”, “Le Martellate” ma soprattutto la colonna sonora del Pinocchio di Comencini, e non possono fare a meno di pensare che quel Pinocchio, non me ne vogliano Benigni e Garrone, rimane un capolavoro insuperabile. Comencini, Manfredi, Fiorenzo Carpi e lo stesso Andrea Balestri (Pinocchio) aggiunsero al romanzo di Collodi musica, poesia e colore. Ma Martina Carpi è nipote di un altro grandissimo artista del panorama delle arti figurative italiane, Aldo Carpi, pittore e accademico di Brera. Il lockdown ci ha privati della gioia di andare a teatro, ha cancellato dalla ribalta importanti iniziative culturali, tra queste mi piace menzionare “Al di là del Muro” spettacolo di cui Martina Carpi firma l’adattamento teatrale con musiche di Fiorenzo Carpi. “Al di là del Muro. Un artista nel lager” è un’opera tratta dal “Diario di Gusen” di Aldo Carpi. Lo spettacolo racconta una storia vera, quella vissuta dal nonno di Martina in un campo di concentramento. Aldo Carpi era un pittore, all’epoca dei fatti docente di pittura all’Accademia di Brera di Milano, di origine ebrea, era stato denunciato da un “collega” per antifascismo. Fu arrestato dalla polizia fascista nel gennaio 1944 a Mondonico, vicino Milano, dove era sfollato con la famiglia. Dapprima portato nel carcere di S. Vittore, venne trasferito a Mauthausen, e poi nel tragico “Kommando” di Gusen dal quale solo il due per cento dei deportati uscì vivo. Scrisse un diario, in forma di lettere alla moglie Maria, uno dei pochissimi usciti da un lager nazista. Se glielo avessero trovato lo avrebbero ucciso immediatamente. Riuscì a salvarsi e a tornare, fondamentalmente per due ragioni: Essendo pittore, gli ufficiali nazisti lo utilizzavano come loro ritrattista, si facevano fare i ritratti delle fidanzate; ma soprattutto perché, attraverso il diario e i disegni che vi sono racchiusi, continuò a coltivare la sua umanità. Anche in quelle infime condizioni riuscì sempre a mantenersi Uomo. Tornato dalla prigionia divenne Direttore dell’Accademia di Brera per acclamazione. Molti anni più tardi, il diario fu pubblicato a cura del figlio Giuseppe detto Pinin. “Al di là del Muro” è una storia italiana, che merita di essere ascoltata, che spero sarà possibile un giorno proporla anche qui a Positano. C’è dentro la vita con tutte le sue contraddizioni, amarezze, ma anche riscatto e gioia. Massimo Cacciari scrive che la tragedia dei lager rappresentò la disintegrazione di ogni prossimità, fratelli che si sbranavano perché giunti a ignorare ogni radice comune, “una lezione da non dimenticare” aggiunge Liliana Segre. Il teatro è nato proprio per questo, per non dimenticare le grandi tragedie fin dai tempi di Eschilo, Sofocle e Euripide. Quando si ha la fortuna di assistere a uno spettacolo di spessore si torna a casa con qualche risposta in più e qualche dubbio in meno. Sono anni che il Positano Teatro Festival promuove questa magia; anche con le mascherine anti-covid e il distanziamento l’incanto continuerà: siamo fatti per seguir virtute e canoscenze. Venite a teatro, in fondo durante il lockdown l’avete fatto spontaneamente affacciandovi ai balconi osservando basiti lo spettacolo del mondo di fuori senza di noi, cercando di capire guardando il vostro dirimpettaio che fine avremmo fatto. Il teatro è questo, ogni volta ci guardiamo allo specchio, cerchiamo di capire attraverso la vicenda umana di un altro qualcosa in più della nostra. L’appuntamento è per domani alle ore 20.45 nell’anfiteatro di Piazza dei Racconti, c’è Viviani da ascoltare e da vivere con Antonella Morea. Ecco il direttore artistico, Gerardo D’Andrea, guadagnare il centro della scena, fa l’inchino e annuncia con voce perentoria: Signore e Signori spegnete i cellulari e accendete il cervello, che lo spettacolo abbia inizio.
di Luigi De Rosa