Covid e marittimi, situazione difficile per chi è imbarcato così come per chi cerca imbarco
E’ di questi giorni la querelle ancora in atto tra Italia e Cina per il mancato sbarco di un equipaggio italiano che tiene in ansia le famiglie dei marittimi. In sintesi, una nave, la “MBA Giovanni” battente bandiera italiana dell’armatore Michele Bottiglieri, è ferma da tre mesi nel porto di Huanghuan, Cina, sulla costa nord-orientale, per motivi che cercheremo di sintetizzarvi e che appaiono per certi aspetti simili a quelli che stanno incontrando altri equipaggi italiani bloccati in altri porti esteri. L’equipaggio della “MBA Giovanni” è composto da sei italiani e 13 filippini. La nave aveva imbarcato carbone in Australia nel porto di Gladstone il 13 giugno, e dal 29 giugno è in attesa di un ormeggio per entrare nell’approdo cinese. Questo perché nel frattempo tra Australia e Cina si è accesa una diatriba politica che ha comportato una rivalsa economica da parte cinese, tant’è che quest’ultima non permette più l’importazione di carbone dall’Australia, inoltre per l’emergenza sanitaria sempre la Cina non ha permesso di sostituire l’equipaggio. Il comandante della nave, Giuseppe Pugliese, originario di Monte di Procida, ha dichiarato al Mattino, ediz. del 23 settembre 2020, articolo a firma di Patrizia Capuano, che a bordo ci sono marittimi che contano 14 mesi d’imbarco, altri 12 e lui stesso 11. Nonostante l’impegno costante dell’armatore italiano la situazione non si sblocca, e si attende un intervento della Farnesina. L’episodio della “MBA Giovanni” però è solo la punta dell’iceberg di una situazione drammatica che dall’inizio della pandemia vivono molti marittimi italiani, infatti, sono più di duemila quelli bloccati nei porti di tutto il mondo per problematiche legate soprattutto alle restrizioni anti covid che talvolta cambiano a seconda della nazione dove la nave fa scalo. Anche per venire incontro a queste problematiche, le maggiori organizzazioni sindacali, tenendo conto che un contratto d’imbarco di un marittimo italiano prevede una durata massima di sei mesi, ne hanno concordata un’altra di massimo undici mesi. Nel contempo Confitarma ha costituito un gruppo di lavoro in costante contatto con Farnesina, Ministero degli Interni, Ministero dei Trasporti e i vertici delle autorità marittime proprio perché occorre un lavoro coordinato e di sinergia tra le istituzioni competenti per intervenire e sbloccare vari problemi che possono sorgere a seconda dei paesi ai quali la nave mercantile chiede l’ormeggio. Infine ma non meno drammatica è la disoccupazione che incalza nell’intero comparto, sempre a causa della pandemia, infatti, il traffico marittimo ha registrato un netto calo, e molto numerosa oramai è la fila dei naviganti in cerca d’imbarco. Ancora una volta armatori, sigle sindacali e governo sono tenuti a prendere in esame varie soluzioni. Un passo avanti, come sottolineato da Assarmatori, era stato fatto con il “Decreto Agosto” che era venuto in soccorso del cluster marittimo dopo che si era tenuto conto solo del dramma del trasporto aereo e ferroviario, ora è alla disoccupazione dei lavoratori marittimi che si deve guardare come alla salute di chi rimane a bordo in situazioni come quella della “MBA Giovanni”. A tal proposito c’è da segnalare come la BIMCO (Baltic and International Maritime Caouncil) abbia istituito una pagina informativa e di primo soccorso per gli equipaggi bloccati a bordo delle loro navi – Covid-19 Seafarers’ Mental Health, wellnessatsea.org/covid-19/ ; help@seafarerhelp.org per supporto ai marittimi in difficoltà.
a cura di Luigi De Rosa
info di approfondimento: www.bimco.org; www.seafarerhelp.org; www.assarmatori.eu; www.confitarma.it; www.esteri.it/mae/it