Gli alberi ci aiuteranno a rintracciare le persone scomparse.
In Italia, dal 1974 ad oggi, sono scomparse 61.826 persone, questo quanto emerso dalla relazione semestrale del Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse. Un dato preoccupante che oltretutto è in continua crescita, per questo motivo quarantasei anni orsono fu istituita un’apposita banca dati. Questo non è un dramma nazionale ma globale e quello che è ancor più sconfortante è che alta è anche la percentuale di persone che non verranno mai più ritrovate nonostante oggi i metodi d’investigazione siano molto migliorati rispetto al passato. Un aiuto nel ritrovamento delle persone scomparse potrebbe venire dagli alberi, è quanto afferma il professor Neal Stewart, docente di Scienze vegetali dell’Università del Tennessee, che insieme a esperti forensi sta conducendo una serie di esperimenti presso la “Facility” di ricerca antropologica della Tennessee Body Farm dopo aver riscontrato che i resti umani in decomposizione lasciano segni visibili sulla vegetazione circostante. In sintesi spesso quando giunge alle autorità di polizia la notizia di una persona scomparsa, e le ricerche debbono essere svolte in boschi o terreni impervi, si riscontrano notevoli difficoltà. Ecco che per questo tipo di ricerca sul campo si rivela un grosso aiuto nella fese investigativa lo studio del gruppo di lavoro del professor Neal Stewart. Sappiamo che l’ecosistema intorno al corpo di un essere umano in disfacimento è definito, in termini di antropologia forense, – isola di decomposizione dei cadaveri -, ed è costituito dalle sostanze che compongono il – necrobioma – (su tutte l’azoto) che alterano la chimica del suolo, questi nutritivi assorbiti dalle radici (rizosfera) portano a cambiamenti nella composizione fogliare degli alberi che possono essere rilevati anche a distanza. Un essere umano di taglia media contiene 2,6 kg di azoto che si trasforma in ammonio in fase di decomposizione, se consideriamo un’isola di decomposizione pari a 3 mq, la quantità di azoto aggiunto alla rizosfera è 50 volte superiore alla quantità di fertilizzante azotato stagionale raccomandato per la vegetazione. A questo maggiore flusso di azoto le piante rispondono producendo più clorofilla, gli effetti sono visibili dopo pochi giorni. La vegetazione risponderà in modo differente, le piante invasive saranno le prime a variare, alcune specie di alberi perderanno le foglie altre cambieranno il colore delle foglie. Il tempo di decomposizione di un cadavere varia a seconda della temperatura dell’ambiente esterno, così come diversi sono i componenti chimici tra essere umano e animale, l’azoto e generalmente presente in quantità maggiore nell’uomo così come il cadmio; c’è da aggiungere che sono comunque oggetto di ricerca anche metodi per individuare i cosiddetti “falsi positivi” per evitare che un animale sia scambiato per un essere umano. Negli Stati Uniti sono in fase avanzata molti altri studi che mettono in relazione il cambiamento in alberi e piante per la presenza di un cadavere, i cosiddetti “alberi detective” (detective tree) permetteranno quindi agli investigatori di individuare prima, rispetto al passato, il cadavere di persone scomparse, è chiaro che l’augurio è quello di non averne mai bisogno ma questi studi certamente rappresentano un altro passo in avanti fondamentale, per metodi investigativi più efficaci nell’individuazione delle persone di cui non si sa più nulla.
di Luigi De Rosa