«In Penisola Sorrentina Sireon è oggi il titolo di un periodico e il nome di un operatore turistico di Sorrento, e Sireo è il nome di un vino prodotto a Vico Equense.
Nei secoli scorsi era convinzione diffusa tra gli eruditi che Sireon fosse il nome più antico di Sorrento o il nome più antico della Penisola Sorrentina: una cognizione erudita, dunque, che tramite i media, i prodotti culturali (il periodico) e le attività commerciali (agenzia turistica e azienda vitivinicola) finisce per diventare un nome ‘popolare’, nel senso che ne usufruisce, per lo più senza consapevolezza del suo significato, un numero di persone decisamente maggiore sia rispetto agli eruditi del passato, che si rifacevano alle fonti classiche e orientali, sia rispetto a quelli contemporanei, che, rifacendosi direttamente alla letteratura erudita locale, hanno pensato di riesumare Sireon alla ricerca di identità e – soprattutto – originalità denominativa per i loro prodotti.
L’origine del toponimo Sireon è nel testo di Strabone (Geografia V 4, 8 C 247-248) tramandato da alcuni codici”. [Nell’edizione del 1587 di Isaac Casaubon erano presenti i toponimi Suraion e Prenusso, tuttavia, il] Causabon, confrontando questo brano del quinto libro della Geografia di Strabone con quello omologo, per così dire, del primo libro (Strabo I 2, 12, C 22), si era già reso conto che né [Suraion, né Prenusso] avessero senso e che [Prenusso] doveva essere corretto in [Seirenousson], mentre [Suraion] doveva lasciare il posto a [Surenton].
Il brano si deve, pertanto, tradurre così: «dopo Pompei c’è la città di Sorrento dei Campani, da dove si protende l’Athenaion, che alcuni chiamano promontorio delle Seirenoussai (…). Dalla parte rivolta verso Sorrento vengono indicati un santuario e antichi doni votivi offerti dai devoti abitanti del luogo».
E la vita del toponimo acroteriale Sireon/Sireo (ma anche quella di Prenusso) avrebbe potuto già terminare qui, nel 1587.
Ma l’erudizione, specialmente quella settecentesca, lo riesumò, offrendogli la possibilità di sopravvivere sottotraccia per oltre quattro secoli, fino ai giorni nostri, ben oltre le acquisizioni della filologia classica, e resilientemente riadattarsi come nome di un periodico, di un operatore turistico e di un vino (e di chissà quant’altro)» (…).
Da F. Senatore, ‘Sireon. Sugli errori eruditi dei moderni e loro resilienza, ovvero quando i toponimi eruditi diventano nomi ‘popolari’, in ‘Oebalus. Studi sulla Campania nell’Antichità’, 14, 2019, pp. 217-234.
La foto è di Fulvio Esposito