Francesco Ruotolo è con i suoi ‘anāwîm di YHWH
Ieri sera, ospite della trasmissione di Positano news: “Ma di cosa parliamo” condotta dall’amico Luigi, “Gigione”, Maresca e il caro direttore Michele Cinque, non ho potuto, per motivi tecnici, formulare il mio pensiero in ricordo del giornalista Francesco Ruotolo che ci lasciato prematura-mente. Francesco era consigliere alla Municipalità di Napoli con delega alla “memoria”. Quando percorro via S. Teresa degli Scalzi per salire alla Pontificia Facoltà a Capodimonte, attraverso un ponte che domina il quartiere “Sanità” dedicato alla «partigiana Maddalena Cerasuolo» e solo oggi scopro che proprio Francesco lo aveva fortemente voluto. Sì, perché, oltre l’opzione preferenziale per i poveri, gli ‘anāwîm di YHWH, e, quindi, il ricordo delle “Quattro Giornate di Napoli”, il riconoscimento dei diritti dell’altra «metà del cielo» era una sua grande preoccupazione. Per sua iniziativa le scale di via Foria sono dedicate alla giovane studentessa Iolanda Palladino, uccisa nel ‘75 dai fascisti. Desiderava che si dedicasse una strada a Ipazia di Alessandra, e non pensiate che è uno scherzo: sua figlia porta il nome della grande martire matematica uccisa dalla stoltezza e invidia degli uomini. E Matilde Andolfo ieri sera ci ricordava che proprio per invidia Francesco era spesso osteggiato, per la sua competenza, il suo orgoglio di uomo libero, la sua dignità. Tante sono le figure che ci ricordano la bassezza dell’uomo quando è invidioso, dai primordi con Caino e Abele, poi il perfido Iago con Otello e nei nostri ricordi letterari e televisivi l’infame Javert contro Jean Valjean de I miserabili, e se ne volete comprendere appieno la parola andate a guardare quella vecchia incarognita dipinta da Giotto nella Cappella degli Scrovegni che rappresenta, appunto, l’invidia. La giornalista Andolfo lo ha paragonato a don Chisciotte e, a parer mio, un esempio che calza a pennello perché il nobile cavaliere dice al suo scudiero: «La libertà, Sancio, è uno dei più preziosi doni che i cieli abbiano mai dato agli uomini». Amore per la libertà e libertà per amare, questo fanno del sognatore don Chisciotte un uomo che scardina la realtà per proiettarla verso il sogno, che rende possibile un’utopia. «Pensa, Sancio, che l’amore non ha riguardi né serba limiti di ragioni nel suo procedere… e quando prende pieno possesso di un’anima, per prima cosa toglie il timore e la ver-gogna». Ebbene sì, don Chisciotte prende la reale Aldonza Lorenzo, una contadina molto “socievo-le”, da lui amata, nonostante non l’abbia mai vista; e la trasforma nella sua immaginazione in una magnifica principessa cui promette di essere fedele e la chiama Dulcinea del Toboso. Oh, non è un amore effimero, come quello che i nostri giovani consumano come patatine o popcorn mentre guardano stoltamente la scena della loro vita come se fosse un film. Quando don Chisciotte, al colmo dell’impotenza, viene sconfitto dal Cavaliere della Bianca Luna, minacciato di morte e deve dichiarare, secondo i patti, che la dama del vincitore è più bella di Dulcinea, pronuncia queste indimenticabili parole: «Dulcinea del Toboso è la più bella donna del mondo ed io il più sventurato cavaliere della terra; ma non è bene che la mia debolezza offuschi codesta verità. Affondami nel cuore la tua lancia, o cavaliere, e toglimi la vita, poi che mi hai tolto l’onore». Così muoiono gli uomini liberi. Davvero ringrazio Matilde per averlo paragonato all’impavido e folle cavaliere di Miguel de Cervantes, sentite cosa dice di lui l’amico e come quelle parole risuonano attuali per Francesco. Dice Sancio: «Non ha nulla di briccone. Anzi ha un’anima trasparente, non sa far del male a nessuno, ma piuttosto del bene a tutti, è privo di malizia. Per questa sua semplicità gli voglio bene e non so adattarmi a lasciarlo, per quante stravaganze commetta». Ciao caro Francesco e non preoccuparti, sei morto da uomo libero, come Socrate in quell’angusta cella, eppure, proprio per questo il tuo nome risuonerà ancora e sarà di monito ed esempio perché, Foscolo ce lo ricorda: «A egregie cose il forte animo accendono l’urne de’ forti» e Mnemosine ne sarà testimone e garante. A presto rivederci Francesco, «comunista nell’anima» come hanno amato definirti, troverai ad accoglierti Berlinguer e i grandi pensatori di sinistra, ma, di più, ti faranno da guida in Paradiso, Ipazia, Maddalena, Iolanda e tante altre martiri della “libertà di pensiero”.
Aniello Clemente