Frosinone, “Camilla e Viola”, icone contro la violenza di genere
Nel mondo una delle prime cause di morte delle donne tra i 16 e i 44 anni è l’omicidio compiuto spesso da persone conosciute, in particolare mariti, compagni, partner o ex partner. E l’Italia non fa eccezione: l’omicidio è la più grave di una serie di violenze che molte donne subiscono durante la loro esistenza. Secondo l’Istat, nel paese una donna su tre ha subìto qualche forma di violenza nel corso della sua vita, specialmente in famiglia. Questo vuol dire che in Italia poco meno di sette milioni di donne tra i sedici e i settant’anni hanno subìto violenza fisica (20,2 per cento) o sessuale (21 per cento); dalle forme meno gravi a quelle più gravi come il tentativo di strangolamento o lo stupro (5,4 per cento). Gli autori delle violenze più gravi sono prevalentemente i partner o gli ex partner (62,7 per cento). Gli sconosciuti che commettono molestie sessuali sono 76,8 per cento. La violenza di genere è un fenomeno strutturale e diffuso, ma ancora in gran parte sommerso. Sempre secondo l’Istat, solo il 12 per cento delle violenze è denunciato. Anche per questo dal 2017 in Italia è stata istituita una commissione parlamentare di inchiesta sul femminicidio che ha l’obiettivo di studiare quali sono i meccanismi che legittimano e alimentano la violenza sulle donne e di elaborare strategie e politiche per contrastarla. Sabato 14 novembre 2020, sono state inaugurate nel parco Matusa di Frosinone, nato sulle ceneri dell’omonimo stadio Comunale, alla presenza del sindaco Nicola Ottaviani, due sculture: “Camilla”, la regina dei Volsci e “Viola”, simbolo delle marocchinate. Le opere fanno parte di un progetto di più ampio respiro che vedrà l’installazione di altre opere e manufatti. Alla cerimonia erano presenti le autrici, il critico d’arte Alfio Borghese, l’assessore Rossella Testa. “Camilla“, regina dei Volsci, leggendaria amazzone simbolo delle donne ciociare, è stata realizzata da Elena Sevi, statua in bronzo che è stata immaginata dall’autrice come se fosse stata rinvenuta nel greto del fiume Amaseno. La “Regina” di Elena Sevi ha la fierezza di una guerriera; le gambe e le braccia che non ha, non sono per lei un impedimento, la forza espressiva della statua è acuita da queste amputazioni di cui la Regina non si cura perché il dolore per lei non è ostacolo insormontabile, rivela così tutta la forza e la dignità di una donna che non si piega. Elena Sevi, diplomata in scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Frosinone, ha esposto in Italia e in tutto il mondo. La seconda scultura che è possibile ammirare nel Parco Matusa, caro a tutti i frusinati, è “Viola”, mezzobusto in bronzo, che rappresenta le donne violentate dai soldati marocchini incorporati nell’esercito francese, i famigerati goumier, ai quali, dopo la battaglia di Cassino, il generale Alphonse Juin avrebbe concesso 50 ore di diritto di preda, vale a dire lo stupro come ricompensa. Furono ore terribili per le popolazioni della Ciociaria, momenti narrati dalla penna geniale di Alberto Moravia ne “La Ciociara” riproposto su pellicola nell’omonimo film da Vittorio De Sica. In tutta la Ciociaria nel 1944 furono stuprate più di 60 mila donne. “Viola”, simbolo di questo scempio, è stata realizzata nel 2015 dalle allora allieve del Liceo Artistico di Frosinone: Cecilia e Veronica Caponera, Sara Carbone, Valentina Coccarelli, Giulia Iacovacci, Alice Napoli e Michela Reali, sotto la guida attenta della professoressa Giusy Milone. La scultrice Giusy Milone, diplomata presso l’Accademia di belle arti di Napoli, con specializzazione a Brera in discipline plastiche e scultoree, ha nel suo curriculum molte opere esposte in Italia e negli Stati Uniti. L’ultima realizzata in ordine di tempo realizzata nell’estate del 2020 che ci piace menzionare è il “Pino Sentinella“, scultura in legno, primo esempio di land art realizzato su un tronco morto di Pinus Pinea in penisola sorrentina, su commissione del Wwf Terre del Tirreno, dimostrazione della costante attenzione di quest’artista per le tematiche sociali e ambientali. L’arte dunque per non dimenticare, l’arte come messaggio di speranza per le donne, l’arte come stimolo di riflessione per tutti sulla violenza di genere.