Positanonews TG Speciale Terremoto: il ricordo di Secondo Amalfitano
Positanonews TG Speciale Terremoto: il ricordo di Secondo Amalfitano. Nel corso del Positanonews TG Speciale Terremoto di questa sera di lunedì 23 novembre 2020, giorno in cui si ricorda il quarantesimo anniversario del terremoto del 1980, abbiamo potuto sentire le parole di Secondo Amalfitano:
“Il terremoto l’ho vissuto a Napoli, ero di ritorno da Agerola, c’era un convegno in cui ero relatore. Ero appena arrivato a casa e mi accingevo a vedere il telegiornale, in cui ci sarebbe stata una mia intervista. Quello che ricordo, che poi mi è servito molto nella mia vita successiva, soprattutto quella professionale, è che nonostante fossi geologo e sapessi cosa bisogna e soprattutto cosa non bisogna fare in occasione del terremoto, istintivamente feci tutto e solo cose che non bisogna assolutamente fare. Questo mi ha insegnato che le esercitazioni sono fondamentali e vitali: non è una perdita di tempo, è solo abituare ed imparare a reagire in modo non istintivo ma con riflessione e mediazione. Sono rientrato immediatamente a Ravello e man mano che mi avvicinavo percepivo che la cosa era grossa e soprattutto via radio mi giungevano notizie. Subito dopo la notte e la giornata successiva di emergenza sono stato catapultato nel territorio del cratere per diversi anni, poi con l’incarico di occuparmi e seguire la ricostruzione. Quindi gli episodi sono infiniti, la memoria è talmente viva di quei ricordi che ancora oggi diventano incubo”, ci ha detto.
“La struttura geologica della Costiera Amalfitana ha reagito omogeneamente in tutto il territorio, in tutta la Penisola, tranne che per Tramonti, che ha una struttura geologica diversa. In Costiera Amalfitana la coltre superficiale sciolta, più tenera, fragile e friabile, è molto esigua, la roccia affiora dappertutto. A Tramonti è il contrario, la roccia affiora solo sulle pendici e sulle parti laterali, ma al centro ci sono notevoli spessori di terreni sciolti. Questo ha determinato il fenomeno della ritrazione delle onde sismiche, è come se la schioppettata sismica fosse arrivata di riflesso rifrangendosi in più onde, che hanno determinato danni maggiori. Stessa cosa a Piano di Sorrento. Al di là del fatto geologico, io sto vivendo momenti oggi che mi ricordano molto da vicino il periodo del terremoto”.
“Quello è stato il terremoto un po’ pilota del periodo moderno e di quello storico, per cui ha funzionato molto poco. Non ha funzionato tutta la catena della protezione civile che era del tutto inesistente, da quel terremoto in poi è stato fatto tesoro dei disastri. La mattina dopo non si sapeva quasi nulla delle aree terremotate proprio perché non esisteva una rete. Da quel momento in poi sono stati fatti errori gravissimi di intervento: era a ridosso dell’inverno, ci si fece prendere dal panico, per cui si è passato dalle macerie alle tende, poi ai prefabbricati alle roulotte e poi agli insediamenti. Numerosi passaggi con una lungaggine burocratica infinita e solo in sporadici casi qualcuno intuì che il terremoto poteva essere non un’opportunità, ma che una volta successo il disastro si potesse usare quell’occasione per sistemare qualcosa. E fu proprio il Comune di Castelnuovo di Conza con l’allora sindaco Alberto Venutolo che ebbe un’intuizione: dovendo ricostruire il paese pensarono bene di spostare e allungare il paese avvicinandosi alla strada frequentata, e non un paese isolato. Qui la scelta politica fu fatta prima che potessimo portare a termine accertamenti ed indagini. Ricordo che ci fu un consiglio comunale molto tormentato perché il sindaco, la giunta, la maggioranza si erano orientati a spostare il paese verso quella direzione, mentre l’opposizione aveva detto no – ha continuato -. Quando le risultanze geologiche fecero emergere che quella scelta della maggioranza da un punto di vista socioeconomico e politico era perfetta e lungimirante non era realizzabile perché quella zona era franosa, successe un patatrac. Il sindaco mi chiese di partecipare al consiglio e devo dire che fu un banco di prova importante, anche se devo dire che ero già consigliere comunale ed avevo dimestichezza con i consessi. Mi servì l’esperienza amministrativa di Ravello perché feci capire che la politica è una cosa, le scelte tecniche un’altra. Il mio parallelismo è che oggi non si è capito ancora questo, molte scelte vengono fatte in funzione della politica e non di quello che servirebbe veramente”.
“Io ricordo episodi che mi auguro in vita mia di non dover mai più rivivere, ma neanche lontanamente. Ero a Laviano, sotto la tenda mi ritrovavo a mangiare a fianco di un genitore che aveva perso gran parte della famiglia sotto le macerie, ma la cosa drammatica che ricordo di quei momenti era quel genitore sdraiato per terra a pancia sotto sulle macerie che mordeva le pietre perché da sotto le macerie il figlioletto lo chiamava dicendogli ‘Papà ho freddo, mettimi il pigiamino’. Quel bambino morì. Sono cose che non auguro a nessuno. La scena di quel genitore che mordeva le pietre mi resterà dentro e me la porterò con me a vita. Quando pensavo di aver visto tutto del terremoto ebbi l’ultima scena, quella drammatica. La Caritas svizzera mi aveva dato in carico perché regalavano un’abitazione ad un operaio che lavorava in Svizzera ed era di Castelnuovo. Questo operaio, quando ci fu il terremoto, era in Svizzera. Della sua famiglia rimasero in vita solo lui e la figlia, che viveva con lui in Svizzera. Quella persona dal giorno del terremoto in poi tornava ogni fine settimana per andare a rendere visita ai suoi defunti e quando lo rincorsi perché mi doveva dare documentazione per la casa, andai dove risiedeva in una roulotte e lo raggiunsi al cimitero, dove lo trovai piangente in ginocchio davanti ad una sfilata di ventiquattro tombe, dalla moglie ad altri figli, a congiunti vari. Tutta la sua famiglia. Vedere quest’uomo davanti alle tombe pensai di aver vissuto un terremoto fino in fondo e non lo auguro davvero a nessuno, si avverte davvero l’impotenza”.
“Oggi dovremmo stare attenti, dovremmo parlare di adeguamento sismico, stare attenti alle nuove costruzioni che purtroppo spesso e volentieri, soprattutto se abusive, non hanno il minimo di struttura antisismica ed il disastro è dietro l’angolo. Per non parlare della ricostruzione vera e propria. Lì fu fatta una scelta scellerata, a mio pensiero, perché si pensò bene per far risorgere quei territori di portare industrializzazione. Aree industriali oggi praticamente abbandonate perché il processo di industrializzazione non ha funzionato: non bisogna violentare i territori introducendo progetti estranei dalla tradizioni”.