Dall’inferno laziale al paradiso azzurro fino alla Ma.Gi.Ca. Ecco la storia di Bruno Giordano

20 dicembre 2020 | 12:34
Share0
Dall’inferno laziale al paradiso azzurro fino alla Ma.Gi.Ca. Ecco la storia di Bruno Giordano
Dall’inferno laziale al paradiso azzurro fino alla Ma.Gi.Ca. Ecco la storia di Bruno Giordano
Dall’inferno laziale al paradiso azzurro fino alla Ma.Gi.Ca. Ecco la storia di Bruno Giordano

Dall’inferno laziale al paradiso azzurro fino alla Ma.Gi.Ca. Ecco la storia di Bruno Giordano

Lazio –Napoli è la partita che tutti non vorrebbero perdersi. È una sfida storica del campionato di serie A. Tra Lazio e Napoli ci sono, ci sono stati parecchi scambi di mercato. È anche la partita di un grande ex: Bruno Giordano. Il trasteverino di fese laziale ha nel Napoli raggiunto l’apice della sua carriera. Giocando non solo con il più grande giocatore di calcio di tutti i tempi, Maradona ma vincendo anche uno scudetto che resterà stampato nel cuore dei tifosi azzurri che vissero il primo scudetto nell’anno magico del 1986-87- Nella Lazio diede lo stesso cuore che diede nel Napoli. Giocò da bambino con la maglia bianco-celeste. Giocò insieme a Agostinelli al campano Ernesto Apuzzo e fu designato come l’erede naturale di Long John Chinaglia. Con la Lazio però visse solo giornate felice non annate. Non riuscì mai, al di là dello scudetto con la primavera bianco celeste ad alzare un trofeo. Fu con alcuni compagni di squadra infischiato nello scandalo calcio-scommesso. Per amore della Lazio si ruppe tibia e perone per un intervento da codice penale di tal Bonomi dell’Ascoli. Fu però rigenerato da due persone. Dal re del calcio di tutti i tempi, Maradona e dal Richelie del calcio italiano degli anni 80. Il più competente e lungimirante General manager del calcio mondiale, quello che vinse con l’Inter del mago Herrera, con la Juve dei giovani e poi con il Napoli. Quello che istituì l’università del calcio italiano, Coverciano. Il suo nome era sinonimo di vittoria. Italo Allodi. Maradona e Allodi puntarono sul trasteverino, e non solo, per cercare di vincere lo scudetto che la piazza napoletana aspettava da tempo. La squadra fu fatta secondo un criterio vincente. Fu preso Garrella come portiere dopo che questo aveva vinto lo scudetto a Verona. Come libero fu preso Sandro Renica dalle lunghe leve e dalla grossa falcata. Come ragioniere del centrocampo fu preso il sornione Pecci e poi in attacco fu preso lui Bruno Giordano. Con la camiseta azzurra oltre a segnare goal spettacolari fece deliziare il pubblico di fese azzurra. Famoso il tacco girato con le spalle rivolte alla porta. Fu non solo uomo goal ma anche assist man. Il Napoli giunse terzo quell’anno L’anno magico fu il 1986-87 quando a quella squadra fu aggiunto Romano come mente di un centrocampo che aveva in Bagni e De Napoli i motori della squadra. Giordano segnò tre goal fondamentali, oltre che belli, quell’anno. Il primo, il più importante alla Juve quando a Torino segnò in mezza volè il goal del 1-2 che diede il la alla vittoria a Torino e la svolta a campionato. Il secondo goal sempre a Torino contro il Toro ed il terzo a Bergamo dove quella vittoria significò praticamente scudetto. Fu protagonista in coppa Italia e segnò il goal nella finale di ritorno a Bergamo che sancì la vittoria degli azzurri in coppa Italia e la doppietta scudetto-coppa con 13 vittorie su 13. L’anno successivo l’arrivo di Careca permise di formare la MA.GI.CA. È veramente magica fu quella squadra che non solo era una macchina da goal ma diede spettacolo in casa e fuori casa Peccato che quella macchina s’inceppò sul più bello Si arrivò secondi dietro al Milan ma si arrivò perdendo uno scudetto quasi vinto con tante polemiche Tra giocatori e allenatore, l’orso Bianchi. Come al solito fu messo al rogo Bruno Giordano, omonimo del Giordano Bruno nolano, e finì la bella favola della Ma. Gi. Ca, e l’avventura di Giordano nel Napoli. Ma dalla curva si sentirà sempre quel coro che faceva “Lode a te Bruno Giordano…”