GIOVANNI MASSA PISSI PISSI. Nel racconto del lunedi di Ciro Ferrigno
14 dicembre 2020 | 11:35
Nato a Piano di Sorrento nel 1860, morto nel 1942, Giovanni Massa, detto “Pissi Pissi”, fu un notissimo ebanista, fine intagliatore e grande maestro, titolare della “Falegnameria Ebanisteria Artistica” situata dapprima in Via San Michele e poi sul Corso Italia, nel negozio affianco all’attuale libreria l’Indice. Dal primo matrimonio con Filomena Sessa di Sant’Agnello nacquero Francesco e Leone. Rimasto vedovo si risposò e la seconda moglie, donna Celeste di famiglia carottese, pure gli diede una figlia, Maria Luigia e altri due figli maschi: Pietro che continuò il lavoro paterno e Vincenzo, che fu comandante al servizio di don Achille Lauro, quando questi iniziò l’avventurosa carriera di armatore.
I gatti, si sa, sono animali liberi, amano girare, conoscere il territorio, saltano, si arrampicano, fino a stancarsi ed a cadere nel sonno più profondo per cui sono famosi ed emblematici. Assai libero doveva essere il gatto di Giovanni Massa. Quando poteva, l’animale si sistemava sul collo del padrone, come fosse una calda pelliccia, ma certe volte scompariva dall’orizzonte, per un tempo prolungato, preoccupante. Allora il Massa lo cercava per tutta la strada col suo pissi pissi insistente, ripetuto decine e centinaia di volte, sottovoce o gridato, tanto che egli stesso finì per essere chiamato Pissi Pissi! Come sempre succede nei piccoli paesi, il suo vero nome cadde quasi in disuso e, quando qualcuno voleva informazioni, per indicare quella bottega, chiedeva della falegnameria di Pissi Pissi. Ma il suo nome non è stato affatto dimenticato, anzi è passato alla storia, quella dell’Arte, perché i suoi lavori di intaglio sono di una grande bellezza, quella raffinata, dove emerge la cura del dettaglio e l’armonia dell’insieme. Lo studioso Antonino de Angelis in più occasioni ne elenca le opere, che andarono ad abbellire le nostre chiese, dalla Madonna del Lauro a Santa Teresa, al Santuario dell’Annunziata a Sant’Agnello, poi notevoli Crocifissi stradali e tante piccole, grandi opere disseminate un po’ dappertutto, in penisola. Il grande capolavoro di Giovanni Massa fu senza dubbio il mobilio della storica Farmacia Irolla, coi banchi intagliati ed ornati con foglie, fiori, putti, cartigli, colonnine, vasi di fiori. Parte di questo manufatto oggi è esposto al Museo dell’Ospedale degli Incurabili a Napoli, vicino alla sua celebre Farmacia.
Purtroppo non tutti i clienti pagavano il dovuto con puntualità; alcuni lo facevano in ritardo, altri se ne dimenticavano. Proprio in merito a questa questione, si racconta un simpatico aneddoto, che ha tutto il sapore di una vendetta premeditata. Una domenica, appena finita la celebrazione della Messa in Basilica, il Massa salì sul pulpito erichiamò l’attenzione dei fedeli presenti, dicendo: “Diffidate di certe persone che prima si fanno servire e riverire e dopo non pagano, e hanno pure il coraggio di venire in chiesa!”. Non fece nomi ma, i diretti interessati al predicozzo estemporaneo, che erano presenti, ben capirono la lezione e dovettero ingoiare il rospo. Questo aneddoto dimostra che Giovanni Massa doveva avere un forte temperamento e l’estro comune a tutti gli artisti, una buona dose di anticonformismo, condita con stranezze e bizzarrie. Nel laboratorio aveva appeso al muro un disegno grande che raffigurava un leone con una scimmia in gabbia e sotto c’era scritto: “Imitato sempre, eguagliato mai”. Ed era riferito ad un ebanista rivale che aveva la bottega proprio di fronte alla sua e che lo scopiazzava in maniera sfacciata.
Le opere del Massa risentono della moda dell’epoca, tutto è massiccio, pesante, tenebroso, perché confluiscono e si mescolano quelle tendenze in auge: lo stile Impero, il Liberty o Floreale, l’Eclettico, ma è nel particolare che le mani dell’Artista restituiscono la leggerezza, la poesia di un uomo che lavora obbedendo al proprio estro creativo, più che al miraggio della ricchezza.
Partendo dal lavoro già svolto dal De Angelis, le sue opere andrebbero fotografate e catalogate, inventariate e studiate in maniera approfondita, perché il Pissi Pissi è stato un uomo che ha dato lustro alla nostra terra. Oltre alle farmacie, la già citata Irolla e la Castellano, arredò Villa Crawford e realizzò la balaustra di Sant’Antonio nella chiesa dei Cappuccini in Sant’Agnello, inserendovi un dipinto del figlio Pietro. Infine ci sono due episodi che non vanno assolutamente taciuti: rifece il braccio destro della statua di San Michele, perché rovinato dai tarli, e scolpì il Gesù Bambino che la Madonnina di Cassano tiene tra le braccia, nella barca che viene portata in processione a luglio. A proposito dell’intervento sulla venerata statua dell’Arcangelo, si racconta un fatto molto singolare: passati gli anni canonici della sepoltura, quando la salma fu esumata, tutti i presenti notarono che proprio il braccio destro si era perfettamente conservato, era incorrotto. Forse, per un angelico ringraziamento.
La sua arte al servizio di due immagini emblematiche di Carotto: San Michele e la Madonna delle Grazie, sono un motivo in più perché il suo nome, oltre che nel novero degli artisti, resti eternamente nel cuore di tutta la nostra comunità.
Il racconto del lunedì di Ciro Ferrigno
Ringrazio Antonio Massa per la collaborazione e per le belle fotografie