Mantova – Due opere del pittore Pasquale Cipolletta per la mostra omaggio a Fellini
Nell’anno delle celebrazioni per il centenario della nascita di Federico Fellini, il Museo diocesano Francesco Gonzaga ha ospitato, dal 3 al 25 ottobre 2020, la mostra collettiva “100 X 100 Fellini”, patrocinata dal Comune di Mantova l’esposizione è un tributo al maestro del cinema italiano e mondiale, attraverso 100 opere d’arte inedite realizzate da 50 artisti italiani e internazionali, invitati dalle curatrici : Francesca Bianucci e Chiara Cinelli. Parlare di Fellini mi mette in imbarazzo perché è uno dei mostri sacri del cinema internazionale, e non credo di esserne all’altezza, seguirò il mio istinto, e proverò a cominciare dall’amore, da parole che profumano di destino: “Giulietta ha sempre abitato in me. Ho l’impressione di essere stato sposato fin dalla nascita”, e ancora dal messaggio lasciato sul comodino della stanza d’ospedale prima di subire un intervento: “Ancora un bacetto prima di addormentarmi“. Ecco Federico Fellini, un uomo che ha sempre creduto nei sentimenti, quelli profondi, nobili e genuini per questo il suo cinema ci ha incantati e ancora oggi guardiamo i suoi film, e ce ne innamoriamo. Gli artisti che hanno partecipato alla collettiva mantovana hanno raccontato Fellini, riuscendoci, perché in ognuna delle cento opere è presente un’emozione “felliniana”, ed è un vero peccato che questa pandemia ci abbia privati del piacere di vivere tutto questo in presenza. Tra gli artisti presenti con le loro opere al Museo diocesano Francesco Gonzaga , una menzione è doverosa per Pasquale Cipolletta, che di Fellini ha voluto rappresentare l’amore per il Circo e l’ultimo film “La voce della luna”, elogio della follia umana e satira della volgarità della Tv commerciale berlusconiana, che notoriamente Fellini non amava e di cui, mi permetto di aggiungere, viviamo, ahinoi, ancor oggi i colpi di coda in programmi trash inguardabili. Le due opere di Cipolletta “Il Ciclope visionario” e “La voce della luna” conquistano per originalità e potenza espressiva; in esse è presente in modo inequivocabile quella dimensione fantastica e onirica tanto cara al Maestro, anche il taglio quasi fumettistico de “Il Ciclope visionario” è una citazione al Fellini illustratore; prima che l’incontro con Roberto Rossellini e la partecipazione alla sceneggiatura di “Roma città aperta” cambiasse tutta la sua vita, e la Storia del Cinema mondiale, Fellini sognava la carriera di fumettista, e il disegno fu un’arte che continuò a coltivare tutta la vita. Nel dipinto “La voce della luna” di Pasquale Cipolletta è tradotta in immagine la frase principe del protagonista del film, Ivo Salvini (Roberto Benigni), che alla sua amata rivolge, citando Leopardi la domanda: “Che fai tu, luna, in ciel? Dimmi, che fai, silenziosa luna?” Ivo/Benigni pone a se stesso, con una metafora, la fatidica domanda che ci poniamo tutti: “che senso ha la vita?” Lo fa con le parole del “giovane favoloso” tanto amato da Federico. La vita è dunque un mistero come quella luna solitaria in cielo la cui luce illumina le tenebre. Il dodici volte candidato al Premio Oscar sembra suggerire questa risposta. E se nel film “La voce della luna” a cercar risposte al senso della vita sono chiamati Gonnella, un prefetto paranoico, e Ivo Salvini, un innamorato deluso, in Cipolletta è un’ortensia-mongolfiera, a suggerirci che per “allunare su questo mistero” occorre poesia e lentezza: non ci sono mete troppo lontane per chi si prepara ad esse con la pazienza.
di Luigi De Rosa
Lascio ora la parola al pittore Pasquale Cipolletta.
– Qual è secondo te il film più bello di Fellini?
“La voce della Luna”, almeno questo è quanto mi detta la mia sensibilità.
– Cosa hai voluto rappresentare in queste due opere?
Nel primo quadro, “Il Ciclope visionario“, l’amore per il circo che è gioa, e la sua necessita di non rinunciare a inseguire i propri sogni, nel successivo “La voce della luna” ho cercato di far emergere la sua ricchezza interiore e le sue note caratteriali. Fellini, almeno per l’idea che io mi sono fatto di questo genio, visto che non ho avuto l’onore di conoscerlo, era un po’ solitario, un intellettuale sempre alla ricerca di qualcosa, eternamente insoddisfatto, però allo stesso tempo entusiasta quando riusciva a realizzare i propri progetti. Era un vulcano di idee. Come sottolinea in una sua recensione ai miei quadri il notista del Fatto Quotidiano, Fabrizio d’Esposito: “Fellini è stato un gigante nell’Italia dei Pulcinella nani”.
– Il buio presente nel tuo “La voce della luna” è sinonimo di morte?
È sinonimo di morte a seconda di come viviamo il buio. Nella vita abbiamo momenti oscuri, ma non necessariamente rappresentano la fine di tutto; oltre il buio c’è anche la rinascita. Se, invece, intendiamo il buio come colore, io credo che, riprendendo il concetto espresso prima, il nero è un colore che illumina, lo ha insegnato a tutti noi Caravaggio. Infine credo che nera, nel senso più negativo, è solo la vita vissuta senza progetti, in questo caso il nero riflette la nostra pochezza spirituale.
– Qual è il tuo rapporto con il Cinema?
Non sono un grande frequentatore di cinema. Di Federico Fellini sapevo che era un maestro della cinematografia internazionale. Avevo visto alcuni suoi film e sentivo di avere molte affinità con la sua poetica. Quando Francesca Bianucci e Chiara Cinelli mi hanno proposto di partecipare alla loro collettiva, mi sono documentato, come è mia consuetudine quando sono chiamato a realizzare un dipinto a tema. Le notizie che avevo non erano sufficienti per realizzare due opere al meglio. Mi sono dedicato anima e corpo alla conoscenza dell’universo felliniano. Sentivo il bisogno di interiorizzare la sua filosofia, i suoi concetti chiave, la sua visione delle cose. Avevo bisogno, proprio come un attore professionista, di calarmi nella parte per poter realizzare un’opera al meglio delle mie possibilità. Se non credo profondamente in quello che sto facendo, preferisco rinunciare. I quadri che realizzo devono farmi vibrare l’anima. La vibrazione è importante in quello che fai, è importante mettere dentro le proprie opere la vita. La passione quando realizzi un progetto è essenziale.
– Qual è il tuo rapporto con Fellini?
In tanti aspetti mi ci rivedo. Le sue visioni oniriche sono anche le mie. L’ortensia, che è il mio fiore preferito, è profondamente scenografico, richiede cura, richiede acqua, cambia colore a seconda dell’acidità del suolo, porta il nome della donna amata dal naturalista Philibert Commerson: Hortense Lapeaute. Come vedi c’è una scenografia, c’è un amore vero come quello che ha coltivato tutta la vita Federico per Giulietta, cambiando colore emoziona come le pellicole create da Fellini.
– Cosa pensi di Fellini uomo e Fellini personaggio?
Penso che ci sia tanto di autentico nel personaggio consegnato alla cinematografia mondiale. E’ diventato un’icona perché Fellini era genuino, ed è stato capace di esternare tutto quello in cui effettivamente credeva. È stato se stesso dall’inizio alla fine. Questa è stata, a mio modesto parere, la sua arma vincente. Il suo talento lo ha speso senza paura di fallire. È riuscito pur essendo una persona fragile come la maggior parte di noi, a emergere anche perché ha avuto la sensibilità di fidarsi delle persone giuste al momento giusto. Inoltre Fellini era un visionario e in quest’aspetto ho trovato, come già sottolineato in precedenza, una profonda affinità elettiva. Quando dipingo, anche io lascio che siano le emozioni interiori a guidarmi, l’inconscio a dettarmi la direzione. Io tendo, proprio come faceva Fellini con la macchina da presa, a tradurre le parole in immagini. Alle volte è un surplus di immagini quello che mi investe, e mi rivela tutti i miei limiti di artista perché non riesco a mettere tutta questa energia sulla tela. Ma questa scoperta mi è di stimolo per andare sempre avanti, mi sprona a dare di più. Nella tela de “Il Ciclope visionario” il mio Fellini ha raggiunto lo step fondamentale della sua meravigliosa carriera artistica, quello legato a pellicole come “Le notti di Cabiria”, “La dolce vita”, “I clown”, “Amarcord” e “E la nave va”, in sostanza la sua maturità. Fellini è in piedi sulla mongolfiera, simbolo di tutte le sue certezze, con l’occhio ciclopico della macchina da presa che inquadra ancora noi che siamo il suo pubblico mentre lui, l’artista con la sua mitica sciarpa rossa, è contemporaneamente già pronto ad andare oltre e ci indica la strada da seguire, in lontananza s’intravede il “Rex“, nell’universo mitologico felliniano “la meta da raggiungere”, lui non voleva restare a Rimini, città che gli stava stretta, lui voleva realizzare i propri sogni. Nella mia tela “La voce della Luna“, il cineasta riminese spicca finalmente il volo, si libera del pallone del circo, diventa lui stesso una mongolfiera, si abbandona totalmente alla sua creatività, alla sua immaginazione. Mi è venuta quest’idea quando ho appreso della sua profonda amicizia con Gustavo Rol, una figura che ha intrigato anche me in passato, perché mi ha portato a esplorare nuove dimensioni della realtà. Non bisogna, infatti, secondo me, cristallizzare la propria creatività in determinati linguaggi e convincimenti, bisogna essere pronti a sondare l’ignoto e cercare di comprenderlo accettando altre visioni. Con questo non rinnego lo scientismo, sono consapevole che Gustavo Rol è stato un personaggio quantomeno ambiguo, ma con il suo “mentalismo” offriva un cambio di prospettiva. Un artista diventa grande quando ha la capacità di offrire questi cambi di prospettiva, queste nuove chiavi di lettura della realtà, che non fanno che arricchirci, vedi Salvator Dalì nelle arti figurative, Alejandro Jodorowsky in letteratura, lo stesso Albert Einstein nella Fisica, nel senso che se Einstein non avesse avuto immaginazione, elasticità mentale, capacità di vedere le cose in modo diverso mettendo in “dubbio” in un certo senso tutto il sapere che lo aveva preceduto, non avrebbe potuto concepire la Teoria della relatività.
Pasquale Cipolletta
Nasce a Torino nel 1970. Vive e lavora a Massa Lubrense (Napoli).
Frequenta l’Istituto d’Arte a Lecce e a Sorrento. Dal 1999 inizia la collaborazione con la Galleria Gioacchini che lo rappresenta nelle sedi di Ancona, Milano e Cortina d’Ampezzo. Dal 2003 espone per la Galleria Marieschi: alla fiera dell’Arte di Bologna e nelle collettive milanesi “Tetralogia della natura. Acqua” (2003), “Tetralogia della natura. Terra” (2004), “Breve viaggio nell’arte contemporanea” (2005).
Mostre recenti: la personale “Nel tempo”, Museo Archeologico “Georges Vallet” di Piano di Sorrento (2008); la personale “Il risveglio della vita”, seminario di Teano (2012); la collettiva “Sorsi di vita”, Palazzo delle Arti di Napoli (2015). Nel 2015 espone per Casa Museo Sartori in due collettive: “L’arte italiana della terra alla tavola” e “Artisti per Nuvolari”, realizzate a Castel d’Ario. Nel 2017 allestisce la personale “L’Ortensia Segreta”, Sale delle Terrazze di Castel dell’Ovo a Napoli. Nel 2018 a Rivoli (TO) nella Casa del Conte Verde viene ospitata questa stessa mostra itinerante arricchita di nuovi quadri. Nel 2020 collettiva d’arte contemporanea “100X100 Fellini”, Museo Diocesano Francesco Gonzaga a Mantova.
Sue opere sono presenti nella Chiesa della SS. Trinità e nel museo “Georges Vallet” a Piano di Sorrento; nella chiesa di S. Maria di Casarlano a Sorrento; nel Palazzo Arcivescovile di Matera.
E-mail: cipollettapasquale@libero.it.