Compie 80 anni l’allenatore con la testa di un ragazzino. Auguri Galeone
Nato a Napoli 80 anni fa e protagonista di una “belle époque” del pallone, fatta di rivoluzione e ricerca di bel gioco e spettacolo, Giovanni Galeone uomo carismatico, intelligente parla, vive e mastica ancora il calcio con tutti i suoi cambiamenti. «Questa moda di dover partire a tutti i costi da dietro, alle volte mi fa ridere. Stanno ore a passarsi la palla nell’area piccola e mi chiedo: cosa ci fanno? Non esiste. Non riesco a concepire il fatto che il portiere tocchi più palloni del centrocampista. Mi viene il latte alle ginocchia», afferma Galeone. La moda nel pallone è sempre esistita, infatti prima « C’era quella del Milan di Sacchi. Tutti provavano a copiarlo con il 4-4-2 e facendo pressing» e poi «si è passati alla moda del possesso palla di Guardiola al Barcellona. Ma già al Bayern non è riuscito più a replicarlo. Perché quel Barcellona è irripetibile». In Italia la squadra che entusiasma di più il mister è: «L’Atalanta del mio allievo Gasperini che ha una filosofia più aggressiva rispetto a quello che volevo io. Gian Piero ha snaturato il mio 4-3-3 soprattutto con i tre in difesa, cosa che io non ho mai fatto. Come me, però, predica un bel gioco facendo affidamento sulla tecnica. E poi non ha paura di buttare dentro i giovani». E a proposito di giovani: nel suo Pescara, Galeone ha fatto crescere anche Allegri, il suo figlioccio: «Max privilegia la tecnica alla grinta e alla tattica. E poi è molto bravo a leggere le partite. Vede dove può colpire l’avversario e lo colpisce». Di Gattuso, attualmente tanto criticato per i risultati altalenanti del Napoli, Galeone pensa: «Ho visto giocare il Napoli a Cagliari e mi è piaciuto tantissimo, anche se Gattuso è uno di quelli che insiste troppo con le giocate da dietro che non mi piacciono. Però lo stimo. Ha fatto la gavetta. Non come Pirlo che invece si è ritrovato sulla panchina della Juve dalla sera alla mattina». Napoli è la sua città natale e del Napoli, quello della stagione 1997-1998 è stato anche allenatore: «Mio padre era ingegnere all’Italsider e io sono nato a Bagnoli: un paradiso. Ho vissuto lì per 7 anni. Era il periodo della seconda guerra mondiale e sopra casa nostra c’era il comando delle forze americane dei Campi Flegrei. Il mio passatempo preferito era il cinema: andavo a vedere quasi un film al giorno Da allenatore è stata l’unica scelta che non rifarei in tutta la mia carriera. Lo definisco un errore di presunzione. Andare in una squadra dalla quale Mazzone era scappato era una follia».