Concessioni demaniali, sull’intervento della Regione Campania, il parere dell’ Avv. Giovanni Persico.
Due i provvedimenti emanati dalla Giunta Regionale: da un lato si estende la durata alle concessioni demaniali marittime ai porti di rilevanza regionale ed interregionale, le cui funzioni amministrative non state attribuite ai Comuni, dall’altro si forniscono gli indirizzi applicativi ai comuni per le concessioni demaniali marittime ad essi attribuite. Pur richiamando la sentenza della CGUE del 2016, del Consiglio di Stato del 2019 del T.A.R. Campania del 2020 e la recentissima procedura di infrazione, dal Palazzo Santa Lucia,si evidenzia il silenzio da parte dello Stato centrale e l’incertezza causata dagli interventi normativi contrastanti con i principi comunitari, assumendo un atteggiamento cautelativo si estende la durata delle concessioni fino al 3 maggio 2021. Ovvero per i novanta giorni successivi alla dichiarazione della cessazione dello stato di emergenza da Covid-19. Atteggiamento dovuto anche al fatto che a causa della procedura di infrazione, il Governo dovrà necessariamente rispondere e quindi porre fine all’attuale inerzia. In effetti se l’estensione al 2033 è stata giustificata con l’epidemia Covid-19, la Regione, estende le concessioni fino al perdurare dello stato di emergenza. Seppur richiamate le disposizioni UE, non si prevede tuttavia, al termine dell’emergenza, l’esperimento di quelle procedure ad evidenza pubblica ispirate ai principi di trasparenza, imparzialità, pubblicità e non discriminazione. Difficilmente, a stagione balneare ormai iniziata (3 maggio 2021) si provvederà ad indire le procedure e pertanto, più concretamente, addossando il problema al Governo, la Regione Campania contribuirà a salvare la stagione agli imprenditori balneari. Ancora una volta con l’aiuto di un esperto come il giovane Avv. Giovanni Persico, tra l’altro Segretario del PD Sorrento, ci addentriamo in quella che è diventata, tra norme, regolamenti delibere, ricorsi e contro ricorsi ,la giungla delle concessioni demaniali marittime. (s.c.)
“La Regione Campania con due delibere, la 622 e 637 del 29 dicembre 2020, ha esteso la durata delle concessioni demaniali marittime per i novanta giorni successivi alla dichiarazione di cessazione dello stato di emergenza da Covid-19 e pertanto, ad oggi, fino al 3 maggio 2021.
Prima di analizzare queste due delibere pressoché identiche è giusto fare un passo indietro e riassumere la situazione relative alle concessioni in esame. Dopo l’apertura della procedura di infrazione da parte della Commissione europea nel 2009 il Governo italiano è intervenuto eliminando sia il diritto di insistenza (ovvero la preferenza in sede di rinnovo per il concessionario uscente) sia il rinnovo automatico di sei anni. Appena chiusa la procedura di infrazione però lo stesso Governo ha prorogato la durata delle concessioni prima fino al 2015 e poi fino al 2020. A questo punto sia il T.A.R. Lombardia, Milano sia il T.A.R. Sardegna hanno effettuato un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea che si è poi pronunciata il 14 luglio 2016 nelle cause riunite C‑458/14 e C‑67/15. La CGUE ha affermato in questa sentenza che qualsiasi proroga generalizzata è contraria sia all’art. 12 par. 1 e 2 della direttiva 2006/123 (Bolkestein) che deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale “che prevede la proroga automatica delle autorizzazioni demaniali marittime e lacuali in essere per attività turistico-ricreative, in assenza di qualsiasi procedura di selezione tra i potenziali candidati”, sia all’articolo 49 TFUE che deve essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale “che consente una proroga automatica delle concessioni demaniali pubbliche in essere per attività turistico-ricreative, nei limiti in cui tali concessioni presentano un interesse transfrontaliero certo”. Il legislatore italiano ha nuovamente reagito alla decisione della CGUE con la legge del 30 dicembre 2018, n. 145 che ha esteso la durata delle concessioni demaniali fino al 2033 giustificando questa estensione con l’imminente riordino organico del demanio marittimo. I giudici italiani a questo punto non hanno potuto non dichiarare la contrarietà della normativa italiana successiva alla sentenza ovvero la legge 145/2018 con le norme UE. La più importante è quella del Consiglio di Stato del novembre 2019 n. 7874 che ha affermato che:
1-Occorre una selezione pubblica nel rilascio delle concessioni demaniali marittime a scopo turistico ricreativo al fine di applicare ai principi comunitari in materia di libera circolazione dei servizi, di par condicio, di imparzialità e di trasparenza, derivanti dalla direttiva 123/2016;
2-la proroga ex lege delle concessioni demaniali con finalità turistico-ricreativa non può essere generalizzata, dovendo la normativa nazionale ispirarsi alle regole della Unione Europea sulla indizione delle gare;
3-l’operatività delle proroghe disposte dal legislatore nazionale “non può che essere esclusa in ossequio alla pronuncia del 2016 del giudice euro-unitario e anche la più recente proroga legislativa automatica delle concessioni demaniali in essere fino al 2033, provocata dalla legge 145/2018 rievoca norme nazionali già dichiarate in contrasto con l’ordinamento eurounitario dalla Corte di Giustizia nel 2016;
4-C’è l’obbligo per i funzionari comunali di disapplicare le norme nazionali contrastanti con il principio euro-unitario, in quanto secondo il Consiglio “è ormai principio consolidato in giurisprudenza quello secondo il quale la disapplicazione della norma nazionale confliggente con il diritto euro-unitario, a maggior ragione se tale contrasto è stato accertato dalla Corte di giustizia UE, costituisca un obbligo per lo Stato membro in tutte le sue articolazioni e, quindi, anche per l’apparato amministrativo e per i suoi funzionari, qualora sia chiamato ad applicare la norma interna contrastante con il diritto euro-unitario”. “Qualora, pertanto, emerga contrasto tra la norma primaria nazionale o regionale e i principi del diritto euro-unitario, è fatto obbligo al dirigente che adotta il provvedimento sulla base della norma nazionale (o regionale) di non applicarla”.
Dopo questa sentenza diversi T.A.R. hanno dichiarato gli stessi principi. In particolare, il T.A.R. Veneto con la sentenza n. 218/2020, T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 10 febbraio 2020, n. 221, T.A.R. Puglia (Lecce -Sez. I) numeri R.G.794 e R.G. 897 del 27.11.2020.
Il Governo attraverso i decreti emanati per rispondere all’emergenza causata dal Covid-19 ha però riconfermato l’estensione al 2033 giustificandola appunto con la situazione epidemiologica. Alla luce di tutto ciò era prevedibile aspettarsi un nuovo intervento dell’UE che è infatti arrivato. La Commissione UE ha aperto una nuova procedura di infrazione condannando, ancora una volta, in maniera netta ed incontrovertibile la normativa italiana in materia di concessione demaniali marittime. La Commissione nella lettera di messa in mora afferma senza mezzi termini come “a causa dell’illegalità del quadro normativo italiano, le concessioni prorogate dalla legislazione italiana sono impugnabili e soggette ad annullamento da parte dei tribunali”. Addirittura, secondo Bruxelles “le autorità locali hanno il dovere di rifiutarsi di rinnovare le concessioni in linea con l’obbligo, che incombe a tutte le autorità nazionali, di adoperarsi al massimo per dare attuazione al diritto dell’UE”. La Commissione ribadisce l’applicabilità non solo della Bolkestein ma anche dell’art. 49 TFUE.
Tornando alle delibere della Regione Campania, la giunta con la prima estende la durata alle concessioni demaniali marittime ai porti di rilevanza regionale ed interregionale, le cui funzioni amministrative non state attribuite ai Comuni, mentre con la seconda fornisce gli indirizzi applicativi ai Comuni per le concessioni demaniali marittime ad essi attribuite. Interessante vedere che la Regione nelle premesse richiama sia la sentenza della CGUE del 2016, sia del Consiglio di Stato del 2019 sia del T.A.R. Campania del 2020, sia infine la recentissima procedura di infrazione. Allo stesso tempo però la Regione evidenzia e il silenzio da parte dello Stato centrale e l’incertezza da esso causato a causa degli interventi normativi palesemente in contrasto con i principi comunitari. Dunque, la Regione assume un atteggiamento cautelativo estendendo la durata delle concessioni fino al 3 maggio 2021 cioè per i novanta giorni successivi alla dichiarazione della cessazione dello stato di emergenza da Covid-19, atteggiamento dovuto anche al fatto che ora, a causa della procedura di infrazione, il Governo dovrà necessariamente rispondere e quindi porrà fine a questo silenzio. Praticamente visto che l’estensione al 2033 è stata giustificata con l’epidemia Covid-19, invece la Regione, in modo furbesco, estende le concessioni ma non per 13 anni ma fino al perdurare dello stato di emergenza. Quello che lascia perplessi però è che in queste delibere pur venendo richiamate le disposizioni UE, non si prevede, al termine dell’emergenza, l’esperimento di quelle procedure ad evidenza pubblica ispirate ai principi di trasparenza, imparzialità, pubblicità e non discriminazione. Inoltre, sembra difficile pensare che il 3 maggio, a stagione balneare ormai iniziata, si provveda ad indire le procedure e quindi in via indiretta si fa salva la stagione 2021 degli imprenditori balneari. Insomma, la Regione, anche se sceglie una strada più rispettosa, addossa le colpe e scarica il problema al Governo centrale e assume pertanto un atteggiamento pilatesco rimandando il problema solo di qualche mese.
Il percorso verso il rispetto della normativa comunitaria che tutela la concorrenza è ancora lungo ma inevitabile. Come ha ribadito la Commissione Ue, la normativa italiana “scoraggiando gli investimenti nei servizi ricreativi e di turismo balneare, impedisce, piuttosto che incoraggiare, la modernizzazione di questa parte importante del settore turistico italiano. La modernizzazione è ulteriormente ostacolata dal fatto che la legislazione italiana rende di fatto impossibile l’ingresso sul mercato di nuovi e innovatori fornitori di servizi. Inoltre, la legislazione italiana impedisce alle comunità locali italiane di ottenere un congruo corrispettivo per il reddito generato sul suolo pubblico, corrispettivo che le autorità locali non hanno di conseguenza a disposizione per investire in servizi per le comunità locali e a vantaggio dei loro cittadini. L’impatto negativo diretto sui bilanci pubblici della vigente legislazione italiana in violazione del diritto dell’UE pone interrogativi importanti in un momento in cui l’Italia prevede di utilizzare ingenti fondi dell’Ue per sostenere il settore del turismo e le comunità locali che spesso dipendono da esso”. A piccoli passi quindi ci stiamo avvicinando verso il traguardo ovvero permettere a tutti di esercitare l’attività imprenditoriale in effettiva concorrenza dando la possibilità di competere per l’accesso a risorse limitate necessarie per la fornitura di un servizio, liberando il demanio da imprenditori che lo hanno trasformato in proprietà privata e soprattutto proteggendo al contempo i cittadini dal rischio di monopolizzazione di tali risorse pubbliche. È pertanto nell’interesse dei cittadini italiani, delle comunità locali italiane e dello stesso settore del turismo balneare che la legislazione italiana si conformi senza indugio alle norme europee.”Dott. Giovanni Persico – 08 gennaio 2021