Occupazione, efficienza, produttività! di Giuseppe Civale
Ravello, Costiera amalfitana . Prendo spunto dalla vs. recente intervento relativo alla problematica del lavoro, all’efficienza lavorativa ed alla produttività per esprimere alcune mie riflessioni nemmeno tanto astruse su un tema che mi sta particolarmente a cuore per averne amaramente dovuto assaporare gli effetti tanti e tanti anni fa. Brusco calo della produttività, disoccupazione su vasta scala, incompetenza degli amministratori; sono tutti problemi che affliggono il mondo del lavoro.Come aumentare l’efficienza lavorativa e la produttività? Quali le cause? Quali le soluzioni? Il processo tecnologico richiede l’impiego mirato di hardware e di software. A proposito occorre ricercare soluzioni alla fonte, ossia saper selezionare soprattutto giovani, capaci di interpretare e di risolvere le esigenze che la tecnologia industriale implica.
Un’intera società consumistica è stata costruita sulla morte dell’uomo artigiano e ce l’hanno spacciata per liberazione. La disoccupazione giovanile cavalcante, soprattutto nei Paesi meno “virtuosi”, dovrebbe assestare il colpo di grazia ed aprire finalmente prospettive per favorire il recupero della manualità. Si stanno fortunatamente moltiplicando i segnali di una rivolta dal basso, il ritorno alla competenza artigiana, al saper fare con le proprie mani. Quali saranno le reazioni a livello di economia di mercato? È la stessa logica della concorrenza quella che fa lievitare il compenso di un bravo idraulico ben al di sopra di un neolaureato condannato al precariato. Ci sono alternative? Certo, sempre! Per invertire la rotta sarà necessario ristrutturare radicalmente il sistema scolastico attuale, ossia ricorrere a valutazioni di tipo psico-attitudinale, già a partire dal giardino d’infanzia, elaborate da docenti e da psicologi, che si presuppone idonei al delicato compito da svolgere, con analisi specifiche sulla potenzialità del candidato (propensione o meno per attività manuali, artistiche o strategiche). Tali valutazioni dovranno ovviamente interessare l’intero percorso scolastico del giovane, indirizzando, quindi, alla fine il candidato su mestieri o professioni in funzione della domanda di mercato, rilevata in anticipo tramite appositi moduli informativi, inviati alle aziende di piccolo, medio e grande livello. Non serve affatto tenere in vita tante università solo per sfornare disoccupati a tamburo battente; molto più utile sarebbe convertire almeno metà di tali istituti in politecnici, strutturalmente molto più aderenti all’evoluzione in atto. In tal modo sarà possibile incanalare più sensatamente il flusso di giovani, evitando inutili parcheggi e il rischio di ritrovarsi avviliti e depressi a mendicare un lavoro che non c’è.
Giuseppe Civale