Con Terramara di Petrarca la memoria del terremoto dell’Irpinia: quarant’anni di dolore
“Terramara – la città puntellata” è l’ultimo romanzo di Giuseppe Petrarca, scrittore napoletano che il pubblico ha imparato a seguire ed amare libro dopo libro per la sua capacità unica di strutturare trame avvincenti scritte in modo perfetto con personaggi vividi e credibili, che però fanno da spunto per riflessioni profonde sui contesti storici, i mali della società e i meandri oscuri del pensiero umano. Uomo di squisita e vasta cultura, molteplici interessi, rara educazione e disarmante semplicità, cultore sopra ogni altra cosa dei valori dell’amicizia e della solidarietà (collabora, tra l’altro, con l’organizzazione umanitaria, premio Nobel per la Pace, Medici Senza Frontiere), è stato ribattezzato dai critici l’ideatore del “giallo sociale”, in riferimento alla serie di “medical thriller” con protagonista il commissario Lombardo, pubblicati con Homo Scrivens: “Inchiostro rosso”, “Corpi senza storia”, “L’Avvoltoio”, “Notte nera”. In queste opere, la struttura narrativa del “noir” coinvolge il lettore pagina dopo pagina nella curiosità di scoprire l’assassino, portandolo però al contempo per mano a riflettere su problematiche di impatto sociale di grande rilevanza, dagli inganni delle lobby farmaceutiche ai drammi della gestione dei malati di mente, all’incubo del traffico di organi e la crisi degli immigrati, al rapporto tra vita e morte nelle persone in coma. La validità, culturale, letteraria e sociale, dei suoi scritti gli ha garantito unanimi consensi di critica e di pubblico. Tra i numerosi riconoscimenti, il Premio Garfagnana in Giallo 2018, il Premio Spoleto Art Festival 2018 e 2019, il Premio Firenze in Letteratura, il Premio Speciale Megaris, il Premio Speciale Milano International, il Premio Speciale Città di Cattolica, il Premio Giornalisti Flegrei, l’alto riconoscimento alla Camera dei deputati di Roma col Premio Comunicare L’Europa, oltre che, con il racconto “Il coraggio di Nikolay”, un viaggio nell’orrore degli orfanotrofi, il Primo Premio Internazionale Michelangelo Buonarroti.
Anche in quest’ultima opera, Terramara, attraverso lo snodarsi delle vicende private di personaggi indimenticabili, Petrarca indaga su un evento di portata storica e affronta temi universali.
L’evento storico al centro del romanzo è il terremoto con epicentro in Irpinia che si sviluppò alle 19:34 di domenica 23 novembre 1980: una forte scossa della magnitudo di 6,9 gradi della scala Richter (decimo grado della scala Mercalli) che causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e oltre 2.900 morti. Le abitazioni distrutte o danneggiate dal sisma furono 362.000, interi paesi, borghi, strade, furono rasi al suolo. Il terribile sisma coinvolse la Campania, la Basilicata e la Puglia e ha rappresentato uno spartiacque nella storia dell’intero Sud: un evento che per la sua drammaticità e i suoi esiti e gli errori nella gestione successiva ha segnato la storia del Mezzogiorno, come un taglio di cesoia tra il “prima” e il “dopo”, di cui, quarant’anni dopo, ancora si scontano i danni. Il sisma durò 1 minuto e 30 secondi, novanta interminabili secondi che scatenarono l’inferno in terra e cambiarono la storia di tante persone, che persero la vita, gli affetti, la casa, tutti gli averi, che dovettero ricostruire daccapo la loro esistenza. Ognuno di noi che ha vissuto quel 23 novembre del 1980 ricorderà per sempre cosa faceva in quel momento inaspettato ma che subito apparve come un atroce incubo. L’entità drammatica del sisma non venne valutata subito: le linee telefoniche si interruppero e soltanto nella mattinata del 24 novembre tramite gli elicotteri vennero rilevate le allucinanti dimensioni del disastro. Il Mattino di Napoli fu puntuale testimone della catastrofe. Storico il titolo: “FATE PRESTO”: per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla. Al di là del patrimonio edilizio, già fatiscente a causa dei terremoti del 1930 e 1962, un altro elemento che aggravò gli effetti della scossa fu il ritardo dei soccorsi. Ma nello stesso tempo si visse un’autentica solidarietà dimostrata da un gran numero di volontari che accorsero in aiuto da ogni parte d’Italia e anche dall’invio da parte di Paesi esteri di danaro, unità militari e personale specializzato. La ricostruzione fu un tragico esempio di un’occasione sprecata per il Sud Italia e di sordida speculazione su una tragedia collettiva. Interessi loschi che videro connivenze di malavita e politica dirottarono i contributi pubblici verso aree che non ne avevano diritto, moltiplicando il numero dei Comuni colpiti: 339 in un primo momento, che diventarono 643 nel maggio 1981, fino a raggiungere la cifra finale di 687. La ricostruzione, nonostante l’ingente quantità di denaro pubblico versato, fu lenta, incerta, incompleta, e in alcuni quartieri non è ancora avvenuta del tutto. L’arrivo nel tempo di quasi 60 miliardi di lire non ha mai portato benefici reali alle popolazioni. Nelle periferie grazie alla legge 219 per la ricostruzione vennero edificati casermoni per alloggiare gli sfollati, divenuti poi nel tempo roccaforti di malavita, sedi di spaccio di droga, attività criminali e degrado, mentre nei grandi centri restano ancora dopo decenni stabili pericolanti retti da pali di ferro. Per captare i fondi pubblici destinati al rilancio industriale del territorio vennero costituite centinaia di imprese che fallivano non appena venivano intascati i contributi, senza dare continuità a quel progetto di ricostruzione e sviluppo che il legislatore aveva immaginato per il “cratere” del terremoto e i territori che lo circondavano.
Tutto questo è storia, che nelle pagine del romanzo di Petrarca c’è, ma diventa vita vissuta, narrazione di qualità, pura poesia, fino alla toccante immagine di speranza del lirico finale.
“Il mio romanzo è un nuovo tassello che, insieme alle tante rievocazioni, ricompone il mosaico della memoria collettiva”, ha dichiarato l’autore.
Prologo del romanzo, il mancato miracolo di San Gennaro il 19 settembre 1980, quando la folla di fedeli che gremisce la Chiesa assiste, con apprensione e sgomento, alla mancata liquefazione del sangue del Santo, presagio di sventura per un popolo abituato a mescolare fede e magia, sofferenza e pazienza, dolore e speranza. Già in questa folla, il maestro Petrarca ci presenta i personaggi le cui vite poi si intrecceranno nei giorni tragici del sisma. Vite particolari che diventano emblema di una tragedia generale.
Protagonisti di questo racconto corale sono un medico idealista, Roberto Vitale, che, fresco di laurea, si adopera con indefessa abnegazione, fin dalle prime ore del disastro, a salvare vite umane; un’insegnante giovane e bella, Mariangela Greco, alle prese con il fallimento del suo matrimonio con l’imprenditore Salvatore Nazzaro, distrutto dal tracollo finanziario della sua ditta; un giornalista del quotidiano “Il Mattino”, Antonio Di Carlo, tormentato dall’amore struggente e clandestino con Mariangela; un’altra insegnante dal cuore generoso, Enza De Martino, collega e amica di Mariangela, che perde nel crollo della sua abitazione l’amato marito Ciro, col quale condivideva il dolore della genitorialità negata, e tende una mano a Salvatore; un uomo di legge, il vicequestore Francesco Amendola, che intuisce il rischio delle organizzazione criminali che si fiondano sui soldi della ricostruzione. Ma soprattutto è protagonista del racconto la città di Napoli, ferita dai crolli, dai morti, dalla distruzione, dalla paura, dalla disperazione, ma soprattutto da quello che sarebbe accaduto dopo, la deregulation, le speculazioni, il dilagante fenomeno eversivo, le connivenze tra politica e camorra. Napoli con la sua gente descritta magistralmente da un frase fatta pronunciare a Luisella, una giovane terremotata: “Pecché simm’abbituate a ccampà in bilico”.
Profondi ed emozionanti i temi universali che emergono dal romanzo: il senso di solidarietà e amicizia che si traduce in operatività e organizzazione e viene fuori quando, di fronte a tragedie più grandi di noi, come l’attuale emergenza pandemica, acquisiamo la consapevolezza di essere parte di un insieme in cui il male di ognuno è il male di tutti e nessuno si salva da solo; l’imprevedibilità del destino che può cambiare tutte le carte in tavola in un solo attimo e ci pone di fronte a nuove e inusitate sfide che dobbiamo essere in grado di cogliere e accettare per resistere e reagire; la speranza, la voglia e l’urgenza di vita e rinascita che non si arrendono e affiorano prepotente pur tra distruzione e morte; l’amarezza per il male e la cupidigia dell’uomo che anche di fronte a una tragedia immane fiuta la brama di soldi come un predatore l’odore del sangue.
TERRAMARA è in vendita dal 9 febbraio su Kobo, Delos Digital, Amazon.it e Google Play.
Io, non me lo sono lasciato sfuggire!
Carlo Alfaro